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 2014  maggio 02 Venerdì calendario

MA I NO EURO HANNO 
LA MEMORIA CORTA


NON POSSIAMO NON DIRCI no euro. C è da scommetterci: qualcuno, prima o poi, finirà per rispolverare perfino Benedetto Croce, riadattandolo al momento storico con la moneta unica al posto del cristianesimo. Il ritorno alla lira, descritta come la medicina magica per tutti i guai d’Italia, è uno zuccherino propagandistico che va per la maggiore in queste settimane di campagna elettorale. Per alcuni leader a caccia di voti la battaglia contro il mostro dell’euro è una scorciatoia demagogica formidabile, un capro espiatorio pronto per l’uso a cui addossare tutta la colpa del grave impoverimento del Paese.
Prendete per esempio Matteo Salvini, che l’anno scorso ha ereditato la guida di una LegaNord ridotta ai minimi termini dopo gli scandali (diamanti, Trota, Belsito, Tanzania). Adesso il capo dei lumbard sta rimontando alla grande nei sondaggi sventolando la bandiera dei noeuro. Un discorso simile vale anche per Fratelli d’Italia. Basta aggiungere un po’ di pepe antitedesco alla solita minestra della destra popolare. Ed ecco che il partito di Giorgia Meloni può perfino sperare di superare il quorum del 4 per cento necessario per essere rappresentati al parlamento Ue.
Questi sono i duri e puri, quelli senza se e senza ma a cui va riconosciuta una certa coerenza, quantomeno negli ultimi mesi. Se invece si va più indietro nel tempo si scopre che leghisti ed ex An, ora impegnati a sbraitare contro la schiavitù della moneta unica, negli anni dei governi berlusconiani approvarono senza fiatare tutti i provvedimenti europeisti che (dicono loro) ci hanno messo nei guai.
I voti noeuro, però, fanno gola anche ad altri partiti che ufficialmente dichiarano che sarebbe un disastro tornare alla lira. Quindi, appena possibile, conviene smarcarsi, fare dichiarazioni contraddit torie tra loro per far capire che - ma sì, dai - alla fine quando saremo a Bruxelles ci pensiamo noi a sabotare i perfidi piani dell’oligarchia bancaria. Questa, per dire, sembra la linea (una linea con molti avanti e indietro) scelta da Forza Italia, con Berlusconi che a giorni alterni recita la parte del valoroso combattente contro la dittatura dei burocrati Ue.
Anche Beppe Grillo, a proposito di moneta unica, ha fatto dichiarazioni poco coerenti tra loro. Si parte con «l’euro non è il problema» per poi lasciare aperta la porta a un eventuale referendum popolare sulla valuta europea. Per questo nella base Cinquestelle ha provocato un certo disorientamento l’intervento di Gianroberto Casaleggio che in una recente intervista ha tagliato corto: «Noi non diciamo: l’euro è sbagliato». Visti i precedenti, non è escluso che questa affermazione possa venire corretta o addolcita da qui al voto del 25 maggio.
In Italia e in altri Paesi Ue come Francia con il Front National, Olanda (Partito della libertà), Austria con l’Fpo, si sono molto rafforzati movimenti che offrono soluzioni facili a problemi complessi. Gridano «No Europa, No Euro» con una forza che azzera il dibattito perché riduce ogni argomentazione al grado zero del dualismo bianco/nero, amico/nemico. E a volte, in mancanza di argomenti, alcuni di questi capipopolo non si fanno problemi ad accompagnare gli slogan con una buona dose di violenza verbale. Sono palloni gonfiati a caccia di visibilità.
Intanto, milioni di persone che hanno visto crollare le certezze economiche del passato se la prendono, a ragione, con la gestione irresponsabile delle istituzioni finanziarie. Per loro è molto più semplice aggrapparsi a un’illusione piuttosto che provare a ragionare sui rischi colossali di un ipotetico ritorno al passato, alla lira. È una reazione giustificabile, certo. Ma non è detto che non ci porti al disastro. Anzi.