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 2014  maggio 03 Sabato calendario

LE INDAGINI, I TESTIMONI LA BATTAGLIA SUL PROCESSO DEL DIPLOMATICO ITALIANO


ROMA — Ha mobilitato parenti, amici, associazioni benefiche per cercare di dimostrare di «essere innocente». E ha tentato di ottenere ascolto anche alla Farnesina. Ma la posizione del Ministero degli Esteri è ferma: rispetto delle decisioni dei giudici locali. E dunque la sorte di Daniele Bosio, l’ambasciatore del Turkmenistan arrestato il 5 aprile scorso a Binyan nelle Filippine con l’accusa di violazione della legge che tutela i minori e poi sospeso dall’incarico, resta legata al provvedimento che sarà preso nei prossimi giorni dal presidente della Corte. Il nodo da sciogliere rimane al momento legato alla sede processuale. Soltanto dopo aver risolto questo problema si arriverà alla formalizzazione delle accuse e all’eventuale rinvio a giudizio.
I tempi non saranno brevi. Finora ci sono state due udienze e all’ultima, il 30 aprile scorso, Lily Flordelis, 56 anni, responsabile dell’organizzazione «Bahay Tuluyan Foundation» che si occupa di tutela dell’infanzia, ha depositato un’istanza per far trasferire l’inchiesta a Manila. Motivo: pressioni forti esercitate sui giudici e sui testimoni. Fu proprio lei, insieme alla vicedirettrice della Ong, a presentare denuncia contro Bosio dopo averlo sorpreso in una piscina del resort «Splash Island» con tre bambini di 9, 10 e 12 anni. E adesso chiede al ministro della Giustizia di voler «tutelare» la genuinità del processo. In una lettera trasmessa il 12 aprile ha affermato: «Ci sono le basi per credere che ci sia parzialità di giudizio da parte del Procuratore Capo Agripino Baybay III, ragioni che non possono essere svelate qui per ragioni di sicurezza» facendo poi riferimento a «pressioni esercitate anche dal pool di legali». Un’accusa respinta dall’avvocato italiano Elisabetta Busuito che per questo aveva chiesto alla Farnesina di intervenire.
La prima fase d’indagine è conclusa. La polizia ha interrogato le due donne dell’associazione e i tre minori. I verbali dei bimbi sono stati pubblicati qualche giorno fa sul blog del giornalista Pio D’Emilia. Hanno confermato di essere stati avvicinati dal diplomatico «mentre facevamo l’elemosina e ci ha chiesto se volevamo divertirci un po’» e di essere stati portati «prima da McDonald’s a mangiare e poi nella sua casa perché eravamo sporchi... Ci ha detto di fare una doccia perché eravamo troppo sporchi per andare in giro. Ci ha aiutato a lavarci».
Bosio ha sempre giurato di essere «innocente», attraverso familiari e difensori continua a ripetere di aver sempre fatto «il bene dei bambini come testimoniano centinaia di persone che porterò davanti al giudice quando mi sarà concessa la possibilità di difendermi». E secondo l’avvocato Busuito «la prova che non c’è stato alcun abuso è la testimonianza degli stessi bambini quando hanno negato di aver subito violenza».
In realtà la legge filippina punisce chiunque si accompagni a minori e tra le contestazioni che hanno portato all’arresto dell’ambasciatore c’è anche quella di non aver chiesto alcun permesso ai genitori per portare via i bambini. Anche perché i giudici filippini non hanno ritenuto convincente la giustificazione di Bosio sulla sua volontà di «far divertire i bambini portandoli al parco».
A poche ore dalla cattura Bosio era stato liberato, sia pur con l’obbligo di rimanere a Binyan. Provvedimento revocato il giorno dopo, quando è stato trasferito nel carcere locale. L’avvocato conferma che si trova «in una cella da 30 metri quadri con altre 80 persone, dove non ci sono letti né servizi igienici sufficienti». «Non ci sarà alcun trattamento di favore», aveva assicurato il capo della polizia. E adesso si attende la decisione del giudice sulla sede processuale.