Paolo Siepi, ItaliaOggi 3/5/2014, 3 maggio 2014
PERISCOPIO
Berlusconi assisterà i malati di Alzheimer. Quindi non dovrà nemmeno rinnovare il repertorio delle barzellette. Il rompi-spread - MF.
Il cardinale Bertone precisa: «Il mio attico è solo di 300 metri quadri e l’ho ristrutturato a spese mie». Ha una moglie ricca? Spinoza. Il Fatto.
Renzi - Senza fine / tu trascini la nostra vita / senza un attimo di respiro / senza fine / sei un attimo senza fine/ non hai ieri non hai domani / tutto è ormai nelle tue mani / mani grandi mani senza fine. Jena. La Stampa.
Boom di domande per l’eterologa. Chi non sono? Da dove non vengo? Maurizio Crippa. Il Foglio.
Lo so che i sindacati protestano ma lo fanno perché questa manovra la facciamo senza consultarli. Io non voglio parlare a loro. Voglio parlare alle maestranze, alle zie, alle persone normali. E poi la verità è un’altra. I sindacati non protestano per il merito ma perché hanno capito che questo governo non accetta la loro mediazione. Noi, se così si può dire, vogliamo disintermediare. Matteo Renzi. la Repubblica.
Chi parla più, della mostruosità di un leader politico proprietario di tre reti televisive che da vent’anni si fa intervistare (si fa per dire) dai suoi impiegati? Anziché sciogliere quel nodo, il centrosinistra si è preso la rivincita controllando pezzi di Rai e di giornali, che usano i medesimi riguardi riservati a B. dai suoi impiegati, senza disdegnare qualche ospitata a Mediaset per dimostrare lo squisito pluralismo. D’Alema che cucina il risotto a Porta a porta o duetta con Gianni Morandi su Rai1. Fassino che piagnucola davanti a tata Elsa a C’è posta per te. Amato che finge di giocare a tennis con Panatta chez Vespa. Politici di ogni colore che fanno i pagliacci al Bagaglino con le torte in faccia. Marco Travaglio. Il Fatto.
Sul problema delle aperture delle attività commerciali nei giorni di festa si incrina il rapporto della Cgil persino con le cooperative. In Liguria ha fatto scalpore il caso della Ipercoop di La Spezia che è rimasta aperta lunedì di Pasquetta contrariamente agli accordi contrattuali e al volere della Filcam-Cgil. È uno spartiacque storico, questo, per due organizzazioni della stessa matrice politico-ideologica. Storicamente la Coop garantisce iscrizioni certe alla Cgil, mentre il sindacato è un alleato quando si tratta di premere sugli enti locali per ampliare la rete di vendita o tenere lontana la concorrenza. Mario Frau, ex manager Coop. Il Foglio.
Non è bello dirlo, però, nei suoi riguardi devo confessare un’idiosincrasia di tipo lombrosiano: Laura Boldrini mi sta sui maroni solo a guardarla. Che posso farci? La sua affettazione nel modo di porgersi, di parlare, di gesticolare, ondeggiando flessuosamente la sua chioma corvina, è così esagerata da farmeli girare. Non appena la vedo, invariabilmente impettita e affranta odo Pergolesi in sottofondo: stabat Mater dolorosa iuxta crucem lacrimosa. Dovrò parlarne con il mio amico Paolo Isotta per sapere se gli fa lo stesso effetto. E poi quel cava e metti con gli occhialini mentre celebra compunta sull’altar maggiore di Montecitorio. Si decida: o ci vede, o non ci vede. Nel dubbio, lenti a contatto. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi. Marsilio.
Se oggi abbiamo arte, cinema, teatro, musica, Broadway e Hollywood dobbiamo dire grazie alla chiesa che anche nell’uso dei paramenti non perde mai il senso dello show. Sa che la vera ideologia è lo spettacolo perché canonizza lo stile e lo trasforma in legge. C’è una regia. Un tempo da rispettare. Una liturgia. Un gioco di quinte. Entra uno, esce l’altro, accade sempre qualcosa e non accade mai per caso perché in Vaticano l’improvvisazione non regna. Quando sono partiti i sacerdoti vestiti di bianco, siamo rimasti senza parole. Ai nostro autori di varietà tv, fare un salto a San Pietro durante la santificazione dei papi Roncalli e Wojtyla avrebbe fatto bene. Roberto D’Agostino, direttore di Dagospia. Il Fatto.
Subito dopo l’unificazione, la Germania ha imposto (di fatto) alla Cee il riconoscimento della Slovenia e della Croazia e sono ricomparsi, nel silenzio universale, i segni dell’egemonia tedesca. I quali dimostrano che non avremo, con ogni probabilità, una Germania europea, ma un’Europa tedesca. I panzer, questa volta, non c’entrano. C’entrano la moneta e le banche. Sarà un dominio educato, soffice discreto, ma sarà dominio, perché tutto lascia prevedere che dopo aver negato per ben due volte (e giustamente) alla Germania il suo turno di comando nel vecchio continente, la storia, questa volta, si sia decisa a concederglielo. Saverio Vertone, Il ritorno della Germania. Rizzoli 1992.
Nella sala d’attesa siamo in cinque o sei. Io, sovrapensiero, non mi guardo attorno. L’infermiera chiama la prima paziente: «Tagliapietra...». Allora, sollecitata da un improvviso ricordo, alzo gli occhi e incontro quelli di una donna della mia età, che a sua volta mi sta fissando. Li riconosco, quegli occhi. E’ Elena, la sorella di Anna, la mia amica del liceo; Elena, la sorella più grande, che già aveva il fidanzato e che noi due, sedicenni, invidiavamo perché usciva, la sera. Ci sorridiamo, incredule, ciascuna cercando di rintracciare nel viso dell’altra la ragazza di oltre trent’anni fa: con fatica, come remando controcorrente nel tempo. La folta e lucente chioma nera di Elena è ingrigita. Il brusco ritrovarmi davanti un’amica che ricordavo bellissima, ventenne, produce interiormente un frastuono doloroso, come di una valanga di ghiaia che mi smotti addosso. E ogni sasso è un giorno, e tutti insieme mi sommergono, questi infiniti inavvertiti giorni passati da quando andavo al liceo. Balbettiamo un imbarazzato «Come stai?» e io sento come corrono i ricordi: quel terrazzino su viale Marche dove insieme studiavamo, e le formule chimiche che mi si imbrogliavano davanti agli occhi e Anna che pazientemente mi spiegava. Ma, anche, il mare della Liguria nelle giornate splendenti di luglio, gli oleandri sgargianti, e noi, finita la scuola, sulla spiaggia, felici - tutta l’estate, tutta la vita davanti. La vita, che è già per un bel pezzo passata. Vedo nella mia amica l’ombra della stessa mia malinconia. E ci sforziamo di rimediare, con sorrisi e con parole goffe, a questo tuffo al cuore. Me ne esco in strada con la sensazione di essermi fatta male. Marina Corradi. Avvenire.
Abbiamo visto troppi governi per non desiderarne altri. Roberto Gervaso. il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 3/5/2014