Roberto Giardina, ItaliaOggi 3/5/2014, 3 maggio 2014
UN RISTORANTE SOLO PER I SINGLE
da Berlino
Le donne che vanno da sole al ristorante si lamentano di essere discriminate. Le confinano nel tavolo più scomodo, in un angolo del locale. Oppure il cameriere si affretta a chiedere quando arriverà il compagno, marito, amante, o aspirante tale. Se la cliente conferma di essere sola, viene dimenticata, dovrà sbracciarsi per ottenere un menu e poter ordinare.
Intanto vengono molestate da uomini che le considerano una preda disponibile. Sono convinto che abbiano ragione. Ma non è che a noi uomini vada meglio.
Perfino alcuni colleghi sono convinti che il mestiere dell’inviato speciale sia invidiabile, tra alberghi e ristoranti accoglienti, a Parigi o ad Acapulco, circondati da avventuriere affascinanti. Io mi sono trovato a cenare da solo a Bruxelles o a Mosca. E ho sempre colto lo sguardo infastidito del cameriere: vuoi un tavolo tutto per te? Devo sprecare tre coperti? Questo anche se il locale è vuoto, o quasi. L’ultima volta mi è capitato a Milano. Eravamo in cinque o sei in una sala da cento posti, ma mi hanno ostinatamente negato il tavolo per quattro che godeva della luce migliore per leggere.
Ovviamente, solo i single a qualunque sesso appartengano leggono al ristorante, cosa che galatei antiquati considerano disdicevole. Perché mai? Sarei andato altrove se non avesse piovuto. Forse non è solo una questione d’incasso. C’è ovunque un pregiudizio negativo per chi cena o pranza in solitudine: non è proprio in grado di trovarsi un partner che lo accompagni, o un parente, o un collega? A Fernanda, mia moglie, è andata peggio a Roma, in un locale di Trastevere: non l’hanno neanche fatta entrare. A causa sua, italiana e solitaria, perdere qualche possibile turista esotico pronto a accettare qualsiasi piatto mal preparato senza protestare? L’oste romano ignora quanto stia perdendo grazie alla nostra pubblicità negativa tra amici e conoscenti.
Sulla Süddeutsche Zeitung citano un episodio della serie tv Gilmore Girls, che non ho mai visto: nella mensa della scuola d’élite Chilton, la protagonista siede da sola in compagnia di un libro. Poco dopo viene convocata dal preside, che le rimprovera lo scarso spirito sociale. Un single mangia male e non avrà successo nella vita? L’olandese Marina Van Goor ha lanciato la campagna Dinner for One, in difesa dei single al ristorante. E ha aperto ad Amsterdam il suo primo locale, l’Eenmaal, che, in fiammingo, vuol dire appunto «da solo».
Il ristorante è concepito per clienti che volontariamente desiderano e vogliono sfamarsi in assoluta solitudine, pensando, sognando, o semplicemente sfogliando un giornale o un libro, senza subire sguardi ironici o compassionevoli dei vicini di tavolo, e del personale. I tavolini sono per single, sono a distanza di sicurezza dagli altri, e non c’è alcuna possibilità di aggiungere un secondo coperto. I clienti di Marina devono essere solitari per elezione e non per caso, pronti ad accettare compagnia. Si legge da soli, ma non c’è wireless, perché bisogna sapersi gustare la solitudine senza cercare compagnia virtuale. Inutile aggiungere che è proibito usare il cellulare a tavola.
La cucina dicono sia buona, il prezzo si aggira sui 35 euro, non economico, neanche eccessivo. L’Eenmaal ha avuto successo soprattutto tra i manager, che dopo una giornata d’incontri di lavoro, in trasferta vogliono finalmente stare in pace. Ignoro se sia frequentato da inviati speciali. Presumo di no. Temo che sia una razza ormai in via di estinzione: giornali e settimanali preferiscono informarsi su internet. Marina vuole esportare la sua idea negli Stati Uniti, e presto aprirà un Dinner for One a Londra, e un altro nella mia Berlino, città dove i single sono oltre un terzo degli abitanti.
Roberto Giardina, ItaliaOggi 3/5/2014