Dagospia 27/4/2014, 27 aprile 2014
1. QUEL PATTO FRA ULTRÀ DAVANTI ALLA DIGOS
Guglielmo Buccheri per ‘La Stampa’
C’è stato un punto di svolta nella notte degli spari sul calcio. Sono le 21 e 15, dieci agenti della Digos sfilano dentro la pancia dello stadio Olimpico fino all’area ospitalità nascondendo due ultrà della Fiorentina: il passo è veloce, l’atmosfera tesa, molto tesa perché la finale di Coppa Italia fra il Napoli e il club della famiglia Della Valle è appesa a un filo.
RENZI E MALAGO’RENZI E MALAGO’GENNY ’A CAROGNAGENNY ’A CAROGNA
Chi devono incontrare i capi del popolo viola? Ad aspettarli c’è «Gennaro ‘a carogna», pochi minuti prima seduto sulla balconata che divide la curva napoletana dal prato dello stadio. «Noi non tifiamo. E voi?», la domanda agli avversari fiorentini. «Anche noi resteremo in silenzio», la risposta di chi guida la curva della Fiorentina.
RENZI TIFOSO VIOLA ALLO STADIORENZI TIFOSO VIOLA ALLO STADIO
La trattativa è veloce. Pochi i protagonisti, ma decisi. Il capo-ultrà partenopeo aveva chiesto e ottenuto il colloquio con il capitano Marek Hamsik e ora il secondo tempo della partita più surreale del nostro calcio deve tradursi in un faccia a faccia fra capi popolo. La Digos ascolta, lo Stato è presente. «Gennaro ‘a carogna» detta la sua agenda.
Come sta il tifoso ferito? È sotto i ferri o c’è dell’altro? E voi viola rispetterete il silenzio? Tre interrogativi, tre risposte che vanno nella direzione cercata dalla curva partenopea. E la sfida può cominciare.
GENNY ’A CAROGNAGENNY ’A CAROGNA
Dentro i settori del tifo più acceso, però, qualcosa non torna. Non tutti sono d’accordo nel tapparsi la bocca una volta che il pallone prenderà le sue direzioni in campo. E allora? «Ci hanno tirato i bomboni per invitarci a stare zitti. Loro in basso, noi più in alto», racconta Pasquale.
Sono quasi ventimila nel settore Nord dello stadio Olimpico. Ventimila e divisi fra oltranzisti e chi vorrebbe gridare forza Napoli e basta. «Ci chiedevamo cosa sarebbe potuto accadere se ci avessero aperto i cancelli. E se i romanisti si erano radunati là fuori? Lo scontro sarebbe stato inevitabile...», così Ciro, calmo e appassionato tifoso. Ma, là dentro, nella parte calda della curva, «in molti parlavano di organizzarsi per andare a Catania dove avrebbe giocato la Roma in campionato.
RENZI CANTA L’INNO DI MAMELIRENZI CANTA L’INNO DI MAMELI
Gli ultras del Napoli e quelli etnei sono gemellati, l’occasione era ghiotta», riprende il filo del discorso Pasquale. Trattativa breve e riuscita, dunque. A Catania, ieri, non sono arrivati cento tifosi della Roma perché il treno sbarcato in Sicilia si è presentato vuoto. «C’era il rischio di agguati passando da Napoli», fa sapere un investigatore.
Passare da Napoli, oggi, per i giallorossi è come una dichiarazione di guerra che merita vendetta per la sorte dell’ultras in lotta con la vita. «La finale di Coppa Italia all’Olimpico è stato il nostro fiore all’occhiello in questi anni, guardate come è andata Lazio-Roma dell’anno scorso. Ora si rischia di aver rovinato tutto», una voce dal Viminale.
E, l’Olimpico, adesso potrebbe diventare stadio vietato proprio per le finali. A cominciare da Juventus-Napoli del prossimo agosto per la Supercoppa Italiana.
