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 2014  maggio 03 Sabato calendario

RIPARTIRE DA GINEVRA PER EVITARE IL BARATRO

Per quanto molti siano stati gli atti di follia, solo un resto di senso di responsabilità collettiva ha impedito fino ad ora l’esplosione di una guerra vera. Ma tutto sembra scivolare in quella direzione. Russi e ucraini, e con loro un’Europa attonita, sono a un passo da una catastrofe continentale. Non c’è un altro modo per chiamarla.
Spinti da un’opinione pubblica sempre più nazionalista, le forze armate ucraine tenute insieme con lo spago, hanno avviato un’operazione che loro chiamano "antiterrorismo" ma che sarebbe più corretto definirla suicida. Dopo aver ignorato gli accordi di Ginevra, ammassato truppe alle frontiere e armato i ribelli di lingua russa, Vladimir Putin accusa gli altri di aver violato Ginevra e voler invadere la Russia. Come Hitler nel 1939 con i polacchi, prima di attaccarli. Hitler aveva con sé un popolo che lo avrebbe seguito fino al disastro finale: anche Putin ha l’appoggio incondizionato e fedele di quasi tutti i russi, ugualmente convinti di avere dei crediti con la Storia.
Davanti a una sfida che non si aspettava, l’Occidente è clamorosamente diviso: dall’interventismo militare repubblicano, di parte del Pentagono e dei Paesi europei più vicini alla frontiera russa; all’uso muscoloso delle sole armi di dissuasione economica, di Barack Obama; al completo neutralismo tedesco, perfino economico, istigato dalla sua lobby imprenditoriale. Tutto questo ha probabilmente convinto Putin di poter andare molto avanti senza incontrare alcuna resistenza avversaria.
Questo al momento è il quadro ucraino. Il ritorno al Consiglio di sicurezza Onu, invocato ieri dalla Russia, avrà l’effetto di sempre: vi ricorre di solito chi vuole guadagnare tempo, non chi cerca una soluzione. Ma un’alternativa a questa marcia apparentemente inesorabile verso il baratro, va cercata. Come in altri negoziati ancora pendenti (israeliani e palestinesi, nucleare iraniano, Siria, Cina-Giappone, le due Coree) la strada verso la soluzione è stata tracciata. Il problema è seguirla, avere leadership creative e sufficientemente forti che la percorrano.
Nel caso ucraino il tracciato resta quello sottinteso a Ginevra. Oltre ai gesti pratici immediati che avrebbero dovuto essere compiuti sul campo - e che non sono stati fatti - la filosofia dell’accordo del 17 aprile era il riconoscimento dell’unicità di quel Paese. L’Ucraina ha effettivamente una cospicua minoranza russa concentrata in alcune aree del Paese; russi e ucraini hanno una storia comune millenaria. È comprensibile dunque che l’Ucraina non possa essere uno Stato unitario ma federale, come Ginevra aveva indicato. È anche possibile che l’Ucraina resti per un periodo di assestamento ai margini fra il blocco Nato-Ue e la Russia, rimanendo fuori dalle alleanze. Se fosse stabilito un meccanismo politico concordato e dai tempi più lunghi, si potrebbe anche pensare a una lenta separazione, simile a quella pacifica fra cechi e slovacchi. Tutto è possibile con la diplomazia, se solo Putin evitasse di fingere di sentirsi aggredito per aggredire, come altri hanno fatto prima di lui nella storia d’Europa.