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 2014  maggio 03 Sabato calendario

«I NOSTRI GEMELLI NASCERANNO AD AGOSTO. UNO A COPPIA? IDEA PARADOSSALE»

Col cuore in gola, mano nella mano. Così hanno passato l’esame delle beta, «per vedere se la blastocisti aveva attecchito: aveva attecchito, sì», spiega lui, che ingabbia le emozioni nei dettagli tecnici, mentre lei ancora si commuove: «È stata una gioia infinita». Così sono andati alla prima ecografia. Lui sospira: «E lì s’è visto che erano gemelli, sicché ho pensato, da uomo: Dio mio! Avevo tutta una vita da riorganizzare!». Così alla villocentesi: «Un’infermiera in corridoio urlava: ‘ndo sta er padre de Cip e Ciop ?». Così, giorno dopo giorno, per mesi. Cip e Ciop nasceranno ad agosto, probabilmente sotto il segno del Leone, maschio e femmina. «I nomi li abbiamo già scelti ma li custodiamo nel nostro cuore», dice lei, romantica, abbracciandosi il pancione. «Per scaramanzia: Cip e Ciop, vanno ancora benissimo», dice lui, pragmatico e un po’ guardingo dopo tante sberle.
Lui e lei li chiameremo invece Paolo e Francesca, come ci chiedono con un sorriso. Nomi d’amore per definizione, che diventano però nomi di battaglia, perché questa storia d’amore e d’attesa «s’è trasformata in un incubo», e potrebbe diventare un’assurda, terribile querelle legale. Hanno attorno ai quarant’anni, sono sensibili, colti, attentissimi l’uno all’altra. Sono loro la «coppia del Pertini», cui per errore sono stati impiantati gli embrioni di un’altra coppia. Un caso che non esiste nei codici, non ha precedenti giuridici e attrae i media di mezzo mondo. «Almeno una volta al giorno pensiamo: perché proprio noi?», dice Francesca. «E ogni giorno pensiamo anche a loro, all’altra coppia», dice Paolo: «...vittime pure loro. Ma se mi chiede adesso di incontrarli le rispondo: aspettiamo qualche minuto, eh?». Si sono organizzati, dopo il primo assalto dei cronisti sul pianerottolo. Li intervistiamo nello studio di Sergio Cerini, consulente e amico, a due passi da piazza San Giovanni. Piove. Lei si appoggia molto a lui, ha avuto un capogiro in metrò, prova a sorridere: «Gli ultimi due mesi li farò... agli arresti domiciliari». Lui la accarezza come un ninnolo di cristallo: «Siamo provati, ci capisca».
Chi o che cosa vi sta aiutando?
Francesca: «Il nostro amore. È la forza che muove tutto. Sento la vicinanza di mio marito e questo mi dà determinazione».
Paolo: «Devo ringraziare mio padre. Ha passato un momento molto difficile ma mi è stato ugualmente molto vicino».
Cosa spinge alle sofferenze e ai costi, non solo emotivi, di una Fivet? In altri termini, cosa porta alla procreazione assistita?
Paolo: «Abbiamo fatto la tecnica più moderna, l’Icsi, e non era il primo tentativo, ci sono stati diversi altri tentativi...».
Francesca: «Vede, a volte i figli arrivano senza essere desiderati. Chi si sottopone a un percorso così pieno di prove e ostacoli è mosso dal triplo dell’amore».
Avevate pensato mai all’adozione?
Paolo: «Certo. Ma le norme italiane sembrano fatte apposta contro il desiderio di genitorialità di una coppia».
Perché la villocentesi?
Francesca: «Si fa, dopo i 35 anni: è una cautela, è diagnostica prenatale».
Cosa ricordate di quel giorno?
Francesca: «L’avevamo fatta al Sant’Anna. Mi chiamò il primario. Risento le parole. A livello verbale mi dava tutte belle notizie: i bambini stavano bene, maschietto e femminuccia... ma il tono non mi convinceva. Finché m’ha detto: signora, il suo patrimonio genetico non è compatibile».
Paolo: «Io ero nell’altra stanza. Sentivo mia moglie che prima gioiva e poi ha avuto un mancamento. Ho fatto il test anch’io. Confermato: non compatibile».
Francesca: «Ricordo l’estraniamento. Ero disorientata. Il giorno più felice della mia vita devastato. Dentro hai qualcosa che sta crescendo ma non ti corrisponde. Da lì abbiamo dovuto decidere se portare avanti o no la gravidanza».
Paolo: «Per modo di dire».
In che senso?
Paolo: «Nel senso che ci abbiamo pensato, ci ho pensato, un giorno e basta. Mi capisca, da uomo: io ero nella situazione che non li avevo neanche dentro, i bambini».
Cioè, era estraneo...
Paolo: «Sì. Poi però ho pensato: chi sono per decidere della vita e della morte? Io non sono particolarmente credente, ma sono antiabortista. Poi c’è una differenza tra padre e funzione paterna. Io a mio padre non assomiglio affatto, ma lui ha svolto un’eccellente funzione paterna, per dire».
Farete causa al Pertini?
Paolo: «Decideremo con Michele Ambrosini, bravissimo avvocato e amico di famiglia».
Come vi spiegate un errore così assurdo?
Paolo: «Parlare di errore umano offende l’intelligenza. Il ministro Lorenzin ha dichiarato: “La Regione Lazio è l’unica che non aveva proceduto con l’accreditamento dei centri, con un ritardo di ben dieci anni”. Questa è malasanità, imperizia».
Siete decisi a tenere i bambini con voi?
Paolo: «Certo che sì».
Francesca: «Non sottovaluti una gravidanza gemellare: è complicata. Loro crescono in noi. E anche biologicamente stanno cambiando, adesso, dentro di me».
Vi mettete mai nei panni dell’altra coppia?
Francesca: «Condivido con loro il dolore per la perdita degli embrioni. Anche noi abbiamo perso i nostri».
Paolo: «Non sono nemici, li rispetto molto. E hanno tenuto un atteggiamento molto pacato. Ma, nei loro panni, col cuore a pezzi, lascerei perdere. Hanno perso una fase fondamentale, la maternità. Mia moglie non è un animale da riproduzione. C’è chi dice che un giudice potrebbe decidere che la mamma è mia moglie e il padre è l’altro? Vorrei vederlo in faccia un giudice così».
Francesca: «Io non mi ci posso mettere, nei panni dell’altra. Io porto dentro i bambini».
I gemelli potrebbero avere quattro genitori?
Paolo: «Mi pare una sciocchezza».
E avete mai pensato che ciascuna coppia potrebbe tenere un bambino?
Francesca abbassa la testa, distoglie lo sguardo: «Sì. Ma è un pensiero paradossale rispetto a una situazione paradossale».
Paolo: «Come fantasia folle. Ma se domani leggo sul suo giornale che vogliamo dare via uno dei bambini, mi sento pugnalato alla schiena. Il punto è: sarebbe giusto dividere i bambini per soddisfare un egoismo degli adulti? Non credo».
Vorreste arrivare a un accordo tra avvocati?
«Quale però? Loro rinunciano ai bambini? Noi glieli diamo alla nascita?».
Temete una battaglia legale?
Francesca: «Sì, assolutamente».
Paolo: «Chiunque vincesse, sarebbe sconfitto. Io dico: facciamo nascere questi bambini e poi lasciamo che prevalga il buonsenso».
Per adesso quale sentimento prevale?
Francesca: «La speranza».
Paolo: «La rabbia. C’è tanta gioia, certo, ma per il momento sono arrabbiato. Vedo davanti a me un futuro che non merito: io non ho fatto niente di male»