Danilo Coppola, Libero 3/5/2014, 3 maggio 2014
LA GIUSTIZIA MI HA ASSOLTO, IL FISCO NO
Gentile Direttore, ho letto l’autodenuncia del sottufficiale della Guardia di Finanza pubblicata su Libero. Vista la mia storia, comprendo assai bene che cosa si provi a sottostare a determinati soprusi fiscali e non solo. Come lei ben sa, per circa 4 anni la mia persona, la mia famiglia e il mio gruppo sono stati attenzionati dalla procura di Roma tramite intercettazioni continue e pedinamenti alla inutile ricerca di collusioni criminali. In seguito venni arrestato per varie accuse: in primis, per bancarotta fraudolenta. A mia insaputa, i pm fecero fallire la Micop, una delle società del mio gruppo, per via di un debito tributario. Tra l’altro nemmeno scaduto. Il debito era di 7 milioni e Micop aveva il 2% di Bim che all’epoca valeva circa 25 milioni.
A quel punto, e durante la mia carcerazione preventiva che è durata circa due anni, la procura da un lato si è mossa per sequestrare circa 200 milioni a società appartenenti al mio gruppo e dall’altro ha dato il via a una serie di verifiche della Guardia di Finanza che hanno finito con il contestare presunte irregolarità in operazioni infragruppo. I verbali prontamente trasmessi all’Agenzia delle Entrate si sono tramutati in cartelle esattoriali. Immediatamente esigibili per un totale di 660 milioni circa. Parallelamente, sempre la procura ha chiesto il fallimento di una ventina di società controllate dal mio gruppo per via di debiti tributari a cui aveva preventivamente sequestrato beni per oltre 200 milioni di euro, come detto. Ovviamente le disponibilità liquide erano sotto sequestro. Così nel 2009 quando sono tornato in libertà contestualmente alla condanna in primo grado di 6 anni per il fallimento Micop, ho cercato di capire come salvare il gruppo.
Ho iniziato a pagare le cartelle, ma mentre sanavo mi trovavo ad affrontare nuove istanze di fallimento che sempre la stessa procura di Roma continuava a farmi per presunti debiti fiscali tutti impugnati in commissione tributaria. Così ho chiesto ai vertici dell’Agenzia un accordo omnicomprensivo, firmato a giugno del 2010. Avevo già versato 60 milioni nei due anni precedenti, l’Agenzia ne ha chiesti altri 150. Ero a un bivio e non potevo fare altrimenti. Consapevole che le cifre contestate fossero del tutto incongruenti con la realtà e non dovute ma volendo salvare il gruppo e i posti di lavoro, ho accettato. Per non parlare della situazione di sottomissione psicologica dovuta a due anni di custodia cautelare totalmente priva di fondamento. Purtroppo l’Agenzia, spinta da logiche diverse dall’equità, non ha consentito un giusto processo, anzi nemmeno c’è stato un processo. Si è giocato sull’interpretazione di norme senza di fatto dare a me, come contribuente, la possibilità di contraddire alcunché. Sottolineo che tutte le contestazioni tributarie non nascono mai da potenziali evasioni ma da classici abusi di diritto e da operazioni intercompany che non hanno mai generato utili. Ho pagato solo perché mi lasciassero in pace. E ho fatto la cosa giusta.
Nel 2012 la Cassazione ha annullato il fallimento di Micop per decine di vizi procedurali come da sempre da me paventato. Nel 2013 i giudici hanno assolto la mia persona per non aver commesso nessun reato. Ma se nel 2010 non avessi sottoscritto quell’accordo tutto il mio gruppo sarebbe fallito. Sparito. Ho svenduto immobili per avere le disponibilità. Due anni fa quando il mio debito ammontava ancora a circa 40 milioni ho chiesto di rateizzare. Anche con le garanzie non mi è stato concesso. Mi chiedo: che senso avrebbe farmi fallire? Sarebbe una perdita anche per l’Erario e per tutte quelle persone a cui offro lavoro (considerando che i debiti tributari sono inesistenti). Purtroppo ciò che a me è capitato in grande dal 2007 a oggi ho speso 28 milioni in avvocati succede quotidianamente a molti imprenditori. Devo ancora versare 25 milioni. E l’accordo tombale non permette di impugnare nulla anche se sono costretto a pagare due volte la stessa Iva avendo sottoscritto l’ormai famoso accordo con l’Agenzia in un momento storico nel quale non mi è stato permesso di entrare nei meriti delle richieste. Io sono stato assolto. Ma chi pagherà per gli errori fatti?