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 2014  aprile 30 Mercoledì calendario

LE MACCHINE «PARLANTI» CHE CI FANNO RISPARMIARE


Motori che si accorgono da soli quando stanno per rompersi e lanciano l’allarme. Dispositivi per l’irrigazione dei campi che interrompono l’erogazione quando piove. Lavatrici che avvertono i padroni di casa quando è il caso di accenderle, in base al prezzo spot dell’elettricità.
Sembra fantascienza e invece ci siamo, o quasi. Il 90% di tutti i dati presenti nel mondo è stato generato negli ultimi due anni e, sfruttando questi dati, si può migliorare l’efficienza di interi settori industriali. E con ciò la loro sostenibilità. Prendiamo l’aviazione civile: tagliare appena l’1% del carburante bruciato in un anno dal traffico aereo globale equivale a togliere dalla circolazione oltre 1 milione di auto o a piantare 1 milione e 300mila alberi, risparmiando, strada facendo, 2 miliardi di dollari. Ma le inefficienze delle compagnie aeree sono ben superiori: nel corso di un qualsiasi volo, si calcola uno spreco medio del 20% in termini di tempi di viaggio e consumi di carburante. Per limitare questi sprechi, basta applicare dei sensori nei punti strategici, per ottimizzare il dialogo fra macchina e macchina, oltre che fra uomini e macchine. In questo modo, tanto per fare un esempio, Alitalia è riuscita a tagliare l’1,5% dei consumi di carburante in un anno.
Progressi simili stanno avvenendo nell’energia, incluse le fonti rinnovabili. I parchi eolici equipaggiati con i nuovi monitoraggi e diagnostiche remote permettono alle turbine eoliche di comunicare fra loro e di aggiustare l’inclinazione delle pale in modo coordinato, a seconda di come soffia il vento, consentendo di produrre elettricità al costo di meno di 5 centesimi al kilowattora. Dieci anni fa, il costo era di 30 centesimi, sei volte di più. Un altro esempio, sempre nel l’eolico, viene da Vestas, che segue da un’unica sala controllo nel nord della Danimarca quasi 50mila turbine installate in giro per il mondo: grazie a una modellistica specifica, basta un lieve riscaldamento del l’olio lubrificante negli ingranaggi per far accendere una lucina rossa e far scattare un intervento anche a migliaia di chilometri di distanza. In questo modo si riduce al minimo la perdita di ore di vento e si comprimono sempre più i costi di produzione, spostando la manutenzione dall’approccio della programmazione prefissata verso l’idea di riparare i macchinari appena prima che si rompano, senza sprechi di tempo.
L’elenco continua e crescerà in fretta, perché i dati industriali aumentano in modo esponenziale. Entro il 2020, rappresenteranno più del 50% di tutte le informazioni digitali. Grazie a un netto declino del costo dei sensori e al rapido decremento nei costi degli spazi per l’archiviazione e il trattamento dei dati, i macchinari vengono equipaggiati con un numero crescente di sensori elettronici che consente loro di vedere, ascoltare e percepire molto più di quanto sia mai avvenuto prima, generando un’incredibile quantità di dati. Che vengono passati al setaccio attraverso analisi sempre più sofisticate fornendo una visione per utilizzare i macchinari in modi completamente nuovi, molto più efficienti. Non solo singoli macchinari, ma flotte di locomotive, di aeroplani, interi sistemi di reti elettriche, di apparecchiature sanitarie ci parlano ormai, consentendo enormi risparmi di tempo e di energia.
Uno studio di Marco Annunziata, capo economista di General Electric, stima che questa nuova ondata d’innovazione nell’industria potrebbe contribuire al prodotto interno lordo globale con una cifra che oscilla dai 10 ai 15 trilioni di dollari nei prossimi 20 anni, accelerando l’aumento di produttività dei lavoratori. «Una rete aperta e globale per collegare persone, dati e macchine, potrebbe contribuire al Pil europeo con qualcosa come 2,2 trilioni di euro da qui al 2030», precisa. Nei 4 grandi settori della produzione di energia, dell’aviazione commerciale, delle ferrovie e della sanità, si impiegano oltre 300 milioni di ore all’anno solo per la manutenzione, con un costo annuo di 20 miliardi di dollari. Basterebbe ridurre di una frazione i tempi di manutenzione di tutte queste macchine, per conseguire enormi vantaggi, con vaste ottimizzazioni di risorse e di sistema. D’altra parte, lo studio considera infondati i timori che le macchine sostituiranno il lavoro umano. Annunziata si rifà all’esperienza storica: «Siamo già passati attraverso la meccanizzazione dell’agricoltura e l’automazione dell’industria, ma l’occupazione è cresciuta, perché l’innovazione abbassa i prezzi, rende i prodotti più abbordabili, crea nuova domanda e nuovi posti di lavoro». Insomma, se vedremo le macchine che prendono insieme il caffè alla macchinetta, non dobbiamo spaventarci, ma unirci a loro. Basterà ordinare più caffè.

Elena Comelli, Il Sole 24 Ore – Nòva 30/4/2014