Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  maggio 04 Domenica calendario

L’INDUSTRIA RILANCIA LA CORSA DELLE FUSIONI

Oltre 112 miliardi da Pfizer per comprare AstraZeneca. Più di 20 miliardi per scambi di asset tra Eli Lilly, Novartis e GlaxoSmithKline. Diciassette miliardi dalla General Electric per il business energetico di Alstom e quasi 7 per combinare i servizi elettrici di Exelon e Pepco. Ancora: almeno 40 miliardi messi in gioco dalla AT&T per DirectTv. Quasi 70 miliardi spesi da Comcast per Time Warner Cable e 47,5 miliardi offerti da Valeant per Allergan. Le somme non mentono: in tutto 1.270 miliardi in acquisizioni tentate o annunciate da inizio anno stanno rimescolando le carte in molti settori, dalle telecomunicazioni e i media fino alla farmaceutica e all’energia.
È una mappa di quasi 11.800 fusioni che non conosce confini, cross-border. Ma che ha soprattutto un minimo comun denominatore: stando a Dealogic le operazioni sono di grandi dimensioni, 13 di valore superiore ai dieci miliardi, in aumento del 75% rispetto all’anno scorso. E tra i protagonisti dominano i colossi statunitensi, grazie a un mercato azionario in forma (un terzo delle fusioni è in contanti e azioni), a bilanci robusti (forti di buona parte dei 4mila miliardi in cash globale delle aziende), a condizioni di finanziamento favorevoli e a ritrovata fiducia nella ripresa in casa.
L’era del "Big Deal", dei grandi merger, è insomma tornata con prepotenza e ha quale leader la Corporate America. Più della Cina, nonostante le sue ambizioni di prima potenza economica mondiale e operazioni pur consumate da suoi marchi quali Alibaba. O del Vecchio continente, ancora lambito dai postumi della crisi. «Siamo forse entrati in un’era di boom della M&A – ha commentato Michael Shaoul di Marketfield Asset Management –. La mentalità diventa comprare o essere comprati». I mega-deal sono «operazioni di opportunismo – ha aggiunto Richard Jeanneret di Ernst & Young –. Nascono dalla fiducia dei chief executive in Washington e nella sua economia».
Dealogic, nei dati aggiornati forniti a Il Sole 24 Ore sui 1.270 miliardi di fusioni avvenuti in quattro mesi, evidenzia come la colossale offerta di Pfizer per la britannica AstraZeneca sia non solo un record nel settore Pharma ma entri di diritto in quarta posizione tra le maggiori di sempre. Né è un caso eccezionale. I tredici deal da oltre 10 miliardi hanno totalizzato 318,6 miliardi a fine aprile, la cifra più elevata dal 2007. Al contrario le operazioni sotto i 500 milioni, con 245,5 miliardi per 4.883 merger, sono scivolate al minimo dal 2009. L’indice Thomson Reuters sottolinea un simile fenomeno: le operazioni oltre i cinque miliardi sono quadruplicate in un anno, da 9 a 35, in tutti i grandi settori e in sedici paesi.
L’America, calcola la società statunitense Dealogic, vanta una quota del 60% nei super-merger, seguita da Europa, Medio Oriente e Nord Africa con il 32% e dall’Asia-Pacifico, che entra nella classifica delle operazioni da dieci miliardi per la prima volta in sette anni.
Gruppi americani rappresentano inoltre il 34% delle operazioni lanciate quest’anno sul Vecchio continente, pari a un volume record di 155,2 miliardi. «Il mercato domestico americano agisce da traino sulle M&A – dice un banchiere che preferisce l’anonimato –. Ma anche in Europa si assiste al ritorno dei merger, specialmente in settori quali il farmaceutico».
Tlc e sanità, quest’ultima con un massimo storico di 227,9 miliardi di transazioni salito del 147% dall’anno scorso, guidano la corsa alle fusioni globali. Ma l’hi-tech, guidato dal software, non rimane in disparte: la cifra di 93,7 miliardi rappresenta un incremento del 94% sull’anno scorso ed è la più alta dal Duemila. Qui come altrove è aumentata la dimensione delle operazioni: se il valore complessivo è lievitato, il loro numero è diminuito del 3% a 1.779. E gli Stati Uniti ribadiscono il loro primato: 64,5 miliardi di dollari per 588 transazioni, un aumento dell’85% capitanato dall’acquisizione di WhatsApp da parte di Facebook per 19 miliardi. Cina e Francia sono alle spalle, ma nettamente staccate, con 12,9 e 2,8 miliardi rispettivamente.