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 2014  maggio 03 Sabato calendario

QUEL SUMMIT A VILLA WANDA TRA PELÙ E IL VENERABILE


Sbagliarono cancello, nessuno rispose al citofono. Allora Piero e il fotografo Alex Maioli, che stavano lì a cazzeggiare con una telecamera in un brumoso pomeriggio del febbraio ’95, chiesero a un bello spirito che faceva jogging: «Ma Gelli non abita qui?». Quello, sbuffando e ansimando, li scortò correndo fino alla vera Villa Wanda. Qualche minuto di attesa, con il Diablo del rock che immaginava finisse tutto in una boutade ad uso video, e che il Principe delle Ombre della politica italiana non aprisse mai. Invece accadde: l’inferriata cigolando si spalancò e alla voce più imperiosa dei palchi si seccò la lingua. Pelù, che con i Litfiba aveva già fustigato la P2 nel rabbioso brano Maudit ("sarò il corto circuito nella stanza dei bottoni /per sciogliere i veleni delle tue decisioni" ) si trovò d’un tratto disarmato di fronte alla sua stessa ribalderia. Maioli, che era amico di Pier Carpi (autore del memoriale su Gelli) lo sostenne nell’impresa di affrontare il Venerabile nella sua tana, e parte di quel documento video finì poi nella videocassetta in margine al disco Laciodrom . Il padrone di casa non consentì di essere ripreso in volto, così gli ospiti inquadrarono per tutto il tempo un suo ritratto ad olio.
Il faccia a faccia durò un quarto d’ora: Pelù notò i «vasi di limoni pieni d’oro», e a Il Tempo qualche mese fa ricordò: «Parlammo anche di musica. Non capiva un cazzo di rock, preferiva la classica».
Cosa aveva portato sin lì il leader dei Litfiba? «Volevo incontrarlo per porgli le domande che un italiano qualunque vorrebbe fargli», raccontò all’epoca dei fatti al Corriere , ammettendo che però gli «prese il panico, perché non sono un giornalista o un detective e neppure l’informatissimo Chiambretti. In fondo so solo che Gelli era a capo della P2 in collusione c on l’"Italia nera", complice la Dc. Lui mi è apparso molto sospettoso e io che mi ero autoinvitato a casa sua, non me la sono sentita di apostrofarlo chiaro chiaro con uno " Scusi, ma di quella bomba cosa mi raccon ta? ". Accidenti, quando si dice la buona educazione...». Il confronto dialettico tra la rockstar e il supermassone appariva impervio. «Per rompere il ghiaccio«, arrancò Pelù, «gli chiesi se praticava qualche sport, e Gelli mi rispose che ne aveva fatto abbastanza durante la guerra di Spagna». Poi il cantante affondò il colpo facendo il nome di Andreotti. «Lui lo definì una bravissima persona». E che pensava invece Gelli del Berlusconi appena sceso in politica? «Non gli hanno dato abbastanza tempo per agire». Quanto alle previsioni sulle elezioni del ’96, Pelù si sentì vaticinare che si sarebbe risolto bene per «il centrodestra»: col senno di poi, la vittoria di Prodi avrebbe dovuto suggerire al buon Piero che Licio diceva la verità quando gli giurava «di non avere più la sfera di vetro come una volta, a proposito della politica italiana». A quel punto El Diablo sparò la domanda chiave: «Chi fa ora il colpo di Stato?». E il Principe delle Ombre, con i «suoi occhi vispi»: «Mi ha fulminato con lo sguardo e mi ha fatto eco: "Colpo di Statooo?"».
Finì con la più improbabile delle strette di mano, anche se Pelù sostenne fieramente di aver almeno rifiutato le «caramelle di Gelli». Un paio d’anni dopo, per un gustoso paradosso, il nome del Diablo rock sarebbe stato ritrovato dagli inquirenti tra quelli dei «frequentatori» di Villa Wanda.
Ma in quasi due decenni, l’ossessione del cantante toscano per la Propaganda 2 non è mai venuta meno: nell’agosto 2010, durante il Reunion Tour, i suoi Litfiba sbarcarono in Sicilia, a Campofelice di Roccella. A metà concerto, una finta bara con sopra scritto " Gelli ", traversò il palco. Pelù inscenò il compianto per «la morte della P2», gridando che «partecipano al suo dolore la mafia, la ‘ndrangheta, la camorra, il vostro conterraneo Marcello Dell’Utri, e naturalmente papi-Silvio Berlusconi. La P2 è morta. Viva la P3!». L’assessore alla Cultura per la provincia di Palermo, Dalì, insorse chiedendo che la band fosse bandi ta per sempre dall’isola.
Oggi, dopo aver martellato per una vita il Cavaliere, lo spettro della P2 è incarnato per Pelù dal «boy-scout» Renzi. In mille occasioni l’artista non ha mancato di fustigare l’ex sindaco della sua Firenze. Qualcuno ci ha visto un ranco re dettato dal " particulare ", la mancata riconferma di Piero da parte dell’altro nel 2009 alla testa dell’Estate Fiorentina, con conseguente mancato guadagno personale di quasi 80mila euro. Ma anche ieri Pelù ha sparato a palle inc atenate, sostenendo che «Renzi mente sapendo di mentire, perché io avevo lasciato l’incarico dell’Estate già nel 2007, quando il primo cittadino era Domenici: ero schifato da certi giochi di potere dei boss locali».
N ella sua autobiografia Identikit di un ribelle , Pelù scrive: «Renzi, più che di sinistra, è un personaggio sinistro. Da dove vengono tutti i finanziamenti delle sue campagne politiche e della sua comunicazione a tappeto? Quante ombre. Il fenomeno di Rignano sull’Arno potrebbe essere proprio un gran cavallo di Troia nel cuore della già smantellata sinistra italiana per affondarla definitivamente. Per questo dico che il colpo di Stato vellutato del grande maestro Licio Gelli sarebbe perfettamente eseguito». Sipario, ragazzacci.
Stefano Mannucci