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 2014  maggio 05 Lunedì calendario

L’ESODO SILENZIOSO VERSO CHIASSO

Una volta arrivavano soprattutto i capitali. Poi l’occhiuta repressione di Equitalia e, soprattutto, la sostanziale fine del segreto bancario elvetico ne hanno bloccato il flusso. Adesso invece, da almeno sei o sette anni, in Svizzera si trasferiscono soprattutto le attività (industriali e professionali) e, con esse, le famiglie dei proprietari.
Da quando, prima, la crisi dell’Eurozona (dal 2007) e, poi, l’ipertassazione avviata dall’ultimo Governo Berlusconi e appesantita da quelli che gli sono succeduti (dal 2010-2011) hanno messo a dura prova la sopravvivenza di moltissime piccole e medie aziende o studi professionali in Italia, molti nostri connazionali hanno trovato una boccata d’ossigeno nella vicina Confederazione.
Un piccolo esodo, per sopravvivere. Certo, in Svizzera vi è un diffuso malcontento verso i lavoratori frontalieri e i "padroncini", gli artigiani italiani che vanno a lavorare in Ticino a prezzi più bassi sottraendo lavoro agli svizzeri. Solo pochi mesi fa è passato un referendum, promosso dalla Lega dei Ticinesi, che impone al Governo federale di approvare, entro tre anni, contingentamenti all’afflusso di lavoratori stranieri. Ma imprenditori, professionisti e redditieri sono ancora benvenuti. Anche nei Comuni amministrati dalla Lega. Perché portano posti di lavoro e ricchezza. Non è un caso se molte imprese italiane, soprattutto quelle esistenti nella fascia di confine (le province di Varese, Como e Sondrio), negli ultimi anni hanno aperto siti produttivi e succursali in Canton Ticino.
Le convenienze sono molteplici, dalla minor tassazione (la pressione fiscale complessiva sulle imprese è meno della metà rispetto all’Italia: secondo i dati della Banca mondiale siamo al 29,1% contro il 65,8%) alla rapidità dei permessi fino alla minor burocrazia e alle facilitazioni di varia natura offerte dalle amministrazioni locali. Quasi un paradiso, per chi è abituato a fare impresa in Italia. E non solo: a detta di molti, bisogna aggiungere una miglior qualità della vita (criminalità minima, sistema scolastico di prim’ordine e infrastrutture efficienti). Fatto sta che il numero degli italiani che decidono di trasferirsi armi e bagagli in Ticino o in un altro Cantone sta crescendo.
Un po’ di numeri aiutano a capire meglio le dimensioni del fenomeno. A fine 2013 gli italiani residenti in Svizzera erano 301.254, a fine 2012 erano 294.359 e a fine 2011 290.546. Vuol dire che dopo gli oltre 3.800 arrivati nel 2012, l’anno scorso ne sono giunti quasi 7mila. Il totale degli abitanti svizzeri, a fine 2013, era di 8.136.700. A Lugano, che è la città più immediatamente attrattiva per gli italiani, nel 2013 sono arrivati 1.210 nuovi residenti italiani, che hanno portato il totale a 15.047. I nostri connazionali rappresentano quasi un quarto dei 67mila abitanti di Lugano.
Ma chi sono gli italiani che arrivano qui? Soprattutto professionisti e piccoli imprenditori, che cercano la possibilità di lavorare con meno problemi e con un fisco più umano. «Fra il 2008 e il 2013 – spiega Gianluca Marano, un italiano presidente della Sva-Swiss Valor Advisory, studio di Chiasso che aiuta le imprese del nostro Paese ad aprire un sito in Svizzera – nel Canton Ticino sono state costituite da imprenditori italiani 4.528 aziende, circa un terzo del totale di quelle aperte in Ticino».
La società di Marano collabora con il Comune di Chiasso, che giusto lo scorso settembre ha invitato, suscitando molte polemiche, gli imprenditori della fascia di confine a un incontro per spiegare le opportunità di un trasferimento in Svizzera. «Avevano partecipato all’iniziativa circa 400 aziende – spiega – e ci siamo dati un anno e mezzo di tempo per valutarne il successo: adesso stiamo facendo gli incontri one-to-one con le imprese che hanno mostrato interesse, poi vedremo come evolverà la cosa. Comunque, a sei mesi dall’evento, un paio di imprese hanno già aperto qui un’attività».
Gli imprenditori italiani che scelgono la Svizzera il più delle volte si trasferiscono con la famiglia per ripartire da qui, con meno tasse e più sicurezza sociale. Per questo sono corteggiati dalle amministrazioni comunali: il trasferimento porta ricchezza sul territorio e sviluppo delle attività immobiliari. Il che non è poco per l’economia locale.
Da molti anni «il mercato svizzero degli immobili residenziali si trova in un superciclo alimentato dai bassi tassi d’interesse e da un’immigrazione che sembra inesauribile. Anche il 2014 si prospetta ancora all’insegna della stabilità», si legge in un rapporto del Credit Suisse sul settore.
Raffaello Molina è un architetto di Lugano, titolare della RM Buildings & Architecture, impresa leader in Svizzera in tutte le fasi - dalla progettazione alla costruzione fino alla vendita – del mercato immobiliare (sia residenziale che commerciale o industriale). «Fra i miei clienti – racconta – vi sono molti italiani che vogliono comprare casa, soprattutto in Canton Ticino». Anche perché, se il resto della Svizzera meglio si adatta agli insediamenti di tipo terziario e industriale, il Canton Ticino è più simile – per lingua, ma anche per modo di vivere della gente – alle nostre abitudini.
Come si è evoluta negli anni la richiesta di case a Lugano e dintorni? «Qui – risponde Molina – la domanda è sostenuta da almeno 10-15 anni. Malgrado questo, non vedo segnali di bolla nei prezzi. Lugano è una città grande, però può ancora espandersi. Ma negli anni 90, o anche prima, quando arrivavano i ricchi industriali italiani, la richiesta era soprattutto per ville o altre soluzioni esclusive». Invece negli ultimi anni, «da quando il trasferimento in Svizzera ha coinvolto perlopiù professionisti e imprenditori medio-piccoli, gente che ha risorse per uno o due milioni di euro, la ricerca è stata soprattutto per appartamenti di grande qualità a Lugano centro».