M. Ricci Sargentini, Corriere della Sera 5/5/2014, 5 maggio 2014
E LA FIDANZATA DI CLOONEY DIFENDE LA SPIA DI GHEDDAFI
Dichiararsi una paladina dei diritti umani e decidere di difendere Abdullah Al Senussi, l’ex capo dell’intelligenze militare di Gheddafi, un uomo accusato di torture, massacri e atti di terrorismo, è forse una contraddizione in termini? Assolutamente no per Amal Alamuddin, 36 anni, avvocata con clienti dal nome pesante come l’ex segretario dell’Onu Kofi Annan e Julian Assange, l’uomo simbolo di Wikileaks. La bella inglese d’origine libanese, recentemente finita sulle pagine di tutti i giornali per il suo fidanzamento con George Clooney, ricorrerà alla Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aja contro la decisione di far svolgere in Libia il processo contro Al Senussi. «La Corte ha dato la sua approvazione nonostante il fatto che la Libia non mi autorizzi a vedere Senussi. E questo è un precedente pericoloso» ha detto l’avvocata all’Observer. In effetti da quando, lo scorso mese, sono cominciate le udienze del processo, che vede alla sbarra anche Saif al-Islam Gheddafi, agli imputati non è stato garantito il diritto alla difesa né la visione delle prove a carico. Il figlio del defunto dittatore, tra l’altro, comparirà in tribunale soltanto in videoconferenza perché è ancora nelle mani delle milizie che lo hanno catturato. La stessa Amnesty International ha definito il processo una farsa. Negli uffici londinesi dell’avvocata a Doughty Street i colleghi giurano che le critiche non scalfiranno la determinazione dell’avvocata. Lei ne fa una questione di principio: «Il punto è che la Corte dovrebbe intervenire quando i Paesi non sono in grado di fare il loro lavoro. Invece, in questo caso, permette un processo scorretto e pericoloso». Tutti hanno diritto a una vera difesa anche i criminali più incalliti. Altrimenti il sistema non funziona più.