Giusi Fasano, Corriere della Sera 6/5/2014, 6 maggio 2014
QUEL NASTRO ADESIVO DELL’ASL USATO IN SEI CASI SOSPETTI LA SOPRAVVISSUTA: ERA GENTILE
DALLA NOSTRA INVIATA FIRENZE — C’è un filo nero che lega la morte di Andrea Cristina alla non vita delle altre, di tutte le altre donne perdute del cavalcavia. Si sono salvate, le altre. Dal mostro, dal maniaco, dal violentatore seriale o chiunque lui sia. Vive e disperate, come le ricorda chi le ha soccorse dopo le brutalità che adesso – e soltanto adesso - sembrano avere una stessa regia.
Un anno fa le torture e lo stupro della sbarra toccarono a una donna italiana di 46 anni. Aveva problemi di tossicodipendenza e la ricerca perenne della droga l’aveva portata sulla via della prostituzione. Una sera di marzo adescò un cliente vicino alla zona dell’università. «Era un uomo di mezza età che mi era sembrato gentile nei modi di fare. Ci siamo accordati e lui mi ha portato lì» raccontò lei stessa ai carabinieri dopo essere stata soccorsa. Anche lei era stata legata con il nastro adesivo da pacchi, anche lei era stata denudata, violentata e abbandonata sotto il cavalcavia alla periferia della città.
Quando quel tizio se n’era andato era riuscita a chiedere aiuto e gli abitanti del posto avevano chiamato il 112. Per questo la sua storia e i pochi dettagli che ricordava oggi sono in un verbale. Particolari che adesso possono risultare preziosi. Per esempio la descrizione fisica: «Era un po’ tarchiato, non molto alto, parlava italiano con accento fiorentino, era brizzolato e con pochi capelli» disse la donna. Che raccontò anche della sua richiesta iniziale: 30 euro, tariffa diventata poi più alta «perché lui chiese prestazioni non comuni». Quell’uomo «girava su un’auto furgonata» e «non ha detto niente durante lo stupro». Lei lo vide scappare via e capì che per salvarsi doveva urlare finché qualcuno non l’avesse sentita. La trovarono in fin di vita. Per guarire dalle emorragie interne causate dalle modalità particolarmente violente dello stupro rimase ricoverata per un mese in ospedale.
«Qui c’è qualcuno che si diverte a essere crudele sempre allo stesso modo» dice adesso chi abita a pochi passi dalla sbarra della morte. Ai citofoni delle case fra il cavalcavia e il cimitero hanno suonato più volte donne in difficoltà, per usare un eufemismo. Nude, rapinate, con lividi sul corpo. Hanno urlato la loro disperazione o hanno chiesto aiuto sempre alle stesse porte. Pasquale Checcacci ha ottant’anni. Dice che «io vivo qui da una vita e ricordo che prima che costruissero l’autostrada questo posto era un paradiso, poi è arrivato il cavalcavia e sono arrivati qui sbandati di ogni genere e prostitute».
Lui parla e le sue vicine annuiscono. Lui racconta che «qui se ne vedono di tutti i colori e gli altri ricordano un dettaglio, una di quelle ragazze salvate».
La signora Federica giura che «qui è un continuo viavai. Tutte le sere ci sono drogati che hanno trasformato questa zona in un posto invivibile». E per raccontare cos’è un posto invivibile Pasquale mette in fila le cose che ha visto con i suoi occhi: «Già sette-otto anni fa era successo che avevo trovato una donna nel torrente qui vicino. Era nuda e legata ed era stata seviziata, poveretta. Mi ricordo che piangeva e che mi abbracciò stretto. Chiamai i soccorsi e lei si salvò».
E’ sempre Pasquale a rivelare di un caso successo appena un mese fa. «Come le altre volte c’era una ragazza completamente nuda che all’improvviso si è messa a suonare il campanello disperatamente. Ci ha raccontato che si era appartata con una persona che poi l’aveva buttata giù dalla macchina, dopo aver gettato via i suoi vestiti. Li abbiamo cercati lì intorno al cavalcavia, e ne abbiamo trovato una parte. Abbiamo provato a convincerla a chiamare la polizia ma non volle saperne nulla. Ci ha soltanto chiesto solo se le potevamo prestare i soldi per compare il biglietto della corriera e se n’è andata».
Le ragazze che bussano nude alle porte sono sempre prostitute e spesso (quasi sempre) hanno problemi con la droga. In un caso si racconta di una di loro aggredita con dell’acido muriatico. Ma di denunce non ce ne sono se non quella che riguarda il caso di un anno fa. Anche se, lavorando proprio sul caso di un anno fa, i carabinieri devono aver ricostruito più di una storia di stupro perché sembra che nel decreto delle perquisizioni eseguite fra ieri sera e stanotte si parli di sei casi di violenza sessuale.
Sei donne arrivate a un passo dalla morte, tutte portate in quel posto alla fine del mondo. E tutte arrivate nude e terrorizzate sull’uscio di una casa sconosciuta a implorare aiuto. Tutte tranne la ragazza di ieri.
E c’è un ulteriore dettaglio ad accomunare le sei vittime: il nastro adesivo usato per legarle. Sempre lo stesso, dell’azienda ospedaliera Careggi.
Un ciclista ha suonato a casa di Pasquale: «C’è un tipo strano e nudo legato alla sbarra sotto il cavalcavia. Forse sta facendo una manifestazione di protesta per qualcosa. Andiamo a vedere...».