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 2014  maggio 03 Sabato calendario

SOUTH STREAM TAGLIA FUORI L’ITALIA


L’Italia verrà tagliata fuori dal percorso di South Stream. Il gasdotto con cui Mosca punta a rifornire l’Europa scavalcando l’Ucraina farà invece rotta verso l’Austria, arrivandovi direttamente dall’Ungheria (e sacrificando quindi anche la tratta slovena).
La notizia è arrivata in sordina, per i modi e i tempi in cui è stata comunicata. E nel mezzo del ponte italiano del 1° maggio ha rischiato di passare inosservata. Ma non si tratta soltanto di voci, come era apparso in un primo momento: la decisione è scritta nero su bianco, con tutti i crismi dell’ufficialità, in due comunicati quasi gemelli diffusi nella tarda serata di mercoledì dalla compagnia austriaca Omv e dalla russa Gazprom. Comunicati in cui non si fa alcun cenno all’Italia, ma che dicono chiaro e tondo che South Stream arriverà – e terminerà – a Baumgarten, vicino a Vienna, già oggi importante hub del gas centroeuropeo, da cui transita un terzo delle forniture russe all’Europa occidentale (Italia compresa). La pipeline, specifica la nota di Omv, «proviene dalla costa bulgara del Mar Nero, attraversa la Serbia e l’Ungheria e finisce in Austria». Le più recenti mappe del tracciato, tuttora online sul sito di Gazprom, mostrano invece un passaggio in Slovenia e il punto di arrivo a Tarvisio, in Italia. Niente Austria, che era stata a sua volta cancellata dalla geografia di South Stream negli anni in cui Omv era capofila del progetto Nabucco per portare in Europa il gas del Caspio. Con la sconfitta di Nabucco nella gara per le forniture del giacimento azero di Shah Deniz – vinta invece dal gasdotto Tap, diretto in Italia – gli austriaci hanno evidentemente riguadagnato il favore di Mosca.
Nel Memorandum of understanding siglato con il vicepresidente di Gazprom Alexei Miller, il ceo di Omv Gerhard Roiss ha poi messo sul piatto anche «una partecipazione di Gazprom nel Central european gas hub (Cegh, la borsa del gas che fa riferimento a Baumgarten, Ndr) e la messa a disposizione di capacità di stoccaggio in Austria». Non è chiaro se si tratti di ulteriori concessioni rispetto a quelle che i russi avevano già ottenuto in passato (c’era già un piano per girare il 30% del Cegh più alcuni stoccaggi di gas a Gazprom) ma di certo si tratta di pezzi importanti nella scacchiera centroeuropea dell’energia.
Dal punto di vista commerciale la decisione di ridirigere South Stream verso la destinazione originaria di Baumgarten non fa una grinza. Quello austriaco è già un hub molto sviluppato e molto liquido, ben posizionato per servire l’area dei Balcani, che è fortemente dipendente dal gas russo. L’Italia – benché sia un cliente forte per Mosca, con oltre 25 miliardi di mc acquistati nel 2013, oltre un terzo del suo import – è un mercato poco interessante come prospettive di crescita dei consumi. La Penisola può inoltre continuare senza alcun rischio o difficoltà ad essere rifornita, come avviene già oggi, attraverso Tag: il gasdotto, che collega Baumgarten a Tarvisio con una capacità di trasporto di 37,4 miliardi di metri cubi l’anno, è oggi largamente sottoutilizzato.
L’aspetto positivo è che Tag è "nostro": l’austriaca Omv ne possiede solo l’11%, mentre il restante 89% è della Cassa depositi e prestiti e dovrebbe presto passare a Snam. La società italiana dei gasdotti in marzo ha siglato un’intesa con Cdp e ha segnalato che potrebbe ricorrere a un aumento di capitale per finanziare l’acquisto della partecipazione.
Il voltafaccia di Gazprom ha tuttavia importanti risvolti politici, se si considerano le solide relazioni che l’Italia ha storicamente intrattenuto con Mosca e il coinvolgimento di nostre imprese nel di South Stream: Eni è socia al 20% del gasdotto, sia pure solo nella tratta offshore, sotto le acque del Mar Nero, e Saipem si è aggiudicata ricche commesse per la sua realizzazione.
Il Governo italiano smentisce con vigore le voci riferite dall’agenzia Reuters, secondo cui Roma avrebbe «messo nel congelatore, anche per le fortissime pressioni americane» il suo sostegno a South Stream: un modo per suggerire che il voltafaccia di Gazprom ce lo siamo cercati. Ufficialmente il nostro esecutivo continua ad appoggiare non solo il Tap, ma anche qualsiasi altra infrastruttura capace di rafforzare la sicurezza energetica. Del resto l’Italia – anche se con Governi di colore diverso e senza la crisi ucraina a complicare le cose – aveva appoggiato South Stream fin dalla prima versione del progetto, quando non si parlava di sbocchi a Tarvisio, ma il gasdotto puntava – come oggi – verso l’Austria.
Più che come uno sgarro all’Italia, la decisione di Gazprom potrebbe in fin dei conti essere letta come l’ennesima mossa nella partita a scacchi che Mosca sta conducendo con Bruxelles: un modo per forzare la mano, mettendo la Commissione europea di fronte all’evidenza di un fatto (quasi) compiuto.
Come i comunicati di Omv e Gazprom non mancano di mettere in risalto, l’Austria ha concesso fin dal 2010 un accordo intergovernativo con la Russia per il passaggio di South Stream: un accordo che la Ue ha bollato come illegale, poiché il gasdotto non è in regola con il Terzo pacchetto energia, che impone ai produttori di gas di non controllare in esclusiva la rete di distribuzione (salvo che non abbiano ottenuto una speciale esenzione da Bruxelles). L’Italia questo accordo intergovernativo non l’ha mai firmato e non poteva prestarsi altrettanto bene al gioco di Gazprom.

Sissi Bellomo, Il Sole 24 Ore 3/5/2014