TardelliTardelliRENZI TIFOSO VIOLA ALLO STADIORENZI TIFOSO VIOLA ALLO STADIO
2. MARCO TARDELLI: "CHE PENA QUEI POLITICI RIMASTI IN TRIBUNA"
Malcom Pagani per ‘Il Fatto Quotidiano’
A un passo dai 60 anni, a Marco Tardelli sono rimaste più domande che risposte: "Ai politici in tribuna vorrei chiedere: ma quando avete visto parlare Hamsik con quel tipo appollaiato sulla curva, non avete pensato di scendere in campo o andar definitivamente fuori dai coglioni? Via dallo stadio, da un posto ormai irrimediabilmente trasformato in arena, in cui si chiedeva il permesso per giocare a un capo ultrà e in cui si fischiava ripetutamente l’inno nazionale?".
Con la solita chiarezza espositiva, l’uomo che emozionò Pertini a Madrid e vide da testimone oculare la notte dell’Heysel, osserva lo sport di un’esistenza intera morire a poco a poco: "E basta di dire che va tutto bene e che quello che è accaduto l’altra sera non ha nulla a che vedere con il calcio. La dinamica della sparatoria non è chiara e forse l’episodio è un regolamento di conti, ma è evidente che sono storie che nascono ai margini di un mondo che va completamente riformato.
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Ci vogliono leggi durissime. Io sono in Inghilterra, a Londra. Qui hanno sconfitto gli hooligans. Ieri sera parlavano degli italiani e ci dicevano ‘animali’. Non riuscivo a dargli torto. Dentro e fuori dall’Olimpico c’erano gli animali. E con gli animali selvatici non si è gentili. Non si tratta. Ci si difende".
È indignato?
Disgustato. Se mi passa il paragone, in Italia non si è trattato neanche con le Brigate Rosse. Come si possa scendere a patti con i capi della curva mi rimane incomprensibile.
Le autorità negano.
Le autorità sanno perfettamente il tessuto sociale che è alla base di chi orchestra il gioco e detta le regole. Sanno cosa succede nelle curve. Vadano a prenderli. Liberino il calcio.
Come diceva Capello è prigioniero degli ultrà?
Di un universo in cui il presidente di una delle più importanti società italiane permette al suo capitano, Hamsik, di andare a parlare con un ceffo che ha una maglietta che incita all’assassino di un poliziotto. Ma le sembra possibile? Ma De Laurentiis non ha niente da dire in merito? La verità è che in Italia nessuno fa niente. Non si muove una foglia. La politica prende le distanze, passano due ore e si ricomincia sempre da capo.
In tribuna c’era molta politica.
Mi pare che il Presidente del Senato, Grasso, non abbia detto cose eclatanti né fatto la scelta giusta. Di fronte a quello scempio avrebbe dovuto andarsene immediatamente e si è mostrato debole. Scrivere che si sarebbe voluto essere altrove su un social network non equivale a lasciare la propria poltrona. Il teatro per marcare le distanze e dare l’esempio c’era. È mancato il coraggio.
Manca sempre?
Sempre. Anni di ragionamenti sulla violenza negli stadi e poi siamo sempre a chiederci come fanno i petardi a superare i controlli. Sabato a Roma c’era un’atmosfera tremenda, un’insopportabile aria di ricatto. Ecco, il pallone è ricattato da persone che hanno interessi economici radicati. Bisogna iniziare a colpire quelli, togliere ai teppisti la base d’approvigionamento, reagire con l’esclusione alla radice. Altrimenti non se ne esce.
Succederà qualcosa?
Mi piacerebbe, ma ne dubito. Lega e Federazione hanno le loro colpe, ma la responsabilità principale è della politica. Ogni domenica, dalle serie minori alla serie A si spendono milioni per controllare l’ordine pubblico. Forse è ora di ripensare al sistema in toto. Stabilire la sanzione e ristabilire il concetto di condanna. Se non è troppo tardi o troppo ingenuo credere possa accadere davvero.