Marco Franchi, Il Fatto Quotidiano 6/5/2014, 6 maggio 2014
CONSOB, 40 ANNI DI VIGILANZA (A SINGHIOZZO)
Più che il gotha della finanza si sono visti i reduci dei salotti buoni. Di ministri se ne è visto solo uno, quello delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, mentre il capo del Tesoro Pier Carlo Padoan ha mandato suo vice Enrico Morando. Per “benedire” suoi primi quarant’anni festeggiati ieri a Milano con la relazione annuale in Borsa, la Consob ha così puntato sull’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola. Ma è scoppiato l’incidente diplomatico: non appena il cardinale ha preso la parola per fare il suo intervento su etica e finanza, Carlo De Benedetti e il fratello Franco si sono alzati e hanno abbandonato la platea. Del resto, l’Ingegnere, patron del gruppo Espresso e della Cir, aveva già tuonato ai microfoni di Radio24: “Il Papa è uno dei più grandi politici che esistono oggi sulla terra. Mi piace molto perché parla il linguaggio della verità, perché vuole cercare di scardinare quella fogna che è il Vaticano, è il Papa dei nostri tempi”, ha detto a Giovanni Minoli che lo ha intervistato al Festival della Tv di Dogliani. E a rincarare la dose ci ha pensato poi il fratello Franco cinguettando su Twitter: “Parla il cardinale Scola. Un organo dello Stato non si fa dare lezioni di etica dalla Chiesa. E lascio la sala”. I De Benedetti si sono dunque persi l’omelìa dell’arcivescovo di Milano sulla situazione attuale che “è di assoluta incertezza, vi è il rischio di una paralisi che rappresenta il contraccolpo di un lungo periodo di effervescenza finanziaria, in cui è prevalsa la convinzione che tutti i rischi potessero essere gestiti con strumenti finanziari sempre più innovativi”. Scola ha poi lanciato un appello ai presenti - “Bisogna fare in modo che tutta l’economia e la finanza siano etiche” - sfuggendo poi alle domande dei giornalisti che all’uscita di Palazzo Mezzanotte avrebbero voluto chiedergli un commento sul ruolo della finanza vaticana e in particolare dello Ior.
Per il resto, l’appuntamento annuale della Consob nonostante l’importante anniversario si è rivelato un po’ sotto tono rispetto agli anni passati quando sul red carpet della Borsa sfilavano tutti i big delle banche, delle assicurazioni, dell’industria e anche della politica. Certo, con la crisi dei mercati i salotti buoni sono stati rottamati per fare posto ai fondi stranieri dai portafogli gonfi di liquidità come BlackRock, nuovo azionista rilevante nelle maggiori quotate italiane. E anche il “cosiddetto capitalismo di relazione si sta ritraendo, per lasciare spazio a nuovi equilibri negli assetti proprietari delle imprese”, come ha sottolineato lo stesso presidente di Consob Giuseppe Vegas nella sua relazione. Aggiungendo che l’azione della Commissione “è stata sinergica al mutamento in atto”. Nei primi quattro mesi del 2014 ha applicato sanzioni per 15,6 milioni di euro, quasi la metà dell’intero 2013 che aveva già registrato un ammontare più che triplicato rispetto all’anno precedente.
Nei suoi quarant’anni di storia, però, anche l’arbitro che vigila su Borsa e mercati finanziari ha fatto fatica in qualche caso a condurre le complesse partite in corso. Chiudendo la stalla quando i buoi erano ormai scappati da un pezzo. Basti pensare alla Parmalat di Tanzi o alla Popolare Lodi di Gianpiero Fiorani. O più di recente alle scorribande della famiglia Ligresti che ha spolpato società quotate, fino alle vicende giudiziarie che hanno travolto il Monte dei Paschi dalle conseguenze ancora imprevedibili.
Così come la gestione della Commissione è stata spesso considerata da alcuni osservatori come troppo politica per uno sceriffo che deve essere super partes. In carica da tre anni e mezzo, Vegas è un giurista con il pallino dei bilanci pubblici ma è stato anche viceministro di Giulio Tremonti, nonché senatore di Forza Italia e del Pdl.
Oltretutto la riduzione dei componenti di tutte le authority decisa a fine 2011 dal governo Monti ha fatto scendere il numero dei commissari Consob da cinque a tre: una scelta che ha sollevato perplessità perché, in questi anni, la collegialità delle decisioni e la presenza di commissari di diversa estrazione hanno contribuito a difendere l’autonomia dell’istituzione. E nel 2013 sono scaduti anche i mandati di due membri nominati nel 2006. Al loro posto deve arrivare un unico sostituto, che affiancherà Vegas e Paolo Troiano, nominato nei 2011 dal governo Berlusconi. Ma il terzo commissario manca ancora all’appello: colpa del governo che non ha ancora provveduto a completare il collegio, dicono da Consob. E ieri il viceministro Enrico Morando ha risposto: “Bisogna chiudere perché abbiamo già atteso troppo tempo”.
Marco Franchi, Il Fatto Quotidiano 6/5/2014