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 2014  maggio 04 Domenica calendario

NESSUNO È AL SICURO PRIMA O POI SARETE PUBBLICATI


Niente resterà impunito, né impubblicato. Se sei un artista e hai scritto, disegnato, concepito qualcosa, ma ti sembra orrendo e non vuoi condividerlo, non hai speranze: nessun luogo è sicuro. L’ultima barriera è caduta quando hanno scavato nel deserto riesumando un videogioco così orrendo che l’Atari, per non attribuirsene la responsabilità, l’aveva sepolto sotto palate di sabbia. Magari non perquisiranno per settimane il covo di Totò Riina, ma di certo frugheranno nella memoria di ogni computer posseduto da Andy Warhol fino a trovare le figurine elettronicamente da lui elaborate. A quel punto nelle redazioni culturali, negli incubatoi di mostre, nei salottini dei treni fermi su binari morti correrà un brivido: «L’inedito! L’inedito!».
Si va realizzando la profezia, tanto più consapevole in quanto ironica, messa per iscritto da Woody Allen nel libro Saperla lunga , laddove attribuisce alla casa editrice Venale & Figli la pubblicazione degli inediti di tal Metterling (volume primo, pagine 437) rappresentati da liste della lavanderia: numeri variabili di mutande, calzini, camicie con la raccomandazione (sul cui senso si accapiglieranno gli esegeti) “non inamidare”. Ho un amico che da anni custodisce il carteggio tra Giosuè Carducci e suo nonno. Ogni tanto scherziamo immaginando le cifre e la notorietà che gli potrebbero procurare e lui ripete la stessa frase: «Ma và, si scambiavan delle gran belinate».
Ecco: la mania dell’inedito ha portato alla luce opere varie ascrivibili a questa sommaria ma efficace categoria: epistolari imbarazzanti (nonché privatissimi), abbozzi di romanzo la cui struttura viene ipotizzata a posteriori da chi ha più parte che arte, scarabocchi, note per una sinfonia che verrà, ma non è venuta. Certo, esiste un senso dell’inedito per lo studioso, il problema è quando assume la forma di libro, disco, quadro, quando viene messo in commercio come l’ennesimo prodotto di un autore che non intese farlo circolare. Qui poi intervengono le opinioni. A qualcuno interesseranno pure e proverà affetto nel leggere le liste della lavanderia dei Metterling di ogni specie. Altri possono provare soltanto una qualche pena per l’Hemingway di Il giardino dell’Eden , dove una coppia si decolora i capelli mentre viaggia all’avventurosa ricerca della fonte dell’acqua Perrier. O perplessità per l’impalcatura che sostiene le poche pericolanti stanze di Ballo al Kremlino dell’altrove maestoso Malaparte. O ancora, sentimenti analoghi davanti alla giovanile poesia sui vichinghi di Foster Wallace, al promemoria per l’ufficio di Oriana Fallaci, all’autoritratto del dodicenne Picasso rinvenuto in un mercatino della Locride. Viene da pensare con qualche patema alla demolizione della residenza svizzera di Georges Simenon. L’avranno controllata bene prima di distruggerla? E se nasconde un inedito? Ecco, con tutto quel che Simenon e i suoi alter ego han dato alle stampe mentre era vivo, se ha lasciato qualcosa di inedito non avrà avuto le sue buone ragioni? E come lui tanti altri? Calvino esprimeva qualche dubbio sulla capacità dell’autore di valutarsi da sé e capire il proprio esito migliore. Di certo però riconosce il peggiore e davanti alla lista della spesa o nequizie di pari livello, evita. Un conto è Salinger nella sua onesta follia, con il datario delle pubblicazioni postume, un altro son quelli che, non potendo disporre del deserto dell’Atari, han chiuso in cassetti e casseforti, bruciato in camini evidentemente non alimentati a sufficienza, incapaci di prevedere l’avidità dei discendenti e la necrofilia dei posteri.
Almeno bisognerebbe tirare una linea di confine tra gli autori nati prima di una certa data, chessò, il 1965 e quelli successivi. A questi ultimi si dovrebbe concedere il beneficio dell’inventario lacunoso. Che gli sia sfuggito di pubblicare qualcosa contro la volontà è quasi impossibile: escono raccolte di qualunque scritto, gli stessi articoli variamente raggrumati ricicciano qua e là come bolle su una superficie d’acqua gasata. Nessuno trattiene più nulla. Se lo fa avrà un buon motivo. Fermatevi lì, abbiate rispetto. Non c’è bisogno di dare alle stampe un’orazione funebre di Dender, il graffito lasciato nel bagno di un autogrill da Van Tersen o la sonata ritrovata nell’hit organ Bontempi del piccolo ma già geniale Malinterni. E temo abbia ragione il mio amico: con tutto il rispetto anche il sommo vate (a volte) rimava belinate.

Gabriele Romagnoli, la Repubblica 4/5/2014