Roberta Amoruso, il Messaggero 3/5/2014, 3 maggio 2014
IL MACIGNO DA 2 MILIARDI CHE ZAVORRA IL VOLO DEGLI ITALIANI
ROMA Circa 2 miliardi di euro. Forse anche qualcosa di più se si considerano gli ultimi tre mesi del 2013 sui quali mancano ancora numeri ufficiali. L’ultima fotografia aggiornata sul fardello del debito fornita dalla stessa Alitalia non è poi così lontana, ormai, dall’allarme lanciato a novembre 2008 da Augusto Fantozzi, l’ultimo commissario straordinario che ha conosciuto la compagnia di bandiera prima dell’operazione Cai-AirOne. Certo, oggi si parla di una società diversa, passata da una faticosa ristrutturazione e diversi piani industriali messi sul tavolo in cinque anni, anche con rotte profondamente diverse. Ma fa un po’ impressione trovarsi come allora di fronte a un debito che si aggira intorno a 2 miliardi di euro.
L’ETERNA MINACCIA
Già, perchè è bene ricordarlo, quando un partner potenziale come Etihad va a guardare i conti del gruppo, mette subito la lente sull’indebitamento finanziario, quello verso le banche, ma il conto dei debito in realtà non si chiude affatto qui. Visto che ai 951 milioni di posizione finanziaria netta negativa fotografata a fine ottobre del 2013, vanno aggiunti almeno 165 milioni di nuovi finanziamenti arrivati dalle banche a gennaio scorso. Ma vanno anche sommati ben 785 milioni di debiti verso i fornitori per avere la situazione completa del debito della compagnia.
Chiariti questi numeri, va anche detto che è su quel miliardo scarso di saldo negativo tra debiti e crediti finanziari del gruppo (951 milioni di euro appunto) principalmente per finanziare gli investimenti nella flotta di proprietà (600 milioni) che si concentrano tutte le preoccupazioni. Vediamo in dettaglio perché. Da questa cifra in realtà andrebbero già stornati 97 milioni di euro, che corrispondono al prestito obbligazionario ormai convertito a fine anno in occasione dell’aumento di capitale. Poi ci sono i debiti verso altri finanziatori, come le società di factoring. E tolti i crediti finanziari e le disponibilità liquide (per 161 milioni) rimangono dunque 813 milioni di debiti verso banche.
IL FILO CON LE BANCHE
Qui si arriva al punto cruciale delle richieste avanzate da Etihad. Metà di questi debiti, circa 400 milioni, sono rappresentati da finanziamenti a breve. Un conto rotondo di impegni che la compagnia di Abu Dhabi chiede di convertire in equity insieme ai nuovi finanziamenti di gennaio scorso (70 milioni arrivati da Intesa Sanpaolo, 70 milioni da Unicredit e 25 milioni da Popolare di Sondrio e Mps).
La cifra nel mirino degli emirati arabi sale dunque almeno a 565 milioni di euro, di cui poco più della metà (circa 300 milioni) pesano sui bilanci di Intesa Sanpaolo. Naturale che sia la banca guidata da Carlo Messina a guardare con maggior attenzione il dossier. Da parte sua, Unicredit ha un conto aperto più esiguo con Alitalia. Senza contare che dopo aver messo in fila 9,3 miliardi di rettifiche di valore e 7,2 miliardi di accantonamenti su crediti straordinari nell’ultimo trimestre del 2013, deve aver messo in conto anche una perdita secca sulla compagnia aerea.
Il dossier rimane comunque di quelli caldissimi per le banche. Non solo perché le perdite del conto Alitalia nei bilanci degli istituti vengono da lontano. Ma anche perché sembra che uno dei paletti fissati da Etihad sia di fatto l’azzeramento del debito attraverso lo stralcio del resto dei debiti a breve non oggetto di conversione. Un boccone non facile da digerire per le banche che ieri hanno discusso a lungo anche di questo nell’incontro con il numero uno della compagnia Gabriele Del Torchio.
Per il resto, Abu Dhabi punta su un fondo ad hoc da 24 milioni per gestire la mobilità dei dipendenti Alitalia in esubero (non meno di 3.000 per Etihad). Ma esclude anche di farsi carico di qualsiasi minaccia dal passato. Compresi i contenziosi con Toto per Airone o con Easyjet.