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 2014  maggio 05 Lunedì calendario

YARA, MILLE GIORNI DI MISTERI MA L’ASSASSINO NON SI TROVA


MILANO Per trovare l’assassino di Yara, in più di mille giorni di indagine, è stato fatto di tutto. Venne perfino fermata una nave diretta a Tangeri per acciuffare un marocchino che era a bordo sospettato di essere il «colpevole in fuga», e poi lasciato andare con tante scuse. Vennero messi a lavoro i più sofisticati esperti del web per rintracciare un tizio che aveva lasciato su facebook e su wikipedia un messaggio apparentemente cifrato inerente l’omicidio. Fu fatto arrivare dalla Svizzera un cane capace di seguire anche a giorni di distanza le tracce di qualcosa o qualcuno. Tutto inesorabilmente inutile.
SPERANZE E SCONFORTO
Ogni volta una speranza, ogni volta una irrimediabile delusione. E più si moltiplicano le voci di «imminenti svolte nelle indagini», più lo sconforto che ne segue si trasforma in un inaccettabile senso di impotenza. Con la funesta conseguenza che quelle voci, anziché diradarsi, col passare del tempo si moltiplicano. Specie da quando la Procura di Bergamo si è vista costretta, per mancanza di alternative, ad affidare la soluzione del giallo solo ed esclusivamente al Dna e a quelli che nei tribunali vengono chiamati «accertamenti scientifici». La strategia del Dna, proprio in questi giorni, ha fatto passare momenti di angoscia a una signora di Clusone alla quale - mercoledì scorso - le locandine delle edicole avevano dato il buongiorno con titoli di questo genere: «Omicidio Yara, una nuova pista: si cerca una donna di 46 anni». La donna in questione era lei, solo che con la morte della ragazzina non c’entra niente. Già lo sapeva e già lo sapevano i carabinieri che qualche mese fa l’avevano sottoposta alla prova del Dna per verificare se le sue tracce genetiche potessero essere «apparentate» con quelle dell’assassino.
LA LICEALE DI CLUSONE
Clusone è un centro piuttosto importante della Valseriana distante quaranta chilometri dal paese di Yara. In quella valle viveva e lavorava Giuseppe Guerinoni, autista di pullman indicato(grazie alle analisi su alcune macchie di sangue trovate sui pantaloni di Yara) come il titolare di un Dna quasi identico a quello dell’assassino della giovane. Guerinoni è morto nel 1999 a 61 anni, dunque è al di sopra di ogni sospetto. Però tutte le attenzioni sono ugualmente concentrate su un fantomatico figlio illegittimo che potrebbe aver generato nel corso di una relazione clandestina.
LA MADRE DI “IGNOTO 1”
Ora, qualche giorno fa la signora di Clusone è stata indicata da una delle innumerevoli voci anonime che inondano la Valseriana come una possibile ex amante di Guerinoni. Un tipo infatti si è presentato alla caserma dell’Arma per dire di aver saputo da qualcuno che aveva saputo da qualcun altro che in passato l’autista di bus aveva avuto una storiella con una ragazza all’epoca diciassettenne e oggi quarantaseienne. I carabinieri l’hanno rintracciata scoprendo che, seguendo altre strade, in precedenza erano già giunti a lei, la quale era però risultata geneticamente incompatibile con l’omicida.
Effettivamente la donna aveva conosciuto Guerinoni. Negli anni del liceo prendeva ogni mattina la corriera per andare a scuola, e ogni mattina al volante c’era lui, con un bagaglio di sorrisi e di complimenti per le ragazze e le signore che salivano sul pullman. Tutto qui. Nessun flirt segreto, nessuna gravidanza misteriosa. Insomma, una voce infondata. L’ennesima voce infondata andata a depositarsi in quell’immenso serbatoio da cui fuoriescono periodicamente le ipotesi più disparate sul «presunto passato libertino» del «presunto padre» del «presunto assassino».
Il problema è che di voci così alla Procura ne arrivano a bizzeffe da quando è saltata fuori la storia del figlio illegittimo identificato nel fascicolo d’indagine come «Ignoto 1». Chi dice di aver raccolto confidenze dallo stesso autista che in un serata di malinconia raccontò di un amorazzo risalente agli anni 60 con una ragazza di San Lorenzo di Rovetta; chi sostiene di ricordare bene di aver visto più di una volta il Guerinoni accompagnarsi con una bella signora che viveva in valle ma lavorava a Bergamo; chi racconta aver saputo di una relazione con una di Gandino. O forse di Peia? Il fatto è che ogni voce, ogni ricordo, ogni «mi sembra» non può essere accantonato a priori.
NUOVE PISTE E SMENTITE
Perciò da mesi e mesi è tutto un viavai di carabinieri e poliziotti che raccolgono informazioni di seconda e di anche terza mano, verificano, fanno domande, incrociano dati, rovistano negli uffici anagrafici, studiano i registri storici di orfanotrofi e di istituti per bimbi abbandonati. Talvolta accade che il loro lavoro sfugga alla regola della riservatezza, le voci si alimentano: c’è una nuova pista, soluzione vicina. Poi, puntuale, arriva la smentita della Procura.
In tutta la provincia ormai sono 18 mila le persone a cui è stato prelevato un campione di sangue per la prova del Dna. Qualcuno ha pure fatto i conti: più di 3 milioni di euro solo per le analisi. Intendiamoci, soldi spesi benissimo se possono servire a dare un volto a colui che il 26 novembre 2010 rapì la giovane Yara davanti alla palestra di Brembate e l’abbandonò morente in un prato incolto di Chignolo d’Isola, dove sarebbe stata trovata solo tre mesi dopo. Ma il fatto è che grazie a quegli esami il cerchio si sta chiudendo sempre di più e c’è il timore che dentro, alla fine, non possa rimanerci nessuno.