Sergio Rizzo, CorriereEconomia 5/5/2014, 5 maggio 2014
NON TORNANO I CONTI PER LE NOMINE AL BILANCIO
Nulla da dire sui tre componenti dell’ufficio parlamentare di bilancio, che sarà guidato dal presidente Giuseppe Pisauro, direttore della scuola superiore di Economia e finanze, affiancato da Chiara Goretti e Alberto Zanardi. Il comunicato congiunto con il quale le Camere informano che finalmente Laura Boldrini e Pietro Grasso hanno nominato i tre componenti dell’Ufficio parlamentare di bilancio ricorda però con involontaria comicità i tempi antichi e mai rimpianti delle veline di Palazzo. Sentite questo passaggio: «L’eccellente lavoro delle Commissioni di Camera e Senato ha reso molto difficile la scelta ai presidenti».
Ma davvero si può definire «eccellente» quel lavoro che di problemi a Boldrini e Grasso, e qui concordiamo con il comunicato ufficiale, ne ha creati eccome? Per cinque volte le commissioni Bilancio di Montecitorio e Palazzo Madama si sono riunite senza riuscire a designare i dieci nominativi da sottoporre a Boldrini e Grasso. Per cinque volte, fra convocazioni e improvvisi ripensamenti; fra sgambetti, colpi bassi, candidature nate e bruciate nello spazio di qualche ora. Uno spettacolo oggettivamente inguardabile. Aggiungiamo che l’ufficio parlamentare di bilancio, ovvero quella specie di autorità indipendente che deve vigilare sul pareggio di bilancio introdotto nella nostra Costituzione in ossequio al fiscal compact europeo, vede la luce con quattro mesi di ritardo rispetto alla scadenza fissata del primo gennaio 2014.
Ma la colpa di tutto ciò può essere ascritta solo in parte a quanto accaduto nei corridoi di Montecitorio e Palazzo Madama. Il fatto è, come questo giornale aveva sottolineato quando tutto è cominciato, che il meccanismo di nomina previsto dalla legge era semplicemente assurdo. Le commissioni Bilancio di Camera e Senato dovevano votare ciascuna dieci nomi a maggioranza qualificata dei due terzi: gli stessi nomi e con votazioni contemporanee. Dai dieci i presidenti di Camera e Senato ne avrebbero poi scelti tre. Un bizantinismo ideato probabilmente per favorire gli accordi fra i partiti, ma che data l’attuale situazione politica e la composizione del Parlamento ha rischiato di farci fare una figuraccia internazionale: esponendo per giunta rispettabili economisti già fin dall’inizio tagliati fuori dalla competizione agli schizzi di fango della lottizzazione. Non era meglio evitare questo inutile Calvario, con una procedura più semplice e meno ipocrita? Siamo certi che il risultato sarebbe stato altrettanto apprezzabile.