Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano 6/5/2014, 6 maggio 2014
MELINA ALLA GENOVESE
Da 48 giorni, alla Camera, c’è un deputato che dovrebbe stare in galera. Si chiama Francantonio Genovese e, una volta tanto, non sta a destra. È un alto dirigente del Pd, ras di Messina, padrone del partito in Sicilia, ex Dc, ex Margherita, ex veltroniano, ex franceschiniano, ex bersaniano, ultimamente renziano, emblema del conflitto d’interessi (per i rapporti azionari con la “Caronte”, la società dei traghetti sullo Stretto) e del clientelismo con mezza famiglia (lui compreso) nella mangiatoia della formazione professionale, dunque portatore insano di almeno 20 mila voti, dunque candidato alle Politiche e subito dopo indagato. Il 18 marzo il gip di Messina ha spiccato nei confronti suoi e di quattro presunti complici (la moglie era già in cella da tempo) un ordine di custodia per associazione per delinquere finalizzata al peculato, alla truffa e al riciclaggio, sequestrando 6 milioni di euro di refurtiva intascata – secondo l’accusa – da Genovese & C. a suon di fatture false. Mentre però gli altri quattro finivano ipso facto in gattabuia, il cosiddetto onorevole restava a piede libero e seguitava a circolare indisturbato a Montecitorio grazie alle guarentigie costituzionali trasformate dalla casta in privilegio medievale. Per catturare un parlamentare, com’è noto, occorre l’autorizzazione a procedere della Camera di appartenenza, previa votazione nell’apposita giunta delle immunità, anzi delle impunità (nella Seconda Repubblica, su una trentina di richieste dei giudici, le manette sono state autorizzate soltanto per Alfonso Papa). I suoi colleghi possono impedire l’arresto solo in presenza di tracce evidenti di fumus persecutionis, altrimenti il diniego è uno scandaloso ostacolo alla Giustizia e una grave interferenza del potere politico in quello giudiziario, cui spetta in esclusiva il compito di limitare la libertà dei sospettati di gravi reati. Nell’attesa, Genovese ha inscenato la solita pantomima di “autosospendersi” dal Pd. Il quale Pd – che con Sel ha la maggioranza assoluta alla Camera – s’impegnava a procedere a pie’ fermo, secondo il nuovo corso renziano. Infatti la Giunta presieduta da Ignazio La Russa ha impiegato tre settimane per fissare la prima seduta, tenutasi il 9 aprile. Ma solo per rinviare al 10, quando il relatore Antonio Leone (Ncd) ha illustrato il caso agli altri commissari ed è stato “audito” l’arrestando. Genovese, guarda un po’, ha denunciato la persecuzione giudiziaria ai suoi danni, contestando una perizia dei magistrati sul prezzo d’affitto di un immobile. I commissari del Pd, pensa tu, hanno chiesto ai giudici di produrre altre carte e intanto han rinviato la decisione, che per legge deve arrivare entro 30 giorni, cioè entro il 18 aprile. Ma – salmodia La Russa – “il termine è solo ordinatorio”. Il 16 aprile nuova seduta. Per votare? No, per chiedere altri documenti alla Procura, stavolta su proposta del relatore Leone, col voto contrario dei 5Stelle e quello favorevole del Pd. Che ha spiegato il rinvio con “la gran mole di carte da esaminare” (infatti ne hanno chieste altre per averne ancora di più). Dunque non basteranno neppure due mesi per fare ciò che la legge le impone di fare in uno: dire sì o no all’arresto e passare la palla all’aula per il voto finale. Il perché della melina è elementare: scavallare le elezioni europee visto che, comunque vada a finire la storia, sarà uno scandalo per il partito del premier. Un No all’arresto dimostrerebbe che il Pd non ha nulla da invidiare a FI. Un Sì vedrebbe finire in manette un fedelissimo di Renzi. Molto meglio prendere, anzi perdere tempo con la complicità della grande stampa, che di queste quisquilie non si occupa. E pazienza se un arresto motivato con l’esigenza di impedire al capo del “sodalizio criminale” di “continuare a delinquere” richiede tempi rapidi per salvare le prove da eventuali inquinamenti e le tasche dei cittadini da nuove ruberie. Gentile presidente Boldrini, lei ha sempre una parola da dire a proposito e anche a sproposito di tutto: possibile che abbia perso la favella soltanto su questa vergogna?
Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano 6/5/2014