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 2014  maggio 06 Martedì calendario

LE RESPONSABILITÀ DEI CLUB


La possibilità di introdurre una forma di Daspo a vita e l’aumento della recidiva per chi si rende protagonista di atti violenti in occasioni di manifestazioni sportive. Il nuovo giro di vite con cui il governo si prepara a rispondere a quanto successo sabato all’OIimpico, si muoverà, con ogni probabilità, su queste due direttive.
Le misure sono state anticipate ieri dal ministro dell’Interno Alfano, e, come ha spiegato il Guardasigilli Andrea Orlando, sono al lavoro anche gli uffici di via Arenula. Leggi più severe, sanzioni più pesanti e repressione più dura nei confronti degli autori delle violenze. È la più classica delle risposte italiane ogni volta che gli incidenti intorno al calcio rilanciano l’attenzione su un tema che da decenni, ciclicamente, si ripropone in tutta la sua pericolosità e ad ogni occasione è stato affrontato con le stesse armi. Spuntate, se è vero che oggi, come dopo il derby del «bambino morto» (era il 2004) o l’assassinio dell’ispettore Filippo Raciti (era il 2007), il problema si ripropone sempre uguale a se stesso. «È imbarazzante la reiterazione di quello che avviene negli stadi, situazioni in fotocopia di quanto è accaduto anni fa. Significa che o non si è fatto nulla o lo si è fatto male», ha attaccato ieri il presidente del Coni Giovanni Malagò. «Ognuno dice di aver fatto il proprio dovere – ha concluso Malagò – ma se così fosse non saremmo a questo punto».
È una fotografia impietosa ma sono parole che centrano il punto. Nel 2004, sull’onda dell’indignazione dopo la morte di Raciti, il decreto Pisanu introdusse la possibilità di arresto in flagranza differita per i responsabili delle violenze, obbligò le società a mettere a norma gli impianti con il montaggio dei tornelli e delle opere necessarie al prefiltraggio e a dotarsi di steward a cui affidare la gestione della sicurezza interna; varò il biglietto nominale e prescrisse la realizzazione di adeguati impianti di videosorveglianza negli stadi. Cinque anni più tardi, era il 2009, fu l’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni a varare la Tessera del Tifoso, lo strumento (rilasciato dalla Questura) obbligatorio per acquistare i biglietti delle partite e fare l’abbonamento per le gare interne. Una misura senza precedenti, non esiste neanche in Inghilterra, che ha scatenato la protesta ultras contro quella che era stata considerata una schedatura «incostituzionale» vista la norma che preclude la possibilità di accedere alla Tessera quei tifosi che siano stati raggiunti da un Daspo negli ultimi cinque anni.
Lo Stato, insomma, ha fatto la faccia dura ogni volta e ha creato un sistema repressivo che ha pochi eguali nel mondo. Il risultato, secondo i dati del Viminale, è stata una generalizzata riduzione degli incidenti (43 le partite con feriti nel calcio pro nella stagione 2012/2013 contro le 90 della stagione 2007/2008), dei feriti (33 fra le forze di polizia e 62 fra i civili nel campionato scorso contro i 136 e i 92 del 2007/2008). Una tendenza che, però, nella prima parte del campionato in corso ha conosciuto una brusca inversione rispetto ai dati della stagione precedente: sono cresciuti gli incontri con feriti (49 contro 39), i feriti tra le forze di polizia (64 contro 43), quelli fra i civili (57 contro 36) il numero degli arrestati (84 contro 83) e quello dei denunciati (ben 593 contro 321). Nel frattempo, però, la fruizione degli stadi italiani è tutt’altro che migliorata e lo dimostrano i dati dell’ultimo Report Calcio che certifica come il numero degli spettatori negli delle tre leghe professionistiche (Serie A, B e Lega Pro) sia crollato di un milione di unità fra la stagione 2011-2012 (13,2 milioni) e quella 2012-2013 (12,3) con percentuali di riempimento degli impianti (fatta eccezione per lo Juventus Stadium) che si attestano attorno al 50%.
Del resto se la media spettatori di una partita italiana in Europa è superiore soltanto a quella del campionato francese (22.591 tifosi contro i 19.211 della Liguel francese a fronte dei 42.624 spettatori medi della Bundesliga tedesca) forse qualche problema c’è e non può essere cercato solo nelle violenze degli ultras, che non esistono soltanto in Italia (a marzo un tifoso svedese è stato picchiato a morte negli scontri prima della sfida tra Helsingborgs e Djurgaarden). Impianti blindati, controlli parossistici e difficoltà burocratiche per comprare i biglietti fra limitazioni e divieti speciali pensati di domenica in domenica dall’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive (il caos di Salernitana-Nocerina nacque dalla decisione vietare l’accesso alla partita anche ai possessori di tessera del tifoso) insomma tengono lontane più le famiglie che i violenti.
Anche perché, e torniamo alle parole di Malagò, l’impressione alla fine è che un occhio si chiuda sempre per tenere buona la parte più calda del tifo. E la colpa, in questo caso, è delle società. Prendiamo il caso della Roma: gli steward che ogni quindici giorni lavorano all’Olimpico vengono pagati la miseria di 36 euro a giornata e non sono autorizzati a perquisire i tifosi che entrano allo stadio (i corsi sono stati appena annunciati). Da aggiungere poi, e non è un problema solo della Roma visto che lo scorso anno gli steward dell’Atalanta denunciarono il problema con una lettera a l’Eco di Bergamo, che i pagamenti viaggiano in ritardo di mesi. «Ai cancelli della Sud succede di tutto – ci racconta una di loro, una ragazza – gente che entra in tre con un solo biglietto, gente che porta dentro di tutto. Io non posso controllare e se solo ci provo rischio di essere picchiata. Mi spiace, ma così non posso evitare che entri alcunchè in curva, la società lo sa benissimo». Ed infatti bombe carta e fumogeni entrano senza alcun problema.
Poi c’è il capitolo tessera del tifoso: dopo la lunga protesta degli ultras, le diserzioni delle trasferte e i settori vuoti per polemica, le società dalla scorsa stagione sono corse ai ripari varando le «away card», che permettono di acquistare i biglietti per le trasferte anche a chi non ha sottoscritto la tessera del tifoso (e i relativi controlli di polizia), e i voucher elettronici, mini abbonamenti per le partite casalinghe non abbinati al rilascio della tessera. Per non parlare delle molte iniziative (soprattutto in Lega pro) «Porta un amico» che consentono ad ogni tifoso tesserato di comprare un biglietto di trasferta per un amico non tesserato. Per le famiglie che vogliano fare una gita domenicale fuori porta e vedere una partita, insomma, limitazioni e complicazioni restano. Per gli abituali, invece, fatta la legge (per quanto sbagliata) trovato l’inganno. Con il beneplacito delle stesse società che invocano leggi speciali e adesso rilanciano l’idea degli «Stati Generali del calcio» per cercare soluzioni ai problemi della violenza.