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 2014  aprile 30 Mercoledì calendario

E LA MAMMA SCOPPIA IN LACRIME:”EVERSIVI, MI FANNO PAURA E RIBREZZO”

[Intervista a Patrizia Moretti] –

FERRARA.
Piange. Il dolore, la stanchezza hanno il sopravvento quando al telefono racconta la sua rabbia, il disgusto. Cede alla fine di un’altra giornata amara. Pensava di poter finalmente trovare un po’ di serenità, Patrizia Moretti, dopo aver dato alle stampe il libro che ha dedicato a Federico, la sua «sola stella nel firmamento». Il figlio ucciso da quattro poliziotti in una strada di Ferrara. La pace dopo i processi cominciati a fatica, la battaglia per arrivare alla verità all’inizio negata, fino alle condanne definitive e poi al carcere per i condannati. Ora il ricordo di Federico è stato di nuovo infranto, sciupato da un lungo, ostentato applauso al congresso nazionale del Sap, il sindacato autonomo di polizia, diretto a tre poliziotti condannati per la morte di Federico. Le due sole mani di una mamma che custodisce il ricordo non hanno la forza per opporsi: «Sono stanca, basta. Noi cerchiamo di essere il più possibile sereni e loro continuano a colpire. Quella gente lì... quella gente lì ha fatto un giuramento per svolgere un lavoro che forse ha scelto perché consente lo scontro. Forse l’hanno scelto per la loro attitudine ad essere aggressivi? Ma quella gente lì vuole attentare alla vita di tutti? Quelli che hanno applaudito, sicuramente sì».
Signora Moretti, come sta?
«Molto male, sì, da non immaginare. Un senso di nausea fortissimo, mi si rivolta lo stomaco. Quegli applausi mio figlio mi hanno fatto insieme paura e ribrezzo».
Poi le è giunta la solidarietà del premier Matteo Renzi.
«Sì, poco fa mi ha chiamato. Io avevo spento il cellulare perché sono veramente affranta. Mi ha aiutato molto sapere che quella parte della politica mi è vicina».
Il presidente nazionale del Sap è Gianni Tonelli, lo conoscete già, non è vero?
«Ah, quel bel personaggio? Aveva detto su una Tv locale che se non fosse stata per una povera donna di buon cuore mio figlio sarebbe ancora là, su quella strada dove è morto, a sbattere la testa contro i pali. Solo che mio figlio ha sbattuto la testa contro i manganelli, altro che pali».
Ed è lui che presiede il congresso, ora.
«Più di lui mi preoccupa quell’applauso. E molto brutto sapere che chi dovrebbe tutelare la legalità, invece applaude i delinquenti condannati per omicidio in ogni grado di giudizio. La giustizia italiana li ha qualificati come autori di una violenza efferata. Il loro dovere dovrebbe essere non applaudire, ma difendere la giustizia e la vita delle persone, nella legalità ci sta la vita di tutti. Quello che hanno fatto è eversivo? Lo chiederò al presidente Renzi e soprattutto al presidente Napolitano. Questi poliziotti con il loro gesto attentano alla vita di tutti».
Lei ha postato sul web una sua reazione e una domanda: «Pansa era lì?». Il capo della polizia.
«Sì. L’altro sindacato che mi aveva attaccato, che era venuto sotto le finestre del mio ufficio, il Coisp, è un piccolo sindacato. Ma il Sap non è un piccolo sindacato e la cosa strana è che quella volta il Sap mi aveva manifestato solidarietà, mentre poi vanno ad applaudire gli assassini. Proprio un bel gesto».
Lei pensa quindi che una gran parte dei poliziotti italiani sia dalla parte dei quattro condannati?
«Mi domando: quante mele marce ci sono nella polizia italiana? Come possiamo fidarci? Non facciamo che vedere dei bei film in televisione, questi programmi che fanno vedere quanto sono bravi i poliziotti, poi che cosa ci rimane?».
Lei vorrebbe vedere altri poliziotti prendere posizione, essere solidali con voi?
«Certo, vorrei vedere anch’io i poliziotti buoni che dicessero qualcosa, che quella parte della polizia che si dissocia da questi atteggiamenti si facesse sentire. Lo so che è molto difficile, li conosco alcuni agenti che la pensano diversamente, ma non possono parlare. Però penso fortemente che dovrebbero farlo, che sia arrivato il momento per farlo, perché questi applausi sono fortemente eversivi».
Lei ha scritto un bellissimo libro con la psicoterapeuta Francesca Avon. Come è nata questa idea?
«Voleva essere un po’ la conclusione di tutto. Ormai si era concluso tutto, tutte le cose erano state dette, i processi finiti, ma mancava un punto di vista personale. Si era arrivati al peggio, a negare che fosse stato colpito, che il sangue fosse vero. Ecco, mancava il lato umano».

Luigi Spezia, la Repubblica 30/4/2014