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 2014  maggio 05 Lunedì calendario

IL COSTO DEI VIOLENTI: 45 MILIONI DI EURO L’ANNO


Quarantacinque milioni di euro annui e seimila uomini ogni domenica per garantire l’ordine pubblico e il regolare svolgimento delle partite. Il calendario non transige: tutti al servizio di sua maestà il calcio. In media ogni partita vede schierati 300 poliziotti e carabinieri tra quelli locali e quelli dislocati dai reparti mobili delle principali città. E per gli agenti che arrivano da fuori raddoppiano l’indennità di ordine pubblico (18 euro l’ora) e gli straordinari (13 euro) . Negli Usa, in Gran Bretagna e in Germania, i costi per la forza pubblica impiegata all’interno degli stadi sono a carico delle società sportive che organizzano l’evento.
In Italia, invece, il «tesoretto» speso ogni anno a salvaguardia degli impianti è totalmente a carico della collettività. Eppure se le società di A e di B contribuissero al prezzo della security se lo caverebbero con poco: mediamente 230mila euro a testa. Una cifra, bilanci alla mano, tutt’altro che insostenibile per quelle «corazzate» del calcio-business che annualmente incassano (in media) 900 milioni di euro per i diritti tv e 240 dagli sponsor. Era stato proprio Matteo Renzi nelle scorse settimane a proporre il «modello inglese» giudicando «profondamente sbagliato» che le spese della pubblica sicurezza negli stadi siano a carico della collettività. «Mi dispiace per i presidenti, ma dovrebbero pagare loro e poi è inaccettabile che i servitori dello Stato siano costretti a vivere ogni domenica in tenuta anti-sommossa».
In effetti, per l’erario la lista delle uscite è lunga. Straordinari e festivi, indennità di ordine pubblico, pasti, gasolio, utilizzo di mezzi e unità cinofile. E ancora, riparazione dei danni ai mezzi, giornate di malattia per infortuni di servizio e scontri con le tifoserie. Insomma, il costo minimo per una partita considerata «non a rischio» (quindi con un numero ridotto di forze dell’ordine e disputata in un stadio medio-piccolo) è mediamente di 40mila euro. La cifra, però, raddoppia per gli incontri che il comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica etichetta come «caldi» per storiche rivalità tra tifoserie.
A ciò va sommato che per un’ora di elicottero a difesa dello stadio il contribuente sborsa cinquemila euro. Inoltre fronteggiare i disordini richiede forze fresche. Secondo la confederazione sindacale autonoma di polizia (Consap) gli agenti impiegati per le partite negli stadi hanno un’età media troppo elevata. La maggior parte è nella fascia 45-50 anni, mentre gli ultras sono in prevalenza «under 35». Pubbliche spese e privati guadagni. All’estero, infatti, sono i club a garantire l’ordine pubblico attraverso la formazione e l’impiego di steward.
Il sindacato Siulp chiede che le società sportive partecipino «per le indennità accessorie degli operatori di polizia impiegati a garantire non solo l’evento sportivo ma anche il giro d’affari dei club». La soluzione? «Il principio di sussidiarietà». E cioè «caricare sugli organizzatori le spese accessorie e gli eventuali danni, che poi si ripercuotono sulla sicurezza collettiva». In ogni città che ha una squadra nella massima serie i soli vigili urbani costano quasi 200mila euro in più l’anno per garantire la sicurezza alle partite in servizi non strettamente connessi con la viabilità. Il presidente della Figc Giancarlo Abete ribatte che le tasse pagate dal mondo del calcio allo Stato ammontano già a un miliardo e trecento milioni di euro annui.
Da fronteggiare c’è una galassia di 300 gruppi ultrà. Oggi la stima più attendibile porta a ritenere che queste sigle mobilitino almeno 60mila persone. In pratica, negli impianti, è in servizio appena un poliziotto, un carabiniere o un finanziare ogni 10 supporter delle frange più violente. E si moltiplicano le richieste affinché le società professionistiche si accollino i costi derivanti dall’impiego delle forze di polizia all’interno degli stadi e durante le trasferte. 2,5 milioni in straordinari per cercare di arginare le «invasioni barbariche» della domenica. Numeri da emergenza continua.

Giacomo Galeazzi, La Stampa 5/5/2014