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 2014  maggio 05 Lunedì calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 5 MAGGIO 2014

E se la crisi ucraina si trasformasse in uno conflitto mondiale con Putin da una parte e Obama e la Nato dall’altra? «Russi e ucraini, e con loro un’Europa attonita, sono a un passo da una catastrofe continentale. Dopo aver ignorato gli accordi di Ginevra, ammassato truppe alle frontiere e armato i ribelli di lingua russa, Putin accusa gli altri di aver violato i patti e voler invadere la Russia. Come Hitler nel 1939 con i polacchi. Hitler aveva con sé un popolo che lo avrebbe seguito fino al disastro finale: anche Putin ha l’appoggio incondizionato di quasi tutti i russi, ugualmente convinti di avere dei crediti con la Storia» (Ugo Trmballi) [1].

Sul dossier Ucraina il generale Gherasimov, capo di stato maggiore russo, ha scritto una sola parola: «povtarit», ovvero ripetere. «Ai suoi specialisti della pianificazione non occorrono spiegazioni. Nel caso ucraino va applicata la strategia adottata con successo nel 2008 quando con una forza ridotta ma molto compatta e motivata venne frantumata la velleitaria offensiva della Georgia per riconquistare il territorio secessionista dell’Ossezia del Sud. Secondo gli strateghi di Mosca lo schema starebbe per ripetersi nelle regioni filorusse dell’Ucraina Orientale dopo la riuscita prova generale andata in scena in Crimea» (Sergio Canciani) [2].

La differenza con la Georgia è che questa volta il conflitto potrebbe estendersi se la Nato decidesse di intervenire in modo deciso. La domanda è se l’Alleanza sarebbe in grado di fermare Putin. Il Wall Street Journal: «I tagli ai bilanci hanno reso più difficile la possibilità di adempiere ai compiti più importanti della Nato. Oggi abbiamo sul campo forze che non sono pronte, né addestrate, né sufficientemente armate» [3].

Negli ultimi dieci anni, Vladimir Putin ha aumentato del 79% le spese militari della Russia. Nello stesso periodo i 28 Paesi Nato hanno tagliato di molto i loro bilanci sugli armamenti. I militari dell’Alleanza oggi sono 1.450.000 (nel 2006 erano 1.940.000), quelli russi 1.245.000 [4].

Paolo Garimberti: «L’esercito russo, nonostante l’aumento massiccio delle spese per la difesa, risente delle disfunzionalità dell’Armata Rossa accumulate negli anni dell’agonia dell’Unione Sovietica. Manca di flessibilità, è ancora basato sul vecchio modello della preminenza di carri armati (ben 2.550) e fanteria meccanizzata (7.360 unità) e su una leva molto macchinosa. Le operazioni di intervento rapido sono impraticabili e quelle di un’invasione massiccia ancora più complesse» [5].

Dall’altra parte ci sono le truppe statunitensi. «Per cosa combatterebbe l’America?» titola in copertina l’ultimo numero dell’Economist. Il settimanale britannico analizza la fine della superpotenza e della sua capacità di fare da deterrente nelle crisi come risultato di passi falsi legati all’amministrazione Obama: dal tiepido sostegno Usa all’intervento in Libia e Mali al dietrofront sulla Siria, alle sanzioni «senza entusiasmo» contro Mosca per Kiev [6].

Gli Stati Uniti sono ancora la prima potenza militare al mondo, con 2.825.000 soldati, 1.600 navi, 22.700 aerei e, fattore fondamentale, sono l’esercito più addestrato, tecnicamente più forte e tecnologicamente più all’avanguardia [7].

Oggi gli Stati Uniti hanno 66.000 soldati in Europa, un quinto rispetto ai tempi della guerra fredda [8].

La seconda potenza militare al mondo è la Cina, con 2.2250 mila soldati, 760 navi, 2.400 aerei. Fabrizio Dragosei: «Ma entro il 2015 la sua spesa militare supererà quella di Gran Bretagna, Francia e Germania messe assieme (159,6 miliardi di dollari). Pechino sta modernizzando tutto il suo arsenale e questo, naturalmente, causa apprensione fra i suoi vicini a Est e ad Ovest» [9].

Classifica delle spese militari nel 2013: al primo posto ancora gli Usa con 582 miliardi di dollari davanti a Cina (112), Russia (68), Arabia Saudita seguiti da Regno Unito, Francia (57), Giappone (51), Germania (44) e India (36). L’Italia si classifica al 13° posto con 25 miliardi di dollari [4].

Guardando in Europa, la Francia ha 225mila soldati (e 1.100 aerei), l’Inghilterra 170mila uomini (e 2.700 aeroplani), la Germania 250mila unità. Le Forze armate italiane sono composte da 305.000 effettivi (108.000 nell’Esercito, 35.000 nella Marina, 43.000 nell’aeronautica, 118.000 nei carabinieri) [3].
Paesi in possesso di armi nucleari: Stati Uniti, Cina, Russia, Francia, Gran Bretagna (aderenti al Trattato di non proliferazione nucleare), India Pakistan e Corea del Nord (non aderenti al Trattato di non proliferazione). C’è poi Israele che non ha mai voluto fornire alcuna informazione sul proprio arsenale, ma secondo molti esperti sarebbe in possesso di almeno 400 armi termonucleari. Infine c’è l’Iran che sta portando avanti da tempo un programma nucleare ufficialmente per uso energetico ma secondo il Consiglio dell’Onu per scopi militari.

