Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  maggio 01 Giovedì calendario

IL GENERALE INVERNO E LA (MOMENTANEA) «CRESCITA ZERO»


«Crescita zero» è un’espressione che fa venire i brividi agli americani, molto meno abituati di noi alla stagnazione: l’economia Usa cresce ininterrottamente da cinque anni dopo la «grande recessione» seguita al crollo finanziario del 2008 e il +0,1 per cento del Pil statunitense nel primo trimestre 2014 comunicato ieri dal Dipartimento del Commercio di Washington è raggelante. Come la temperatura di ieri mattina a New York: 7 gradi. Pieno inverno anche se metà della primavera è già alle nostre spalle. E proprio il «generale inverno» spiega la gran parte di questa anomala crescita zero che, altrimenti, sarebbe molto preoccupante. Con la bella stagione, assicurano gli economisti, tornerà anche la crescita, anche se probabilmente il 2014 non sarà brillante come l’anno scorso: soprattutto il secondo semestre 2013 quando l’America è cresciuta al ritmo del 3,5 per cento. Quella che qui negli Stati Uniti non riusciamo ancora a metterci alle spalle, è stata la stagione fredda peggiore della storia: l’inverno più freddo dall’Ottocento a oggi, cioè da sempre. La meteorologia spiega gran parte della frenata dell’attività produttiva e della produzione di reddito: cantieri edilizi fermi, trasporto aereo spesso paralizzato (a New York ha nevicato sedici volte, altro record), concessionari che hanno venduto molte meno automobili del solito. Per questo il Pil si è fermato. Basta vedere il dato dei consumi dei beni materiali che si è fermato a +0,4%. Più forte (3%) la crescita della spesa dei consumatori per i servizi, ma anche qui c’è poco da stupirsi visto che la parte del leone l’hanno fatta le spese mediche e, soprattutto, quelle per il riscaldamento. Certo, è andata anche peggio di quanto previsto dagli economisti, mentre precipitano anche le esportazioni (meno 7,6%). Ma qui il problema non è l’economia americana, ma l’Europa ancora quasi ferma e l’Asia che rallenta. L’America tornerà presto a fare la sua parte: deve pensarla così anche la Federal Reserve che ieri ha deciso di non cambiare la sua politica di graduale riduzione di sostegni a un’economia considerata in ripresa anche se ancora convalescente. La Fed ha deciso di ridurre di altri 10 miliardi di dollari gli acquisti mensili di titoli sul mercato. Ormai siamo a metà strada: siamo scesi da 85 a 45 miliardi di dollari di acquisti mensili.