Aldo Grasso, Corriere della Sera 3/5/2014, 3 maggio 2014
IL CONCERTONE È ORMAI UN MIX DI PARADOSSI
Il concertone del Primo Maggio a Roma, in San Giovanni in Laterano, è uno strano mix di paradossi e di luoghi comuni. Come dicono tutti, è ormai la festa del non lavoro, del precariato, della disoccupazione; persino la società che organizza l’evento pare abbia avuto difficoltà a pagare alcuni fornitori e visto che i promotori sono i sindacati confederali la contraddizione non sfugge. Dal punto di vista della comunicazione, il concertone resta la manifestazione certone resta la manifestazione più lontana possibile dallo stile con cui di norma si esprimono i rappresentanti di Cgil Cisl e Uil.
Bastava sentire frammenti dei comizi dei loro leader per capire che ormai questo gentile omaggio che il sindacato fa ai giovani («Le nostre storie: accordi e disaccordi delle nostre radici, della nostra memoria e del nostro domani») è qualcosa di anomalo, un corpo estraneo alla retorica sindacale. Si potrebbe anche aggiungere che la conduzione di Edoardo Leo, Francesca Barra, Dario Vergassola e non poche esibizioni dei cantanti erano in regime di minimo sindacale, ma è stato Piero Pelù, l’ex rocker maledetto, a marchiare a fuoco il concertone. Ha attaccato duramente Matteo Renzi, definendolo «il non eletto, il boy-scout di Licio Gelli».
E poi: «Pagherò le conseguenze di quello che ho detto ma non me ne frega nulla. Questi ragazzi hanno bisogno di sentire qualcuno che dica certe cose. Ormai i mezzi di distrazione di massa sono compatti sulla propaganda. Ci vuole una voce fuori dal coro». Ora, che il conduttore di «The Voice» sia una voce fuori dal coro è tutto da dimostrare, visto che l’attacco a Renzi da parte dei sindacati è stato unanime. Nei comizi del Primo Maggio, Camusso, Bonanni, Angeletti non hanno risparmiato critiche al primo ministro. Paura che cambi qualcosa nell’amministrazione pubblica, lo zoccolo duro del sindacato? Pelù corifeo della Carrà e della Camusso?