Francesca Sironi, L’Espresso 2/5/2014, 2 maggio 2014
CHE TESORO DI TURISTA
Per alcuni è una panacea, per altri poco più di un’aspirina. In ogni caso serve a risanare i conti a comuni grandi e piccoli di tutta Italia. È la tassa di soggiorno, l’obolo riservato ai turisti che i sindaci possono introdurre dal 2011: un pedaggio che i viaggiatori versano alla reception degli hotel per cifre che vanno dai 50 centesimi ai 5 euro al giorno, poi travasati direttamente nelle tasche municipali. Il dazio dei viandanti è piaciuto parecchio agli amministratori locali: oggi lo impongono 510 municipi (erano poco più di 300 un anno fa) incassando, secondo Federalberghi, 270 milioni di euro l’anno. Per la società di consulenza JFC l’importo complessivo sarebbe pure di più: 383 milioni. Solo Roma nel 2013 ha riscosso da curiosi e pellegrini 58 milioni e 500 mila euro. Venezia 30, Milano 29 e mezzo, Firenze 21. Si arriva fino al minuscolo villaggio di Bée, in provincia di Verbania, turistico pure lui, che per il 2014 prevede di recuperare così seimila euro: non poco, per i suoi 743 abitanti.
Il balzello è però detestato da chi lo deve riscuotere: nella capitale i proprietari di alberghi, B&B, campeggi e residence sono arrivati a scendere in piazza per opporsi ai rincari, che porterebbero i visitatori di lusso a pagare fino a 7 euro in più per ogni notte trascorsa nella città eterna. Ignazio Marino difende la sua scelta: l’aumento garantirebbe altri 50 milioni di euro in cassaforte, fondamentali per ripianare il maxi-debito capitolino, senza pesare sui residenti. Ma agli albergatori questo accanimento sui turisti non va giù: e per la prima volta si sono messi a organizzare cortei come i centri sociali; mentre ricorsi, proteste e diffide si abbattono anche altrove contro l’odiata gabella.
CHI SIETE? UN FIORINO! La tassa di soggiorno era stata inventata dal governo Berlusconi per migliorare i servizi turistici di paesini e città, promuovere le bellezze patrie o avviare restauri. Ma in tempi di magra è servita soprattutto ad aggiustare i bilanci o a far fronte a spese di routine. A Riccione 446 mila euro (sui 2 milioni e 218 mila ricevuti nel 2013 dai villeggianti) sono stati inghiottiti dal mutuo per il palazzo dei Congressi, mentre 115 mila andranno a pagare i vigili d’estate. Nella vicina Rimini gli introiti permetteranno di aggiustare le fogne. A Malcesine, sul Lago di Garda, l’ex presidente degli albergatori locali, da sempre nemica dell’obolo, una volta eletta sindaco ha deciso di introdurlo: «Nella situazione finanziaria attuale non è più possibile rimandare», ha dichiarato sconsolata. Come lei la pensa il primo cittadino di Bardolino, sempre sul Garda: «Gli 800 mila euro dei turisti sono la salvezza del nostro comune, visto che lo Stato ci ha tagliato un milione e mezzo di fondi». Fra i Sassi di Matera, in Basilicata, i contributi permetteranno di rifare la segnaletica stradale: «Dagli hotel abbiamo ricevuto 220 mila euro», racconta Alberto Giordano, l’assessore alla Cultura: «ovvero più del doppio della mia dotazione ordinaria, che è di 90 mila euro».
RITORNO AL FUTURO La travel-tax non serve a rimettere a posto i conti solo nei borghi di provincia. A Venezia i milioni lasciati dai cinesi in tour contribuiscono alle retribuzioni della Polizia municipale e a tagliare l’erba nei parchi; secondo quanto riporta "il Gazzettino"(il Comune non risponde), 270 mila euro finiscono negli stipendi dei dipendenti del cerimoniale del Municipio. A Milano non vogliono proprio sentirne parlare di vincoli su come investire i fondi: «Non è una tassa di scopo», ribadiscono dall’assessorato al Commercio, e quindi i proventi vengono usati per qualunque necessità. Anche a Roma i frutti del turismo non servono a migliorare l’ospitalità: alla promozione resta solo il cinque per cento. Fondi con i quali ai tempi della giunta di Gianni Alemanno si è scelto di puntare non sulle meraviglie della storia capitolina, ma sul suo futuro: un’operazione che oscilla tra la fantascienza e la propaganda. Cinque milioni raccolti dagli hotel nel 2011 e 2012 sono stati investiti in buona parte per dépliant, convegni e un sito web (ancora adesso fermo alla scritta "saremo presto on-line") per far conoscere il "Secondo polo di Roma": quell’area che dalla Nuvola di Fuksas - che ancora non c’è - passando per l’acquario - che ancora non c’è - e il mega parco a tema "I ludi di Roma" - che ancora non c’è – si sarebbe dovuta estendere fino alla riviera dei giovani - che ancora non c’è. Ora la crisi sembra aver riportato in voga il presente: «Useremo i soldi per partecipare alle fiere internazionali e per ampliare la nostra offerta digitale, in più lingue», promette l’attuale assessore al Commercio, Marta Leonori, ricordando però come i due milioni e mezzo portati dall’imposta non siano che briciole nel bilancio turistico della capitale: solo per pagare la società che gestisce i 12 info-point cittadini (Zétema) il campidoglio spende annualmente il doppio.
