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 2014  maggio 03 Sabato calendario

QUELLA VECCHIA RUGGINE SUL FESTIVAL


Il primo ad accostare Renzi a Berlusconi fu Piero Pelù. Tra l’ex sindaco e la voce dei Litfiba c’è sempre stata solamente una cosa in comune: il tifo per la Fiorentina. Punto. Nel 2009 quando Renzi venne eletto primo cittadino, Pelù era direttore artistico dell’Estate Fiorentina, nominato due anni prima da Leonardo Dominici in sostituzione di Mauro Pagani. Renzi, appena insediato, cancellò l’incarico e riuscì a creare una polemica sul compenso che Pelù percepiva: 70 mila euro per organizzare il festival rock della città toscana. Pelù ieri ha ricordato di essersi dimesso di sua spontanea volontà pochi mesi dopo aver ricevuto l’incarico, già nel 2007 quando Renzi, ha puntualizzato ieri il rocker, “usava milioni di euro pubblici della Provincia fiorentina anche per fare manifestazioni che duravano pochi giorni”. E sul suo profilo Facebook, dopo aver visto i tg, Pelù entra nei dettagli: “Matteo Renzi è un bugiardo e mente in maniera spudorata sapendo di mentire nei miei confronti, proprio ora ho seguito alcuni TG e in tutti, ripeto in tutti, è stata ripetuta la menzogna consumata che ‘Pelù ce l’ha con Renzi perché non gli ha più fatto fare l’estate fiorentina’. Evidentemente la disinformazia del boy scout di Gelli si è scatenata. Ma sparando cazzate ad alzo zero”. E ancora: “Ho lasciato quell’incarico di mia spontanea iniziativa perché non mi piacevano i giochi sporchi che si facevano con il denaro pubblico. Chiaro ora? Ho lasciato io nell’ottobre 2007”. A dar nuova vita alla vecchia ruggine è stato Pelù che dal palco del concerto del primo maggio ha definito Renzi “Il boy scout di Gelli”. Con il fu maestro venerabile, padre della P2, Pelù ha invece avuto un “rapporto di simpatia e curiosità”, spiegò dopo che si venne a sapere di una sua visita a Villa Wanda, in provincia di Arezzo. Il nome di Pelù era nella lista dei frequentatori di Gelli stilata dai Carabinieri che piantonavano dal 1988 l’ingresso della villa dopo la scarcerazione di Gelli. Una processione di diplomatici, parlamentari, giornalisti, militari e artisti. Sandra Milo, Emilio Fede, Marta Marzotto, l’avvocato Cesare “Previdi” e Pelù.
“Volevo incontrarlo da tempo”, spiegò al Corriere il primo marzo 1995, ammettendo però di rimanere “preso dal panico” quando si sono aperti i cancelli di villa Wanda. “Mi è apparso molto sospettoso, e io, che mi ero autoinvitato a casa sua, non me la sono sentita di apostrofarlo chiaro chiaro con uno: ’Scusi, ma di quella bomba, che cosa mi racconta’?. Accidenti, quando si dice la buona educazione”. Gli ho chiesto di “Andreotti e che sport praticava”, però “ho rifiutato le caramelle che mi ha offerto”.
Renzi no, per Renzi, nessuna simpatia. Nel 2012, nel bel mezzo di una polemica, poi rientrata, suscitata da una dichiarazione di Sergio Marchionne su Firenze, Pelù non esitò a definire entrambi, l’ad Fiat ed il sindaco, “due pinocchi”. Aggiungendo per Renzi gli aggettivi di “parolaio, sprecone e piacione”. Dose rincarata l’anno successivo (“berluschino”), denunciando quella che Pelù definì le “mancanze amministrative” del sindaco, accusandolo di “rottamare vecchie lobby per metterne di nuove”. E disse che non gli interessava salire “sul carro del prossimo presidente del Consiglio”.

Davide Vecchi, Il Fatto Quotidiano 3/5/2014