Sergio Romano, Corriere della Sera 3/5/2014, 3 maggio 2014
L’OPERAZIONE MARE NOSTRUM QUANDO NON SI PUÒ ATTENDERE
Non sono d’accordo con lei sulla questione della immigrazione, occasione in cui si dimostra politicamente corretto. Chi emigra è fortunato, considerando le centinaia di migliaia di migranti che non possono farlo per mancanza di denaro. Favoriamo viaggi pericolosissimi finanziando gli scafisti. Il costo di tutto ciò lo pagano gli italiani con le tasse. Bisognerebbe prima aiutare i nostri connazionali disoccupati. « Charity begins at home», la carità comincia a casa nostra . Visto che le piace l’operazione Mare Nostrum, perché non andare a prenderli in Africa o in Siria e chiamare l’operazione, prendendo in prestito un titolo da Karen Blixen, «La nostra Africa»? Sono certo che non pubblicherà la mia lettera.
Franco Fanelli
Il porto de La Valletta (Malta), ben riparato dalle forti burrasche,
potrebbe essere un punto d’arrivo ideale per gli infelici migranti
provenienti da Sud. Perché non realizzare anche là, analogamente
a quanto è stato fatto per Lampedusa, un funzionale centro d’accoglienza ?
Carlo Radollovich
Cari lettori,
La lettera di Franco Fanelli non è il solo rimbrotto ricevuto in questi giorni per la breve risposta in cui mi dicevo orgoglioso del modo in cui la Marina sta conducendo l’operazione Mare Nostrum. Proverò a spiegarmi meglio.
L’immigrazione extracomunitaria, come fu definita in Italia, cominciò verso la fine degli anni Sessanta soprattutto in Inghilterra e Francia. Creò malumori fra cui, nell’aprile 1969, un discorso del deputato conservatore britannico Enoch Powell che profetizzò un fiume di sangue. Ma gli immigrati trovavano rapidamente occupazione ed erano utili a Paesi dove il mercato nazionale del lavoro era diventato, grazie alle previdenze dello Stato assistenziale, sempre più costoso. In Italia e, particolarmente, nel Veneto constatammo l’esistenza di una contraddizione fra il malessere di una parte dell’opinione pubblica e la politica degli industriali. La Lega era contraria all’immigrazione, ma i suoi maggiori elettori ne avevano bisogno. Questa contraddizione produsse risultati paradossali. Quando il governo Berlusconi, fece approvare dal Parlamento norme più restrittive (la legge Bossi-Fini del 2002), il numero dei clandestini legalizzati (700.000) dimostrò che il governo stava restituendo con una mano ciò che aveva tolto con l’altra.
La modestia della crescita e la crisi del credito, importata dagli Stati Uniti nel 2008, hanno avuto l’effetto di accentuare ulteriormente l’ostilità di alcune zone del Paese. La risposta del governo italiano, come quella di altri membri dell’Unione Europea, è stata di negoziare accordi con i Paesi dell’Africa del Nord per indurli a stroncare il traffico clandestino e a controllare meglio le loro frontiere. Quello firmato da Berlusconi con la Libia di Gheddafi è stato criticato sotto il profilo umanitario, ma ha diminuito considerevolmente il numero degli immigrati clandestini. La situazione è cambiata drammaticamente, tuttavia, dopo le rivolte arabe del 2011. Qualche governo nordafricano aveva interesse a chiudere gli occhi, altri non erano più in grado di controllare il loro territorio. Il problema più grave è quello creato dalla Libia dove, dopo la morte di Gheddafi, non esiste più una catena di comando e il governo sopravvive in condizioni di semi-anarchia. Nonostante la brutalità e l’ingordigia degli scafisti, il Paese è diventato così la meta preferita per l’ondata crescente dei migranti provenienti dall’Africa a sud del Sahara.
Che cosa poteva fare l’Italia in queste circostanze? Poteva assistere indifferente a nuovi drammi umani come quello di Lampedusa nell’ottobre dell’anno scorso? A una situazione di emergenza ha reagito con provvedimenti di emergenza. Naturalmente l’operazione di salvataggio non è indefinitamente sostenibile e il vaso dei centri di raccolta è colmo. La vera risposta può essere soltanto europea. Fra le soluzioni possibili quella proposta da Radollovich mi sembra particolarmente ragionevole. Ma il centro maltese, se mai verrà creato, dovrà essere europeo, con mezzi finanziari, strutture e personale assicurati dall’Unione.
Ancora una osservazione, caro Fanelli. La Marina italiana non si limita a salvare i clandestini: arresta gli scafisti. Anche questo è un modo per combattere il fenomeno dell’immigrazione clandestina.