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 2014  maggio 01 Giovedì calendario

«LA FINE DEL POSTO FISSO, IL CETO MEDIO ORA CONTA MENO»


Professor Giuseppe De Rita, che percezione ha oggi la maggioranza degli italiani dei dipendenti pubblici?
«Direi con una battuta che quasi non hanno un’idea precisa... I dipendenti pubblici sono una figura collettiva ormai impalpabile. È il frutto di anni e anni di una campagna ricorrente che ha descritto quel mondo come il regno della burocrazia, della lentezza, della passività. In più, in una società complessa, l’apparato pubblico conta fatalmente di meno. E poi, fino a non molto tempo fa l’approdo all’impiego pubblico in tutte le sue declinazioni, dalla scuola all’amministrazione, significava il passaggio al ceto medio. Come sappiamo tutti, quel ceto è in crisi gravissima. L’unica fetta della pubblica amministrazione che interessa sono gli alti dirigenti, per via dei compensi. Tutto il resto no, non importa proprio niente».
Non c’è nemmeno un sentimento di inimicizia?
«In piccola parte. Ma se per trent’anni gli italiani si sono sentiti ripetere che i dipendenti pubblici sono lenti e corrotti, il sentimento prevalente diventa il disinteresse. Perché contano poco. Ma tanto, viste le circostanze attuali in cui viviamo, contiamo tutti un po’ meno che in passato. Figuriamoci la macchina amministrativa pubblica».
Quanto pesa la vittoria delle nuove tecnologie, ovvero il fatto che molti certificati ormai si ottengono online rendendo così poco rilevante la figura dell’impiegato?
«Conta anche questo, certamente. Ma il vero punto è nella crisi dell’apparato intermedio. Lo si vede anche nelle grandi aziende. Conosciamo solo i volti e i nomi dei grandi leader. Tutto il resto è sparito. È una crisi generalizzata, trasversale».
Cosa potrebbe fare il corpo dell’amministrazione pubblica, cioè la massa dei suoi dipendenti, per riscattare questa immagine assimilata dalla collettività?
«Oggettivamente ben poco. Un tempo la mano pubblica aveva una certa importanza, nella vita quotidiana di tutti noi. Assicurava un certificato scolastico, seguiva le pratiche catastali, trovava un certificato penale. E non sempre lavorando male, sia ben chiaro. Ma adesso?».
Renzi sta avviando una grande riforma. Cosa ne pensa?
«Renzi è l’ultimo anello di una catena cominciata con Craxi e proseguita con Berlusconi. Bisogna pensare alla vecchia piramide sociale in cui c’era un vertice, una base e un corpo intermedio, appunto l’amministrazione. Craxi per primo cambiò tutto e disse, non lo dimenticherò mai: per uscire dalla mediazione democristiana ci vuole decisionismo, bisogna verticalizzare il potere. Lo stesso discorso che ha fatto Berlusconi per vent’anni. Adesso tocca a Renzi. Al posto della piramide da diverso tempo, non solo da oggi, c’è una colonna. E sulla colonna c’è l’uomo solo al comando di turno. Inevitabile che quell’uomo pensi unicamente alla base che lo sorregge e veda il corpo intermedio come qualcosa di estraneo, come una realtà che non gli appartiene. Ecco la tentazione di eliminarlo. Ed è altrettanto evidente che l’opinione pubblica, vedendo che quel corpo intermedio è giudicato sempre meno utile e meno potente da chi ci governa, è pronta a ghigliottinarlo. Metaforicamente, intendo. In fondo abbiamo già visto altre scene del genere».
A cosa si riferisce, professor De Rita?
«Tutti gli altri corpi intermedi sono entrati in profondissima crisi. Penso ai partiti, ai sindacati. Con quali risultati, poi?»
E invece, sembra di capire dalla sua analisi, un corpo intermedio amministrativo è comunque utile a una società organizzata...
«Ma certo che è utile. Direi di più: è necessario. Cosa mai sarebbe un capo della polizia senza i commissariati, o un ministro degli Interni senza le prefetture? Per governare bene occorre una macchina intermedia che naturalmente funzioni. Per questo sarebbe un clamoroso errore immaginare di spazzarla via. Anche perché, distrutta la vecchia, entro poco tempo bisognerebbe costruirne un’altra».
Pensa che Matteo Renzi ragionerà in questi termini?
«Me lo auguro per lui. Perché non si può governare da soli guardandosi allo specchio. Purtroppo le figure di alcuni ministri confermano la mia ipotesi. La loro relativa debolezza lascia credere che siano lì per assicurare che venga eseguito ciò che è stato deciso da altri. Cioè da Renzi».