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 2014  maggio 05 Lunedì calendario

LE TRE CONDIZIONI DEGLI ULTRÀ


Tre le richieste dei capi ultrà del Napoli per garantire lo svolgimento della finale di Coppa Italia tra gli azzurri e la Fiorentina. Il ministro Alfano nega la trattativa. Il premier Renzi: sono rimasto per non lasciare lo stadio ai violenti.
ROMA — Erano tre le richieste fatte dai capi ultrà del Napoli per garantire il «controllo» della curva e dunque il regolare svolgimento della finale di coppa Italia. E i responsabili della sicurezza hanno accettato che i dirigenti della società e il capitano Marek Hamsik fornissero le rassicurazioni, tenendo però fermo un punto: si gioca in ogni caso, non ci sarà alcuna sospensione della partita. L’ordine della questura era perentorio e adesso è il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro a ribadirlo: «Una sospensione non è mai stata ipotizzata. E i motivi fondamentali sono due. Il primo riguarda la sicurezza dei 60 mila spettatori, il secondo attiene al rispetto dei diritti della maggioranza. Non avremmo potuto consentire che un manipolo di violenti prendesse il sopravvento».
Gli interrogativi degli ultrà
Il momento di massima tensione arriva verso le 20.15 quando si rincorrono le notizie su quanto è accaduto fuori dall’Olimpico. Il questore Massimo Mazza ha già dato disposizione di limitare al massimo le informazioni sulla sparatoria avvenuta un paio d’ore prima, consapevole che l’episodio può essere il detonatore per scontri all’interno dello stadio. Ma le indiscrezioni corrono e dalla tifoseria azzurra arriva la richiesta di conoscere esattamente la situazione. Gli interrogativi sono tre: ci sono morti tra i tifosi? Ci sono stati incidenti tra napoletani e fiorentini? Ci sono stati scontri con la polizia che hanno causato feriti?
A portare le istanze al comandante provinciale dei carabinieri Salvatore Luongo che si trova nello stadio è un dirigente della società, stretto collaboratore del presidente Aurelio De Laurentiis. Viene informato il prefetto Pecoraro e i due dirigenti delle forze dell’ordine si chiudono nell’anticamera della saletta autorità in una riunione improvvisata alla quale partecipa, oltre al presidente De Laurentiis, anche un rappresentate della Fiorentina delegato da Andrea Della Valle.
I rischi di incidenti sugli spalti
Mentre viene consultato il questore, i responsabili della Digos tengono sotto controllo un conciliabolo tra i «capi» delle due tifoserie. Sono i napoletani ad averlo sollecitato e i fiorentini non hanno avuto nulla in contrario. Anche perché loro stessi non possiedono informazioni precise sulla situazione all’esterno. Alla fine lasciano la responsabilità della scelta finale agli «azzurri» perché — specificano — «siete voi che avete i feriti». I napoletani comunicano subito le proprie decisioni: non ci saranno cori e non saranno esposti striscioni, anche se poi la vittoria darà comunque il via ai festeggiamenti. Nessuno tra i tifosi fa minacce esplicite, ma la situazione è tale da rendere ben comprensibile quale sia il pericolo. La possibilità di un’invasione di campo viene esclusa, tenuto conto del numero di uomini in divisa e in borghese che sono schierati all’interno dell’Olimpico e dei rinforzi che possono arrivare da fuori. Senza concedere le rassicurazioni richieste si corre però il rischio che i napoletani ricomincino il lancio di petardi e bombe carta non soltanto in campo, ma anche sugli spalti.
Il riscaldamento dei giocatori
Sono quasi le 9 quando il questore illustra la situazione e ribadisce la necessità di giocare. Del resto il regolamento parla chiaro: la sospensione dell’incontro può essere decisa soltanto per gravi motivi di ordine pubblico. E i responsabili della sicurezza sanno che una dichiarazione di questo genere potrebbe incendiare il clima con conseguenze imprevedibili.
Le squadre — che sono entrate in ritardo all’Olimpico a causa degli incidenti con la polizia in tutta la zona intorno allo stadio — chiedono di poter avere più tempo per il riscaldamento. Anche in questo caso si consultano i vertici delle società, ma soprattutto il responsabile della Lega Maurizio Beretta. Non ci sono controindicazioni. Anzi, mezz’ora in più può diventare preziosa per cercare di raffreddare gli animi, per domare le intemperanze di chi dagli spalti continua a lanciare oggetti facendo capire che l’offensiva può diventare ben più seria. Si stabilisce di fornire le rassicurazioni richieste.
La scorta per Hamsik
È il momento più brutto della serata, il filmato trasmesso in televisione fa il giro del mondo e si trasforma nella rappresentazione della vergogna. Perché quando si decide di consentire ad Hamsik di informare la propria tifoseria di quanto è accaduto fuori, si stabilisce anche che il giocatore sarà accompagnato da alcuni dirigenti e da alcuni poliziotti. Dovrebbe essere una garanzia che tutto vada per il meglio, diventa l’immagine dello Stato che si piega ai violenti.
Il capitano guida la delegazione e dietro ha una decina di persone. Si avvicina alla curva, si rivolge all’uomo pelato a cavalcioni di una ringhiera che indossa una maglia di oltraggio all’ispettore Filippo Raciti. Gennaro De Tommaso, Jenny ‘a carogna, ascolta le spiegazioni poi si volta verso la curva con il pollice alzato. «Si gioca», grida. Alle 21.45 l’arbitro fischia l’inizio dell’incontro.