Liana Milella, la Repubblica 1/5/2014, 1 maggio 2014
GUERRA IN PROCURA A MILANO
Robledo lo accusa su Formigoni, Ruby, Sallusti, Podestà. Perché proprio ora? «Non ho nessun motivo personale nei suoi confronti, ma siamo arrivati a un punto limite, oltre il quale non è più possibile andare». Bruti Liberati ribatte caso su caso ed esplode: «Sia ben chiaro che io lezioni sull’obbligatorietà dell’azione penale non le prendo». Poi, ironico: «Proprio io avrei preso misure ad personam?». Ancora: «Mi riservo iniziative perché sono state comunicate notizie su richieste di misure cautelari in corso, non so se ci rendiamo conto di cosa sto parlando...». Sugli incontri con il suo aggiunto: «Non so se in futuro dovrò verbalizzarli con stenotipia...». Martedì 15 aprile, al Csm vengono sentiti Alfredo Robledo, il procuratore aggiunto di Milano, poi Edmondo Bruti Liberati, il suo capo. Sono scintille. Robledo contesta lui e la collega Ilda Boccassini («Non lo dico io, è voce comune, caratterialmente è impossibile discutere con lei»). Bruti gli rimprovera i troppi rapporti con la stampa, compresa la diffusione dell’esposto contro di lui che da un mese semina veleni nella procura più esposta d’Italia. Ecco, indagine per indagine, il botta e risposta a distanza.
IL CASO FORMIGONI.
Dice Robledo: «Ci sono 4 verbali, tre di luglio 2011, uno di settembre, in cui queste persone parlano in maniera specifica di tangenti tra Cal e don Verzè pagate dai politici, pagate a Formigoni, ma l’iscrizione per corruzione è di un anno dopo». Ribatte Bruti: «Un articolo che riportava dichiarazioni generiche attribuite a fonti anonime non poteva essere la base per l’iscrizione di un’ipotesi di corruzione». Ancora: «Ho escluso di separare i filoni di indagine di due dipartimenti che operavano con diverse strutture di polizia giudiziaria. Avrebbe comportato possibili interferenze e sovrapposizioni non utili alle indagini».
LA VICENDA RUBY.
Robledo riporta i giudizi dell’ex aggiunto Ferdinando Pomarici. «Mi ha detto che era una violazione delle regole grave perché il fascicolo andava assegnato al secondo dipartimento (pubblica amministrazione di Robledo, ndr.) e non alla Boccassini». Replica di Bruti che cita Alberto Nobili, un altro aggiunto, che avrebbe dovuto risertirsi e invece dice: «Lo segui tu questo?, Sì, grazie, sono contento, io ho altre cose da fare». Spiegazione semplice: un pm, Sangermano, segue il caso, ma poi cambia dipartimento e va con Boccassini alla criminalità organizzata e si porta dietro l’inchiesta.
LO SCONTRO SU SALLUSTI.
Il fatto: il direttore del Giornale non va in carcere pur condannato per diffamazione. Per Robledo ci fu un’eccezione voluta, per Bruti l’inizio di un nuovo metodo. Robledo va al dicembre 2012, una riunione in procura. Cita Pomarici: «Lavoro da 40 anni e ci siamo detti che la legge è uguale per tutti. Tu invece ci dici che per questo caso singolare dovevamo comportarci diversamente, poi per gli altri detenuti avremmo potuto continuare come prima. Tu, Edmondo, raccogli il testimone di Saverio (Borrelli, ndr.), Gerardo (D’Ambrosio), Manlio (Minale), non lasciarlo cadere per terra». Bruti: «Lo rigetto nel modo più radicale e chi dice questo se ne assume le responsabilità, sia ben chiaro. Quando si fa una cosa si parte dal numero uno, dopo quello vengono due, tre e quattro. Tra l’uno e il resto c’è stato un intervallo brevissimo, il tempo di studiare la questione in diritto che non era semplicissima. Non consento che si dica che ho fatto un trattamento differenziato perché è contrario ad esigenze di rispetto della dignità e a quello che risulta dagli atti».
LO SCONTRO SU PODESTÀ.
Riferisce Robledo: «Bruti mi disse “guarda
che non possiamo iscrivere Podestà”. Io: “Perché?”. Lui “Non ci sono elementi sufficienti”. Io: “La signora è stata molto dettagliata”. Lui: “No, dobbiamo fare altre indagini”. Io: “Queste non sono sufficienti?”. Lui: “No”». Robledo lo iscrive lo stesso. Bruti: «Tu lo iscrivi solo quando te lo dico io, capito?». Ancora Bruti: «Umilmente ho chiesto a Robledo che prima di iscrivere il presidente della Provincia di Milano avesse la bontà di informarmi».