Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 1/5/2014, 1 maggio 2014
«GLI IMPRENDITORI SONO LAVORATORI UNA TRAGEDIA LA CRISI OCCUPAZIONALE»
«Questo primo maggio ci trova tutti nella stessa barca, imprenditori e lavoratori. Anzi, mai come oggi un imprenditore è un lavoratore. L’imprenditore vive di produzioni, quindi del lavoro dei propri dipendenti. E i dipendenti vivono se le aziende sono solide, sane, se fanno utili e li reinvestono nel nostro Paese».
Ministro Guidi, oggi più che altro gli imprenditori chiudono.
«Stiamo vivendo una crisi occupazionale drammatica. Personalmente la considero una tragedia. Credo che per gli imprenditori sia un dovere morale fare di tutto, anche il triplo salto mortale, per tenere il più possibile le produzioni in Italia. E come governo noi dobbiamo creare le condizioni per cui questo avvenga. Non basta riportare la fiducia, dobbiamo creare il contesto in cui gli imprenditori possano riprendere a investire».
Cosa state facendo in concreto?
«Detesto la parola “tavoli di crisi”. Ma sa quanti ne abbiamo?».
Quanti?
«Centocinquantacinque. Un numero elevatissimo. Ma siamo sulla strada giusta per chiudere quello della Electrolux, particolarmente significativo, non solo perché se tutto va come deve andare si evitano centinaia di esuberi, ma perché individua una nuova filosofia».
Quale filosofia?
«Tutti mettono un chip sul tavolo per chiudere la vertenza. Il governo mette il supporto a investimenti, ricerca e innovazione tecnologia, e la decontribuzioni sui contratti di solidarietà. L’azienda mette un piano industriale credibile, che esclude esuberi sino alla fine del piano e include il mantenimento vero della produzione in Italia, sulla base di un accordo con il sindacato».
Ministro, è un accordo fatto con i soldi pubblici. Dov’è la novità?
«La novità è che questo governo ha una vera linea di politica industriale. Taglia l’Irap alle aziende che rischiano, e aumenta le imposte sulle rendite finanziarie. Interviene sul cuneo fiscale a favore dei redditi bassi per sostenere i consumi, e trova i soldi non con nuove tasse o con tagli lineari ma con la spending review, sforbiciando la spesa pubblica improduttiva. Il decreto del collega Poletti sul lavoro è un segnale chiaro alle imprese. Abbiamo fatto i decreti attuativi della legge “nuova Sabatini”, che finanzia con due miliardi e mezzo, raddoppiabili, gli investimenti in beni strumentali, e sta dando risultati eccellenti. Ora stiamo trovando un miliardo e mezzo per tagliare la bolletta energetica alle piccole e medie imprese. E sblocchiamo i pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione, in modo da immettere liquidità nel sistema».
Ma a quanto ammontano esattamente i debiti della pubblica amministrazione? Le imprese ne rivendicano 80, gli enti locali ne certificano un decimo.
«Noi calcoliamo 608 miliardi e mettiamo sul tavolo i tredici che mancano, a fronte dei 47 stanziati in precedenza, per chiudere i debiti pregressi. Poi, con la fatturazione elettronica, il meccanismo che ha creato questo fenomeno mostruoso non ci sarà più».
Come mai allora Confindustria è così scontenta?
«Confindustria fa il suo mestiere».
Squinzi è ingeneroso con il governo?
«Non voglio giudicare chi fa un mestiere diverso dal mio. Giorgio può valutare, commentare, pungolare il governo su tutto quello che ritiene essenziale, utile e giusto. Da parte nostra, abbiamo la massima attenzione al mondo dell’impresa: piccola, media, grande. Ma abbiamo anche esigenze del bilancio pubblico da contemperare. Nel mondo perfetto le risorse sono illimitate. Ma l’Italia di oggi non è un mondo perfetto. È un Paese che vive un momento difficilissimo».
Qual è la sua valutazione su Fiat-Chrysler?
«Siamo in attesa di vedere il piano che sarà reso pubblico nei primi giorni della prossima settimana. Il nostro compito è consentire alla “old economy” di restare in Italia. Vogliamo mantenere la nostra industria automobilistica e attrarre investitori esteri, alimentando la filiera della componentistica e l’indotto. E lo stesso vale per la siderurgia».
Fin dalla sua nomina lei è stata accusata di conflitto di interessi. Ora lei ha firmato il decreto sui contributi per i veicoli a basse emissioni. Di cui beneficia anche l’azienda di famiglia, la Ducati Energia.
«Mi sono un po’ stancata di parlare di questa storia del conflitto di interessi. Hanno preso nel governo una che faceva l’imprenditrice. L’azienda in cui lavoravo, come tutte le aziende, ha partecipato a gare d’appalto, ha investito in sviluppo; ci siamo internazionalizzati, abbiamo creato prodotti sempre più innovativi. Il decreto di cui lei parla non è una scelta del governo, è un atto dovuto in base a una norma di legge del 2012, quando fu approvato il piano triennale che destina alcune somme a veicoli a basso impatto ambientale: ibridi, elettrici, a metano. Il piano fu approvato con grandissimo consenso nelle commissioni e in aula. E stiamo parlando di 60 milioni di euro, non certo di incentivi massicci rivolti a un certo settore industriale».
Com’è lavorare con Renzi?
«Entusiasmante. Matteo è vulcanico. Io corro dietro a lui, e lui stimola tutti noi a corrergli dietro. La sua indicazione è che niente è impossibile, e dobbiamo provare a fare tutto quello che è giusto. Sono felice di essermi messa in gioco, di portare anch’io un piccolo contributo a questa rivoluzione culturale: cambiare le cose e cambiarle in fretta».
La famiglia Berlusconi, cui lei è considerata politicamente vicina, non condivide il suo entusiasmo. Marina, intervistata da Daniele Manca del Corriere , parla di Renzi come del “nuovo che arretra”.
«Non so cosa voglia dire “il nuovo che arretra”. Io rispondo di quello che faccio. E questo governo in due mesi ha fatto moltissimo. Abbiamo un premier giovane, che per prima cosa ha detto: ‘“Ci mettiamo tutti la faccia; se qualcuno di noi sbaglia, prende e va a casa’”. Lavoriamo 14, 15, anche 16 ore al giorno. La prima volta che sono arrivata al ministero alle 7 e mezza del mattino ho trovato il portone chiuso; ora è diventata un’abitudine. Siamo tutti abbastanza provati, anche fisicamente. Non mi sento un martire. Però non è un lavoro banale, né semplice».
Ma cosa ci fa una come lei in un governo di sinistra?
«Ora sono diventata una pericolosa sinistrorsa... In realtà, non ho mai avuto tessere di partito, e credo proprio che mai ne avrò. Non voglio dire di essere un tecnico, sarebbe un po’ ridondante. Sono una persona della società civile, chiamata al governo da Renzi con una scommessa che denota un certo coraggio: non solo perché sono una donna, ma perché sono un’imprenditrice. Non mi aspettavo certo questa chiamata. Ho deciso in pochi minuti. Ho seguito una persona che stimo, senza badare al connotato politico. Vorrei essere giudicata per quello che riuscirò a fare, e che nella vita mai avrei immaginato di poter fare».