Maurizio Schoepflin, Libero 3/5/2014, 3 maggio 2014
«LA DONNA È FATTA PER PIACERE» E LO AMARONO TUTTE QUANTE
Quando si parla di Jean-Jacques Rousseau bisogna mettere subito le mani avanti e dichiarare che la sua personalità poliedrica e spesso enigmatica, che si riflette sia nelle vicende biografiche che nelle opere, non permette di emettere giudizi univoci e definitivi. Egli non elaborò dottrine sistematiche e coerenti, ma una serie di riflessioni tanto geniali quanto frammentarie che danno origine per usare le parole di Ernst Cassirer, uno dei suoi maggiori interpreti novecenteschi «a un movimento sempre rinnovantesi del pensiero, un movimento di tale forza e passione che sembra impossibile di fronte ad esso rifugiarsi nella quiete della contemplazione storica obiettiva».
Tutto ciò risulta particolarmente vero quando si va a indagare uno degli aspetti più complessi e controversi del Rousseau uomo e pensatore, quello concernente il suo rapporto con l’universo femminile. A tale riguardo, risulta assai coinvolgente la lettura del libro Rousseau e le donne, curato da Carla Xodo (La Scuola, pp. 310, euro 19,50), nel quale sono raccolti vari contributi di diversi autori che cercano di far luce su un tema che, come si è detto, appare quanto mai complicato. Che il ginevrino fosse molto attratto dal sesso femminile è cosa risaputa: non ancora diciassettenne frequenta per un periodo abbastanza lungo Luisa Eleonora di Warens, più anziana di lui di oltre dieci anni, della quale conserverà per tutta la vita un ricordo bellissimo. Per la verità, ogni donna che incontrerà anche fugacemente, lascerà su di lui un segno positivo, a testimonianza di quella viva ammirazione che egli nutrì costantemente nei confronti del gentil sesso.
«L’incontro di Rousseau con le donne è felice», scrive lapidariamente la curatrice del libro. E felice fu come egli stesso racconta nelle Confessioni persino la breve relazione da lui avuta a Venezia con una ragazzina poco più che decenne e di misere condizioni, che la madre faceva prostituire: forse si trattò di un rapporto soltanto affettuoso intriso di compassione, o forse Jean-Jacques non si fermò alla pura benevolenza. Paradossalmente, ebbe un bel rapporto pure con la mamma, che morì pochissimi giorni dopo averlo dato alla luce: gli studiosi ci dicono che il positivo ricordo di lei, tenuto vivo dal padre, influenzò molto il piccolo orfano, presto affidato alle cure dell’amatissima zia Susan, che, a sua volta, tanto impressionò Jean-Jacques per la sua gaiezza. E sorprendentemente buono si rivelò anche il rapporto che Rousseau stabilì con Teresa Le Vasseur, la donna che gli darà cinque figli, tutti affidati al brefotrofio. Teresa era una donna semplice e di scarsissima cultura, eppure il suo compagno le riconobbe una saggezza e un buon senso non
Jean-Jacques Rousseau ritratto da Maurice Quentin de La Tour verso il 1752 [web] comuni. Dunque, Rousseau amò molte donne e amò molto le donne, essendone riamato (nonostante un carattere impossibile, non gli difettava la capacità di far presa sull’animo femminile): ma che cosa pensò di loro? Quale giudizio ne ebbe? Quale compito e quale ruolo assegnò loro? Gran parte degli interventi contenuti nel libro è dedicata proprio a delineare quella che potremmo definire la filosofia rousseauiana della donna. Diciamo subito che chi si aspetta un Rousseau femminista andrà incontro a una solenne delusione.
Nonostante la geniale modernità di numerose sue intuizioni, il ginevrino rimane un uomo del Settecento e nell’Emilio, il suo capolavoro pedagogico, il V capitolo, dedicato alla figura femminile e alla sua educazione, lo testimonia ampiamente. Scrive senza mezzi termini Rousseau: «La donna è fatta soprattutto per piacere all’uomo»; non casualmente, «le bambine quasi
appena nate amano adornarsi. Non contente di essere graziose, vogliono che gli altri se ne accorgano». Tuttavia, in ciò, il filosofo non ravvisa una forma di subordinazione della donna nei confronti dell’uomo, ma la predisposizione di cui la natura ha dotato il sesso femminile. Si tratta di una differenza, non di una manifestazione di inferiorità.
E proprio al fine di realizzare pienamente se stessa, la donna dovrà tener conto di tutto questo: «L’obbedienza e la fedeltà che deve al marito, la tenerezza e le cure che deve ai figli sono condizioni talmente naturali ed evidenti che essa non può, se non per malafede, rifiutare il proprio consenso al sentimento interiore che la guida». E ancora: «Se la donna è fatta per piacere e per essere soggiogata, ella deve rendersi gradita all’uomo, invece di provocarlo». Che Costanza Miriano, autrice del pamphlet Sposati e sii sottomessa, abbia copiato pari pari dall’Emilio di Rousseau?