Nel suo ultimo saggio La guerra spiegata a... il generale Fabio Mini ricorda che gli Stati Uniti hanno 7.200 testate nucleari strategiche per armare 2.000 missili intercontinentali, 3.450 missili da sommergibile e 1.750 bombardieri. Sono ancora in grado di colpire migliaia di obiettivi pianificati in Russia, e centinaia in Cina, Iran e Corea del Nord. Contro la Russia sono pianificati attacchi strategici su 1.100 obiettivi d’installazioni nucleari, 500 obiettivi militari convenzionali, 500 industrie belliche e 160 posti di comando. Mini: «Numeri irrisori rispetto a quelli della Guerra Fredda, eppure più che sufficienti a ottenere l’identico effetto: la distruzione del pianeta» [10].

La scorsa settimana The New Yorker ironizzava sull’isolamento della Russia in questa crisi: «Il presidente Vladimir Putin ha fatto la storia, oggi, organizzando il primo vertice del gruppo di nazioni chiamato G1». In realtà Putin può contare su pochi ma potenti alleati. La Siria (); Il Venezuela (); l’Iran ().

C’è poi la Cina. Il ministro degli Esteri Wang Yi ha da poco detto che “il rapporto Cina-Russia è nel migliore momento della storia”. A luglio i due Paesi avevano condotto assieme una serie di esercizi militari. In più, Pechino ha sorpassato la Germania nell’acquisto di petrolio russo. Ma la secessione della Crimea dall’Ucraina sfida la decisione della Cina di non immischiarsi negli affari interni di altri Paesi. Se la Cina si pronunciasse esplicitamente, Tibet, Xianjiang o Taiwan – territori che vogliono l’indipendenza – avanzare nuove pretese[12].

Attualmente i conflitti armati nel mondo sono una ventina, sessanta gli Stati coinvolti con l’impiego di truppe, eserciti o milizie militari (dati warsintheworld.com)

Un assaggio dei giochi di guerra e delle grandi manovre che potrebbero accadere nei prossimi giorni si è avuto tre settimane fa, quando un caccia russo Su-24 ha sorvolato minacciosamente una cacciatorpediniera lanciamissili della U. S. Navy, la U.S.S. Donald Cook che incrocia nelle acque extra-territoriali del Mar Nero al largo della Crimea. La Donald Cook è stata inviata da Obama nel Mar Nero come avanguardia di una presenza navale destinata a crescere [8].

Allo stesso tempo, da marzo un rimorchiatore russo, il Nikolay Chiker, naviga lungo le coste della Florida. Guido Olimpio: «Le teorie sul Nikolay Chiker sono molte. La più ovvia: si tratta di una missione di spionaggio. Altri esperti ipotizzano un appuntamento con un sottomarino nucleare russo. Oppure l’incontro con la nave spia Viktor Leonov, da tempo nella regione. Infine, c’è la sorveglianza del centro di Cape Canaveral» [13].

Ora, di fronte un eventuale conflitto, l’Occidente sembra diviso. Tramballi: «Dall’interventismo militare repubblicano, di parte del Pentagono e dei Paesi europei più vicini alla frontiera russa; all’uso muscoloso delle sole armi di dissuasione economica, di Barack Obama; al completo neutralismo tedesco, perfino economico, istigato dalla sua lobby imprenditoriale» [1].

Per le truppe terrestri, la Nato ha una forza di pronto intervento che include reparti di terra, navi e aerei. La Nato Response Force può arrivare a 25.000 uomini di cui 9.500 immediatamente pronti. Sarebbe la prima risposta a Putin [8].

Sul versante della guerra elettronica, la Nato si è già mossa. Gli Awacs, aerei da spionaggio, stanno presidiando i cieli sopra la Romania, la Polonia e i paesi baltici. Federico Rampini: «Il comandante supremo della Nato in Europa, generale Philip Breedlove, ha ammesso che saranno le forze di fanteria a fare la differenza: “La parte più dura riguarda le truppe di terra”. Non esclude di spostare nientemeno che un’intera brigata da combattimento di 4.500 uomini dalla caserma di Fort Hood nel Texas, un gesto che invertirebbe la tendenza al disimpegno Usa dopo la caduta del Muro di Berlino» [8].

Note: [1] Ugo Tramballi, Il Sole 24 Ore 3/5; [2] Sergio Canciani, Il Messaggero 3/5; [3] Luigi Offeddu, Corriere della Sera 28/3; [4] Gianandrea Gaiani, Il Sole 24 Ore 7/2; [5] Paolo Garimberti, la Repubblica 3/5; [7] Guido Olimpio, Corriere della Sera 28/4; [8] Federico Rampini, la Repubblica 15/4; [9] Fabrizio Dragosei, Corriere della Sera 6/2; [10] Fabio Mini, La guerra spiega a… Einaudi, 2013; [12] Rossana Miranda, Formiche 27/3; [13] Guido Olimpio, Corriere della Sera 17/4.