SALVATE RYANAIR I fondi possono servire anche per imprese titaniche. Nel trapanese 24 comuni hanno introdotto l’imposta per salvare l’aeroporto low cost e garantire così che le comitive continuassero a frequentare i templi della Magna Grecia e la natura selvaggia della riserva dello Zingaro. Solo grazie ai soldi incassati con la tassa di sbarco, per l’isola di Favignana, e con quella di soggiorno, per paesi come Castelvetrano, sono riusciti infatti a racimolare i 7 milioni di euro necessari a convincere Ryanair a volare verso Trapani per almeno altri tre anni.
Nella carica dei 500 sindaci armati di imposta-da-notte-in-hotel c’è anche chi i soldi li spende davvero per rifare il look a favore dei vacanzieri, come vorrebbe la legge. A San Gimignano ad esempio, dove i gitanti lasciano 675 mila euro all’anno, i fondi hanno permesso di ristrutturare le mura medioevali, organizzare festival, pagare le luminarie a Natale e creare nuovi posteggi. Sul mare cristallino di Melendugno, in Puglia, i quatrini sono serviti a mantenere gli scavi archeologici, a pulire le spiagge e a distribuire agli aficionados la "melendugno card". Per i mille abitanti di Fordongianus, in Sardegna, i 30 mila euro versati dagli amanti delle terme permetteranno di rifare la piazza principale della città. Anche Bologna, con i suoi più consistenti 3 milioni e 200 mila euro, vanta risultati: «Abbiamo lanciato a Londra una campagna sui social network che ha fatto arrivare sotto i portici decine di migliaia di turisti inglesi», racconta l’assessore Matteo Lepore: «Oltre che promosso un concorso con cui è stato inventato il nuovo logo della città». Poi ci sono i 600 mila euro per il teatro comunale e i finanziamenti al circuito dei musei.
TRULLI EVASORI Ma gli operatori, ovvero i padroni di ostelli, hotel, campeggi e bed&breakfast, non sempre vanno così d’accordo con l’imposta. Anzi: non c’è (o quasi) città in cui non l’abbiano contestata in tribunale, per vedersi bocciare dai giudici amministrativi, visto che la gabella è legge e c’è poco da protestare. Federalberghi continua ugualmente a criticarla, perché, sostiene, penalizzerebbe le località che la introducono nei confronti dei tour-operator, dirottando tedeschi e americani verso indirizzi meno esosi. L’associazione degli albergatori si è però anche impegnata a collaborare per far rispettare le regole. Ma non sempre avviene. A Milano un terzo delle strutture controllate nel 2014 non aveva versato il dovuto: intascavano dagli ospiti ma non giravano l’importo al municipio. A Roma l’evasione è stimata in 10 milioni di euro, tanto che parte delle banconote raccolte dai turisti andrà ad aumentare i controlli sugli stessi fondi. Un anno fa il comandante generale della polizia veneziana, Luciano Marini, sosteneva che il 70 per cento degli alloggi affittati ai forestieri non rispettava la delibera. Pure in mezzo agli innocenti trulli di Alberobello c’è qualcosa che non va: dai 141 mila pernottamenti registrati in un anno all’ufficio di ragioneria del comune sono arrivati solo 30 mila euro d’incasso.
RICCONI ESENTI Nonostante l’evasione e le proteste, gli introiti garantiti dei viaggiatori si sono rivelati una manna per centinaia di comuni. Tanto da convincere anche le giunte più riottose a richiedere un euro in più ai turisti piuttosto che vessare i già tartassati residenti. Esistono però, ancora, delle zone franche dove i pedaggi non sono arrivati. Ma non cercatele nei bassifondi, né sui litorali delle pensioni formato famiglia. Stanno al contrario nei lidi più esclusivi: Positano ha bandito la gabella, al contrario della vicina Praiano. A Portofino non c’è fisco aggiuntivo per chi soggiorna sul mare dove gettano l’ancora i panfili dei magnati. E neanche a Santa Margherita Ligure se ne parla: «Non è vincente introdurre una nuova tassa in un momento di crisi», ha dichiarato il direttore dello sciccosissimo Excelsior Palace (5 stelle lusso) di Rapallo. Chi si può permettere queste mete d’élite, quindi, non si preoccupi. A pagare la tassa ci pensano i viaggiatori low cost.