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 2014  aprile 30 Mercoledì calendario

CARLA SIGNORIS


Si conoscono da quando avevano 16 anni, adesso hanno superato i 50. Sono sposati dal ’92 e hanno due figli. Una coppia di lunghissimo corso che continua ad amarsi e a piacersi parecchio. Eppure, in tutto questo tempo, possibile che non ci sia mai stato qualche «incidente»? Evidentemente sì e del resto, si sa, son cose che capitano a tutti, prima o poi.
Carla Signoris, moglie di Maurizio Crozza (che chiama sempre Mauri), ci ha scritto un romanzo: E Penelope si arrabbiò. È il suo terzo libro, i precedenti – Ho sposato un deficiente e Meglio vedove che male accompagnate – parlavano sempre di vita di coppia ma in tono più lieve. Qui si ride amaramente, mentre la protagonista si affida al coro consolatorio delle amiche e ai ritrovati della chimica farmaceutica, ma soprattutto a un dialogo senza censure con il marito. Ovviamente il libro usa ogni artificio letterario – altri nomi, Anna e Carlo; altre professioni, lui medico, lei stylist – ma è chiaro che dietro la scrittura di queste pagine ci sono i momenti difficili che Carla Signoris ha incontrato nel suo matrimonio e che, con il «metodo» che descrive nella finzione narrativa, ha brillantemente superato.

Mia nonna diceva: «Non cercare bigliettini nelle tasche di tuo marito, perché qualcosa troverai di sicuro. E non ti piacerà». Qui i bigliettini non ci sono. Ma c’è WhatsApp, il tradimento 2.0.
«Proprio così. Non a caso, una delle voci narranti del romanzo è il figlio adolescente della coppia, l’unico che ci capisca qualcosa di queste forme di comunicazione moderna. E il libro, appunto, inizia con la confessione del marito che ammette di “messaggiarsi” con un’altra».
Non sappiamo se si sia limitato a messaggiare, ma sappiamo da subito che la moglie in passato ha tradito lui. E che lui l’ha riacciuffata.
«Superata una certa età, tutti siamo stati almeno una volta traditi e almeno una volta traditori. Fa male a tutte le età, un male da bestia, però quello che con gli anni si capisce è che a questi dolori si può sopravvivere e andare avanti. Franca Rame raccontò in un’intervista che molti anni prima, a causa di un tradimento di Dario Fo, aveva persino tentato il suicidio. Eppure, ripensandoci, le veniva da ridere».
Crede che un tradimento occasionale possa allungare la vita di una coppia?
«Sì, il tradimento è una specie di auto-doping. Scatena una reazione chimica, mette in circolo endorfine, fa sentire vivi, sia che tu tradisca sia che tu sia tradito. Passato il dolore, anni dopo, si può persino provare una sorta di perversa nostalgia per certi momenti così intensi».
La coppia del suo romanzo risolve la crisi all’insegna del «diciamoci tutto». Ma tanta schiettezza non fa ancora più male?
«Io voglio sapere».
Vuole sapere proprio tutto? Chi era, se era bionda o bruna?
«No, non voglio proprio tutti i dettagli. Ma conosco molte donne che sentono questo bisogno di dare volto e corpo alla propria paura».
E ce ne sono tante altre che rimuovono anche i sospetti. Non vogliono pensarci, scelgono il quieto vivere.
«In altri tempi, le donne facevano così d’ufficio: l’uomo è cacciatore, la paglia vicino al fuoco brucia e vai con i proverbi che giustificavano i tradimenti. Io, se avessi una relazione, lo direi. E se ho il sospetto che mio marito mi nasconda qualcosa, lo affronto. Credo nell’onestà dei rapporti, voglio avere gli elementi per capire che cosa ci sta succedendo. Un tradimento, spesso, arriva nel momento in cui uno dei due è distratto e non sta più investendo energie nel rapporto».
Infatti, il marito che lei descrive nel libro non è un farfallone: è un uomo preso in un momento di debolezza. Quindi, in un certo senso, ancora più minaccioso per la stabilità della coppia.
«Sì, io con un traditore seriale non potrei mai concepire una vita insieme. Ben prima di stare con Mauri, ho vissuto un’esperienza tristissima che mi ha molto condizionato. Proprio negli stessi giorni in cui mio 
padre stava morendo, il mio fidanzato di allora mi lasciò per un’altra. Per anni, nel mio cervello c’è stato un automatismo doloroso tra morte e tradimento. Non è stato facile venirne fuori, nonostante l’aiuto dell’analisi e degli psicofarmaci».
Immagino sia gelosa.
«Molto. Ma lo è anche Mauri. A fasi alterne, uno dei due lo è di più».
In questo momento?
«Mauri registra la trasmissione a Milano. Io vengo spesso da Genova (dove si trova l’abitazione di famiglia, ndr) qui a Milano per stare con lui, e perché lo studio è pieno di ballerine. Mi siedo in platea, assisto e mi diverto molto. E, intanto, marco il territorio».