Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  maggio 03 Sabato calendario

L’UTILITÀ DELLA MESSA IN PROVA

La decisoone del tribunale di sorveglianza di Milano di concedere l’affidamento in prova a Silvio Berlusconi riaccende l’attenzione su uno strumento che si è rivelato al momento l’unica possibilità per cercare di sfollare le carceri italiane. Senza interventi strutturali o provvedimenti di clemenza la detenzione alternativa è infatti la soluzione per evitare che persone “non socialmente pericolose” entrino in cella aggravando ulteriormente una situazione già drammatica. I numeri raccolti dal Sappe, il principale sindacato di polizia penitenziaria, dimostrano che molto si sta facendo ma molto altro si potrebbe fare cercando di snellire ulteriormente le procedure. I dati dicono che – nel giorno in cui Berlusconi ha ottenuto il beneficio – c’erano 11.646 imputati affidati in prova ai servizi sociali, 10.071 agli arresti domiciliari, 800 in semilibertà, 4.857 in lavori di pubblica utilità, 3.103 in libertà vigilata, 193 in libertà controllata, 9 in semidetenzione e 4 in sospensione condizionale della pena. C’è chi si occupa di assistenza ai bisognosi, ma anche chi svolge compiti di tipo amministrativo, chi ricopre mansioni da bibliotecario o archivista, chi cura la parte legale di associazioni e ong, chi si dedica ad attività di tipo manuale come la cura dei giardini o la falegnameria. «L’opinione pubblica» – sottolinea il segretario del Sappe Donato Capece, «non riconosce queste misure come vere e proprie pene, invece sarebbe bene dar loro il giusto valore soprattutto con l’obiettivo di recupero delle persone».