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 2014  maggio 02 Venerdì calendario

BENEDETTO CROCE, L’AMANTE DELLA LETTURA

[Tullio De Mauro] –

Caro professore, lei che guida gli italiani all’uso delle parole, da quali parole è stato a sua volta guidato?
«Il mio Pantheon è politeista. Quattro le persone verso le quali sento di avere più debiti: Benedetto Croce, Gramsci, il filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein e un linguista di Ginevra, Ferdinand de Saussure».
Puntiamo sul primo degli eletti, Croce. Quando l’ha incontrato per la prima volta?
«Da ragazzo mentre ero al liceo “Giulio Cesare” di Roma. Per me, figlio di una famiglia borghese (fascista, come molte allora), è stata una rivoluzione accostarmi a Croce. Presi in mano la sua Logica per vedere che cosa diceva questo antifascista che definiva il fascismo “malattia morale”. Fu comunque il leggere che fece breccia in quella rozzezza culturale».
Il leggere mi fa affiorare alla mente la preziosa biblioteca di Croce, oggi nell’Istituto storico che fondò lui stesso nella sua casa di Napoli.
«Il suo amore per i libri era sconfinato. Nell’averli, idearli, curarli: è lui che crea la collana Scrittori d’Italia in cui raccoglie, nel 1912-13, per primo, tutta la tradizione culturale italiana. Questa collana resta per noi l’unico riferimento, anche se mezzo secolo fa l’editore Laterza l’ha chiusa perché vendeva poco».
Sfatiamo una fama ingiusta che a lungo ha pesato su Croce: quella di essere antiscientifico.
«Ai tempi della Rivoluzione francese tutte le colpe venivano attribuite a Voltaire, qualcosa del genere è successo e succede in cerchie ristrette della cultura italiana. Croce ha un atteggiamento ostile alle scienze dure, ma di più all’idea che la scientificizzazione culturale potesse fare bene all’Italia. Croce si oppone a questo e di qui polemiche. In realtà lui dà voce a un fondo tradizionalmente antiscientifico della nostra cultura. Gli si può rimproverare di non essersi opposto a questo, ma dietro c’è tutta una tradizione repressiva rispetto alle scienze: l’Inquisizione ne è il sinistro simbolo. Anni fa Sciascia ha scritto che nei lavori di restauro del carcere di Palermo, sui muri delle celle dove erano rinchiusi i prigionieri dell’Inquisizione, sono affiorate formule matematiche e chimiche. Lì dentro, nel palazzo Steri, sono morte generazioni di persone che cercavano di praticare le scienze».
Certo che la visione pessimistica nei confronti della cultura, lo scarso amore per le scienze, l’alta quota di analfabetismo, primario e di ritorno, sono un ostacolo alla crescita dell’Italia. Da dove andremo a incominciare?
«Dallo scrupolo nell’accertamento dei fatti. Prendiamo l’editoria: se il nostro giornalismo praticasse lo stesso scrupolo, saremmo dieci passi avanti rispetto alla condizione in cui siamo».