Stefano Zurlo, Il Giornale 30/4/2014, 30 aprile 2014
I TEDESCHI BRAVI A INDIGNARSI MA NON A PAGARE PER I CRIMINI
I tedeschi non hanno mai pagato. I tedeschi devono pagare. Sono passati quasi settant’anni dalla fine della guerra, ma il tema dei risarcimenti alle vittime dei massacri compiuti in Italia e contro i militari italiani è più attuale che mai.
E diventa ancora più incandescente nei giorni in cui Berlusconi va all’attacco e afferma che «per i tedeschi i lager non sono mai esistiti». A Berlino è tutto un coro sdegnato di reazioni furibonde e così le polemiche elettorali, alla vigilia delle Europee, rischiano di far dimenticare quel contenzioso ancora aperto che riguarda migliaia di persone. Può apparire paradossale che a distanza di tanto tempo le stragi - da Marzabotto alle Ardeatine e da Cefalonia a Sant’Anna di Stazzema - siano ancora materia di cronaca giudiziaria, ma va detto che purtroppo per molti anni la giustizia italiana è rimasta inerte. Solo dopo la scoperta nel 1994 a Palazzo Cesi del cosiddetto Armadio della vergogna, le procure militari si sono messe al lavoro e negli ultimi dieci-quindici anni sono arrivati i verdetti, i più ormai definitivi. Sentenze che però restano lettera morta perché le autorità di Berlino non hanno finora mosso un dito per farle eseguire.
Certo, diventa difficile, quasi impossibile e probabilmente anche insensato, arrestare pensionati di novanta e passa anni, strapparli alla loro tarda vecchiaia e spedirli in cella per il resto dei loro giorni. Ma sul tappeto ci sono anche le provvisionali e in qualche caso i risarcimenti stabiliti in sede civile. «In teoria - spiega l’avvocato Claudio Defilippi, uno dei massimi esperti in Italia - a pagare dovrebbero essere i singoli imputati, ma è ovvio che così i familiari delle vittime non prenderanno mai un centesimo. È la Germania che deve assumersi la responsabilità di quel che è accaduto». Altrimenti le sentenze restano un elenco vuoto, un po’ come le grida manzoniane.
Se si prende ad esempio il verdetto emesso dal tribunale militare di La Spezia nel 2007 per il massacro di Marzabotto, si scoprirà che nove imputati sono stati condannati all’ergastolo e, soprattutto, a risarcire le parti civili. La lista è chilometrica e comincia con la Regione Emilia-Romagna, che dovrebbe ricevere 30mila euro, la Provincia di Bologna, 40mila euro, il comune di Marzabotto, 35mila euro. Segue poi una lunga lista con nomi e cognomi per i quali i giudici hanno stabilito indennizzi che oscillano da poche migliaia di euro fino a 260mila euro.
Ma, naturalmente, i figli dei martiri di Marzabotto non hanno ricevuto un centesimo. Come quelli di Sant’Anna di Stazzema. «La Germania non risponde - rincara la dose Defilippi - non risponde per i processi chiusi in sede civile, non risponde per quelli conclusi con il riconoscimento delle provvisionali in sede penale, non risponderà, se va avanti così, nemmeno per quelli ancora in corso». In particolare per i due in svolgimento, relativi agli eccidi del Modenese e a quelli nel Padule di Fucecchio». Si tratta di milioni e milioni di euro, anche se i calcoli sono incerti e complicati. «La Germania - aggiunge l’avvocato Gemma Sammicheli che ha seguito numerosi procedimenti - si fa scudo dietro una sentenza della corte dell’Aja che la esonera da ogni responsabilità. In sostanza noi dobbiamo continuare a perseguire i singoli colpevoli, ammesso che siano ancora vivi, sapendo che però i nostri sforzi sono un esercizio accademico, proprio perché la Germania non risponde a nessuna delle nostre richieste».
La soluzione dovrebbe arrivare dalla politica. Ma per ora non si registrano passi in avanti. «La Germania ha riconosciuto una sua responsabilità morale per gli eccidi compiuti in tempo di guerra - afferma Giovanni Fantozzi, autore di numerosi libri sulla Resistenza nel Modenese - ma non vuole assolutamente pagare per le colpe dei singoli perché è passato tanto tempo e si ritiene che indennizzando le vittime di una strage si alzi il coperchio su una realtà incontrollabile. Chissà quante vittime salterebbero fuori. I tedeschi finanziano studi e monumenti, come quello per le 131 vittime di Monchio in Emilia. Ma non vanno oltre». Il problema è che le indagini e i processi qua in Italia sono cominciati di fatto alla metà degli anni Novanta e in molti casi si è appena arrivati alla resa dei conti. Insomma, si procede fra ritardi e imbarazzi. In bilico fra diritto e politica. E Defilippi prepara una sorta di attacco finale: «Stiamo preparando una class action a Strasburgo, alla Corte dei diritti dell’uomo. La Germania deve pagare».