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 2014  maggio 01 Giovedì calendario

PECHINO PRIMA ECONOMIA MONDIALE

È un mondo nuovo. Alla fine dell’anno l’economia cinese potrebbe aver raggiunto e superato quella americana. Secondo le stime della Banca Mondiale elaborate nell’ambito dell’International Comparison Program, il Pil del gigante asiatico, valutato a parità di potere d’acquisto, era pari nel 2011 all’86,9% di quello americano. Calcolando - come ha fatto il Financial Times - che l’economia cinese è cresciuta da allora del 24% e quella americana del 7,6% non è difficile ipotizzare per fine anno, se non un sorpasso, almeno un ex aequo.
Per ora, è un "gioco" statistico e poco più. Il confronto è effettuato non in base ai cambi di mercato, ma tenendo conto dell’effettivo potere di acquisto di ciascuna moneta, più una serie di altre condizioni che rendono possibile una comparazione internazionale - questo è in fondo l’obiettivo del rapporto della Banca mondiale - ma invita a molte cautele. Se, spiega lo studio, lo stesso panino in Francia costasse 4,80 € e negli Usa 4 $, per un confronto rigoroso occorrerebbe adottare un cambio euro/dollaro di 0,83 $ (4/4,8), e non quello di mercato vicino a 1,38. Ovviamente, al posto di un singolo prodotto, gli economisti usano un paniere di beni uguale per tutti i paesi. Con tutte le difficoltà del caso: lo studio stesso ricorda per esempio che ha più senso il confronto tra Cina e India, che appartengono alla stessa area geografica e culturale, che tra Cina e Usa. Il peso che ha, nei consumi quotidiani, il riso in Asia, non lo ha certo nei paesi occidentali: un paniere unico per il mondo intero può creare grandi illusioni ottiche.
Per capire quanto ampi siano gli effetti delle elaborazioni statistiche, basta pensare che sulla base dei cambi "di mercato" - i quali risentono però delle politiche valutarie dei paesi - il gigante asiatico era nel 2011 ancora il 47% degli Usa, quota che da allora è cambiata di poco. Contano anche le metodologie usate: con i dati del Fondo monetario internazionale il Pil cinese a parità di potere d’acquisto è oggi solo l’83% di quello americano.
Attuale o futuro, il primato cinese comunque colpisce. Non è una cosa del tutto nuova, in realtà. Fino a duecento anni fa circa, la Cina era la prima economia del mondo e l’India la seconda. Facile: allora il mondo occidentale era diviso, gli Stati Uniti erano ai primi passi, e il divario tecnologico non era così marcato. È stato solo a partire dalla Rivoluzione industriale che la cultura, l’economia e le istituzioni anglosassoni, e occidentali in genere, hanno preso la rincorsa e si sono imposte al mondo.
Ora ci risiamo, ma ancora una volta si può dire: facile. Basta che il reddito medio pro capite dei cinesi raggiunga un quarto di quello degli americani perché il prodotto interno lordo dei due paesi si ritrovi uguale, dal momento che la Cina ha una popolazione pari a quattro volte quella statunitense. Non diversamente accadrà con l’India.
Cina e India restano quindi paesi a medio reddito. Emergenti, per certi versi brillanti, ma relativamente poveri: nella classifica del Pil pro capite - assimilabile al reddito medio - restano rispettivamente al 99° e 127° posto. A essere potenti, nel senso che possono fare affidamento su risorse e capacità produttive enormi per i loro scopi, sono i loro governi, che devono però affrontare problemi altrettanto imponenti. Se gli Stati Uniti, con la loro economia di frontiera possono destinare fino al 4,4% del Pil in spese militari - molte delle quali sono destinate a ricerca e sviluppo con importanti ricadute anche nel settore civile e quindi sulla crescita - Cina e India, due grandi potenze confinanti, si fermano al 2-2,5%. Il fatto è che, nei due paesi asiatici, le grandi sfide vengono dall’interno e non dall’esterno del paese; ed è la situazione domestica che richiede risorse per garantire stabilità.
Non basta un numero, allora, per rivendicare una parità geopolitica o geoeconomica; e la Cina è e resterà una potenza regionale, per quanto molto, molto insidiosa per gli Stati Uniti sullo scacchiere dell’Asia orientale. È anche vero che c’è una tendenza sempre più evidente di spostamento del potere economico verso i paesi emergenti. Per i quali resta però intatta, malgrado quanto dicano i numeri, la grande sfida: quella di superare la "trappola del reddito medio", e di diventare economie avanzate. Compito arduo, anche se non impossibile: è un mutamento strutturale, di natura e non di grado. Non a tutti è riuscito.