Giovanni Bucchi, ItaliaOggi 3/5/2014, 3 maggio 2014
EMILIANO AFFOSSATO DALLE DONNE
Ha dovuto prima fare i conti con l’inserimento nella lista del Pd al Sud per le europee di Elena Gentile, seguitissima assessora regionale alla Sanità della giunta di Nichi Vendola, che avrebbe rischiato di oscurarlo.
Poi è arrivata la giovane deputata catapultata da Matteo Renzi, quella Pina Picierno da Caserta che l’ha scalzato dal ruolo di capolista, tanto da indurlo a fermare la sua corsa per Bruxelles.
Adesso, una sentenza lo bacchetta per non aver rispettato la parità di genere nelle aziende a partecipazione pubblica.
Sta diventando un cruccio la questione femminile per Michele Emiliano, che, nel suo ultimo scorcio di secondo mandato da sindaco di Bari, deve fare i conti con diverse grane sul fronte del gentil sesso.
Il Tar di Bari ha infatti deciso di annullare le nomine fatte dal sindaco nell’estate 2011 per i consigli di amministrazione di alcune società partecipate dal Comune.
Il motivo? Quote rosa non rispettate, nessuna donna (o quasi) infilata nei posti di comando. Un vero smacco per un politico seguace della vulgata renziana che vuole le donne al primo posto, come le cinque capoliste alle europee.
Accondiscendendo alle indicazioni dei partiti, Emiliano nel 2011 aveva nominato solo una donna tra i cinque membri del cda di Amiu spa e solo uomini nel collegio sindacale, mentre nessuna presenza femminile era stata garantita nel cda di Amgas con però due donne piazzate nel collegio sindacale per metterci una pezza. Evidentemente non è bastato.
A ricorrere contro le decisioni del sindaco erano state la consigliera di parità effettiva della Regione Puglia, Serena Morendini, la presidente della commissione regionale per le Pari opportunitù, Magda Terrevoli, una delle candidate escluse da Emiliano dai cda delle società, ossia Anna Rossiello, quindi le associazioni Centro di documentazione delle donne, Un desiderio in comune e L’Arca-Centro di iniziativa democratica. Insomma, la ’creme’ del femminismo pugliese gli aveva dichiarato guerra per quelle nomine e adesso, almeno nel primo grado della giustizia amministrativa, l’ha spuntata.
Tra le norme che si ritengono violate ci sono innanzitutto lo statuto e alcune deliberazioni comunali, quindi la legge 125 del 1991 («Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro»), oltre agli articoli 3 e 51 della Costituzione. Non bastasse, i giudici amministrativi fanno pure notare a Emiliano che la possibilità di nominare donne nei Cda ci sarebbe stata, perché le candidature erano arrivate. Ma lui non l’ha fatto. «La stringata motivazione del provvedimento impugnato», si legge nella sentenza, «non consente in alcun modo di comprendere quali siano state le ragioni che hanno impedito di assicurare un’adeguata rappresentanza dei due sessi, tenuto conto che gli elenchi delle istanze pervenute contengono anche innumerevoli nominativi di donne in possesso di titoli astrattamente idonei alla luce dei requisiti richiesti».
Emiliano dal canto suo spiega che «il motivo dell’annullamento non sta nella mancanza di nomine di donne negli organi direttivi e di controllo, quanto piuttosto nella mancanza di motivazione del perché non siano state inserite donne in alcuni consigli di amministrazione, in questo caso solo Amiu ed Amgas».
Quindi, conclude, «siamo dunque nella singolare situazione di avere, come Amministrazione Emiliano, varato le norme e di avere consentito al Tar di introdurre l’obbligo di motivazione suddetto, così interpretando, in maniera estensiva, i principi della delibera».
Giovanni Bucchi, ItaliaOggi 3/5/2014