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 2014  maggio 04 Domenica calendario

I NODI DA SCIOGLIERE DELLA FIAT AMERICANA

La coincidenza è curiosa. Il prossimo 6 maggio a De­troit Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fca, acronimo di Fiat Chysler Auto­mobiles, nuovo marchio che ha sop­piantato il vecchio Fiat (Fabbrica I­taliana Automobili Torino) spie­gherà il futuro piano industriale del gruppo. Dallo stesso giorno in Italia saranno disponibili gli incentivi fi­scali per chi compra un’auto ecolo­gica. La dote stanziata dal governo Renzi è di circa 60 milioni di euro e ne beneficerà, in proporzione, anche Fca che produce quattroruote ’verdi’. Una ’mancetta’ per il gruppo mu­nificato da tutti i governi, nessuno e­scluso, con fondi per la cassa inte­grazione e incentivi a pioggia.
Ma ora si volta pagina. Anche perché l’azienda è tutto, ormai, fuorché ita­liana. L’ultimo atto tricolore, infatti, si è con­sumato alla fi­ne di marzo scorso quando a Torino si è svolta l’ultima assemblea di bilancio. La nuova sede legale di Fca è stata spo­stata in Olanda, quella fiscale in Gran Bretagna, prima dell’estate sarà varata la fusione tra Fiat e Chrysler e probabilmente in ottobre il nuovo gruppo debutterà sul listino ameri­cano di Wall Street, lasciando a Piaz­za Affari una quotazione simbolica. Perché si è arrivati a questo? La crisi del mercato europeo dell’auto, rifles­so della crisi economica, da anni ha colpito le grandi case continentali di una malattia che rischiava di farle scomparire: la sovracapacità pro­duttiva. Dai loro stabilimenti, cioé, u­scivano più automobili di quante il mercato ne richiedeva. Marchionne è stato abile ad approfittare dell’al­tra crisi di uno storico marchio a­mericano, Chrysler. Sotto il primo mandato di Barack Obama si è pro­posto, pur es­sendo uno dei più acciaccati produttori eu­ropei, come salvatore della Chrysler.
Con fondi pubblici e l’appoggio del sindacato dell’azienda Usa, coinvol­to nell’azionariato, Marchionne ha vinto la scommessa e ha salvato in­sieme Fiat – almeno per ora – e cer­tamente Chrysler unendo i loro de­stini e le piattaforme di produzione di quasi tutti i modelli dei due mar­chi. Entro il 2018 Fca, che oggi pro­duce 4,5 milioni di vetture all’anno, ne farà 6 milioni. È la soglia minima della sopravvivenza secondo Mar­chionne, comunque ancora lonta­nissima dai 10 milioni di Toyota, pri­mo produttore mondiale.
Quest’anno Fiat festeggia i 115 anni e Chrysler compirà 90 anni il prossi­mo. Ma la festa di compleanno del­le due aziende che unite fanno oltre due secoli di storia sarà tutta al di là dell’Oceano. In Italia resteranno quattro stabilimenti, dove si produr­ranno suv e auto di lusso: sono im­pianti in perdita cronica mentre quelli di Chrysler macinano utili. Un po’ poco, anche per partecipare da lontani spettatori ai festeggiamenti. E dopo il nuovo piano di Marchion­ne, che due anni fa ha tolto la polpa delle macchine agricole del gruppo (Cnh) consegnandola alla Exor di Elkann, c’è da temere che per ciò che rimane di Fiat nel nostro Paese il peg­gio in termini occupazionali possa ancora arrivare. Perché mai un grup­po straniero dovrebbe tenere aperti stabilimenti che perdono?