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 2014  maggio 03 Sabato calendario

CHI PUNTA DI PIU’?

Chissà se è un segno di ripresa o di sfascio. Lo scorso anno il gioco d’azzardo ha battuto ogni record, riuscendo a scucire agli appassionati di tutto il mondo 440 miliardi di dollari, un terzo dei quali spesi al casinò. Ma le perdite degli uni sono il fatturato degli altri: «Ovunque gli uomini non fanno che togliersi o vincersi qualcosa a vicenda», constatava già un secolo e mezzo fa Il giocatore di Dostoevskij. Sempre lo scorso anno Sheldon Adelson, patriarca del colosso della roulette Las Vegas Sands, è rientrato in classifica tra i dieci uomini più ricchi del mondo, mentre il suo “gemello” cinese Lui Che Woo, proprietario del Galaxy Entertainment di Macao, è diventato l’uomo più ricco d’Asia. Eppure l’azzardo non piace solo agli happy few che gestiscono il banco: genera tasse, turisti, lavoro, a Singapore come a Manila, ad Aruba nei Caraibi come a Nova Gorica in Slovenia. Il governo di Cipro punta ad autorizzare il primo casinò dell’isola per riprendersi dal crollo finanziario del 2012: 800 milioni di euro di investimento per tremila nuovi posti di lavoro. L’obiettivo: «Il più bel casinò d’Europa, uno dei migliori del mondo». Non sono gli unici ad avere quest’ambizione.

MACAO/CINA
È l’indiscussa capitale mondiale dell’azzardo. Con i suoi 45 miliardi di dollari di puntate vale sette volte Las Vegas, e se non lo sapevate è solo perché a Macao non si va per incontrare lo spirito di Frank Sinatra, esaltarsi di alcol e sposarsi alle cinque del mattino, ma solo per giocare, giocare e giocare. La moneta ufficiale dell’ex colonia portoghese è la pataca, e probabilmente anche questo non aiuta la sua ascesa alle vette dell’immaginario collettivo. Certo, a Macao si sogna poco e il tasso di divertimento deve essere relativo, visto che il turista medio ci resta 1,4 giorni, contro i 3,3 di Las Vegas. Ma i trenta milioni di persone che la visitano ogni anno non amano le distrazioni: puntano al Grand Lisboa, al Galaxy, all’Emperor Palace, e agli altri 32 megatempli dell’azzardo aperti in città.
Ci sono 800 tavoli verdi e tremila slot machine nel solo Venetian Macao - il più grande di tutti e il più grande del mondo -, ma l’oro vero della città è nascosto nei tanti privé dove i miliardari cinesi giocano partendo da un minimo di un milione di dollari a visita. Due terzi del fatturato di Macao è dovuto ai Vip del Dragone che qui vincono, perdono e ripuliscono miliardi di dollari: comprensibile che tra i tycoon e i croupier sul delta del Fiume delle Perle la nuova campagna anticorruzione del leader cinese Xi Jinping non riscuota particolare entusiasmo.

LAS VEGAS/USA
Non ci sono orologi nei casinò di Las Vegas. Eppure il tempo della crisi ha bussato forte anche qui, ingolfando la mitica Strip di macerie reali e finanziarie: nel 2009 il faraonico Fontainebleau Resort fallì prima ancora di inaugurare le sue quattromila camere, mentre le puntate ai tavoli da gioco crollarono del 20 per cento rispetto al picco del 2007. Oggi la mecca dell’azzardo è convalescente e con la recente inaugurazione dell’High Roller, la più alta ruota panoramica del mondo, dimostra di saper ancora fare le cose in grande. A Las Vegas giocano quasi tutti, ma quasi senza volere: solo il 15 per cento dei 40 milioni di turisti dichiara di essere in città per slot e roulette, ma più del 70 per cento ammette di non aver resistito al richiamo dei 42 casinò della Strip Area, e di avere dedicato al tavolo verde almeno tre ore di puntate. Cinque anni dopo quello che sembrava l’inizio del tramonto (nel solo 2009 il re di Las Vegas Sheldon Adelson perse qualcosa come 25 miliardi di dollari), l’Entertainment Capital of the World è tornata a ruggire. Se non ci credete provate a fare un’improvvisata nel week-end: troverete occupate il 91 per cento delle 150mila camere disponibili.

CASINÒ ONLINE
L’ultima frontiera non poteva che essere virtuale. Sono quasi un milione gli italiani che giocano regolarmente nei 410 siti autorizzati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. E con l’accessibilità aumenta anche il rischio dell’uso patologico, altrimenti noto come ludopatia (ne sarebbero inclini oltre 700mila italiani). Ma se da noi i casinò online hanno ormai cinque anni di storia legale alle spalle, in America si comincia appena a sperimentarne gli effetti: nel 2013 Nevada, New Jersey e Delaware sono stati i primi a legalizzare il gioco a distanza, mentre presto dovrebbero seguire anche i colossi California e Texas. Una progressione a macchia di leopardo che segue quella dell’inarrestabile legalizzazione della cannabis. E come per hashish e marijuana, anche in questo caso voglia di libertà e di business procedono appaiate: attualmente il mercato mondiale dei casinò online vale 33 miliardi di dollari, tre dei quali dovuti a scommesse illegali dagli Stati Uniti.