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 2014  maggio 04 Domenica calendario

STIPENDI DA FAVOLA ALL’AVVOCATURA. ECCO I «PRINCIPI» DEL FORO CAPITOLINO


Avvocati che guadagnano oltre 300 mila euro l’anno grazie a ricche indennità per procedimenti conclusi con patteggiamenti, transazioni, vizi di forma e prescrizioni. Dirigenti esterni e staff politici con stipendi d’oro, al servizio del sindaco Marino e dei suoi assessori. E poi la galassia dei dirigenti a tempo indeterminato, fra salari raddoppiati, indennità cumulate e premi ingiustificati. Mentre altri 24mila dipendenti capitolini che non superano i 1500 euro, pregano per non vedersi decurtate 250 euro, in media, dalle buste paga di maggio, per il salario accessorio. Eppure la relazione di più di trecento pagine redatta dal Mef, Ministero Economia e Finanze, parla chiaro e boccia l’operato del Campidoglio su tutti i fronti, mettendo in luce mancanze e gravi sprechi, ben più influenti sulle malridotte casse capitoline.
1) GLI AVVOCATI
Sono 23 i capi area dell’Avvocatura Capitolina. Ognuno di loro guida un ufficio con decine di avvocati. Senza gli onorari, il loro compenso sarebbe di circa 100mila euro l’anno. Per mezzo di un regio decreto del 1933, questo stipendio va aumentato «dei compensi professionali dovuti a seguito di sentenza favorevole all’ente». Ma è sull’interpretazione di «sentenza favorevole» che nasce l’equivoco. Come sottolineato dal documento del Mef, citando la sentenza 847/2010 del Tar di Lecce, «la ripartizione ha luogo dopo che i titoli, in base ai quali le somme sono state riscosse, siano divenuti irrevocabili». Ecco invece cosa dice l’art. 20 del regolamento interno dell’Avvocatura: «Per decisione favorevole si intende qualsiasi provvedimento che rappresenti un indubbio vantaggio per l’Ente, anche economico, rispetto alle pretese degli avversari». E quindi anche «improcedibilità, estinzione, perenzione, inammissibilità, rinuncia agli atti del giudizio, difetto di giurisdizione, difetto di competenza, difetto di legittimazione ad agire, carenza di interesse e formule analoghe». Gli avvocati di Roma Capitale, insomma, rimpinguano la loro busta paga, più che per meriti sul campo, per gli errori commessi da altri. Ma c’è di più. È proprio il Mef a ricordare che «l’entità dell’indennità non può essere decisa dal beneficiario», come invece disposto dal regolamento dell’Avvocatura stessa. Una disposizione, secondo i tecnici del Tesoro, «illeggittima». E pensare che il Comune paga una polizza alle Assicurazioni di Roma di ben 25 milioni di euro l’anno per «responsabilità civile verso terzi».
2) DIRIGENTI ESTERNI
Nonostante i tecnici del Tesoro indichino «la necessità di individuare i destinatari degli incarichi dirigenziali a seguito di specifica selezione», attualmente sono 11 i dirigenti esterni chiamati da Marino a dai suoi assessori «intuitu personae» (su rapporto fiduciario) e lautamente stipendiati. Qualche esempio? Marco Battistella, Direttore per «l’attuazione del programma», 111.625 euro; Mattia Stella, genericamente «extradotazionale nel Gabinetto del sindaco», ben 103.225 euro. Addirittura due capi del Cerimoniale: Francesco Piazza, a 103.225 euro, e Anna Rosa Coniglio, che guadagna"appena" 55.158. E gli assessori? Quello all’Urbanistica, Giovanni Caudo, si avvale della collaborazione del Direttore Luca Lo Bianco, 93.125 euro annui; Luca Pancalli, titolare dello Sport, è affiancato invece da Juri Stara, che costa 93.125 euro all’anno; ancora, alle Attività Produttive lavora con Marta Leonori, per 93.125 euro l’anno, Francesco Capone Leslie.
3) GLI STAFF POLITICI
Ma le "chiamate" esterne non sono finite. Anzi. C’è tutta una schiera di collaboratori, sempre assunti "intuitu personae" che supportano sindaco, assessori e gruppi consiliari, voce per cui nel Bilancio 2014 sono stati previsti 12 milioni in più rispetto al 2013. Tra i collaboratori più fortunati di Ignazio Marino ricordiamo l’ex braccio destro di Veltroni, Silvio Di Francia, a 96.753 euro l’anno. Da segnalare, nella segreteria del sindaco, insieme a Di Francia, Silvia Decina, Roberto Tricarico e Silvia Pelliccia, che dai dati resi noti lo scorso ottobre guadagnano rispettivamente 142.850, 131.770 e 117.970. Tutti più del Capo di Gabinetto, Luigi Fucito, "fermo" a 79.000 euro. Negli assessorati ci sono poi Loredana Granieri (Scuola) a 115.880 euro, Andrea Vincenzoni (Politiche Sociali) a 90.350 euro, Mauro Riccardi e Alberto Mancinelli (vicesindaco) a 116.100 e 88.800 euro.
4) I «DESIDERATA» DEI DIRIGENTI
Il Mef boccia anche il Contratto decentrato dei dirigenti interni, il cui impianto fondante risale al 2001, affermando che il salario accessorio viene giustificato da «fatti inesistenti o già verificatisi in passato». Tra l’altro, «il contratto prima fissa quanto corrispondere e poi eleva il fondo all’importo necessario a remunerare tutti i dirigenti: si quantificano le risorse in base ai desiderata». Dal 2001, il fondo del salario accessorio (somma che si aggiunge sempre allo stipendio base, 43mila euro a testa) viene rimpinguato quasi ogni anno. Un meccanismo che porta via via le indennità medie per ogni dirigente a salire dai 45.640 euro del 2001 agli 88.707 del 2012, nonostante il loro numero, nello stesso arco di tempo, sia sceso da 283 a 233. Un anno che i dirigenti non possono dimenticare è il 2006 (anno della riconferma di Veltroni), quando il fondo passò da 15,9 milioni a 21,9 milioni, il numero dei dirigenti da 251 a 269 e la loro paga accessoria da 63.736 a 81.467 euro. Il fondo, dopo una parziale riduzione, cresce anche nel 2008, nonostante il Campidoglio, sull’orlo del default, chiese aiuto e soldi al Governo centrale per salvare i propri conti. E lo stesso accade negli anni a venire, seppur in maniera ridotta, fino a raggiungere 20,6 milioni nel 2012.
5) PREMI NON DOVUTI
Tra le indennità ci sono ulteriori compensi ai dirigenti cosiddetti "ad interim", ovvero trasferiti temporaneamente da un ufficio all’altro con l’istituto del "comando". La modifica del 2006 al Contratto Decentrato assegna loro, oltre alla retribuzione di posizione e di risultato, un 25% in più rispetto al normale compenso previsto dalla nuova funzione. Ma in realtà non svolgono mansioni aggiuntive rispetto alle competenze intrinseche al loro ruolo. Una pratica definita «illegittima» dal Mef che continua a portar via 600mila euro l’anno dalle casse capitoline.