Valentina Arcovio, La Stampa 30/4/2014, 30 aprile 2014
L’ELISIR DI LUNGA VITA
(si chiama Dna mitocondriale)
È stato cercato in lungo e in largo da scienziati di tutto il mondo. e, invece, il mitico elisir di lunga vita, o quello che più gli si avvicina, è sempre stato vicinissimo a noi. Addirittura dentro le nostre cellule. In particolare nel Dna mitocondriale, che deriva appunto dai mitocondri, gli organelli deputati alla produzione di energia in ogni cellula dell’organismo.
A capirlo è stato un gruppo di ricercatori italiani in uno studio che potrebbe segnare una svolta per la qualità della vita della popolazione anziana. I risultati, che verranno pubblicati sullo «European Journal of Immunology», hanno permesso di comprendere il ruolo del Dna mitocondriale circolante come causa dell’infiammazione cronica che si associa al processo di invecchiamento.
Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori, in un arco di tempo dal 2006 al 2013, hanno prima raccolto il plasma e poi quantificato il Dna mitocondriale in esso presente di 831 soggetti sani di diverse nazionalità europee, di età compresa da uno a 104 anni, tra cui 429 individui appartenenti a «fratrie» (coppie di fratelli o sorelle) oltre i 90 anni. I dati raccolti hanno consentito di scoprire che con il processo di invecchiamento aumenta la quantità di Dna mitocondriale circolante nel plasma e, studiando le famiglie di persone molto anziane, che esiste anche un forte controllo genetico di questo livello.
«Il Dna mitocondriale - spiega Andrea Cossarizza, lo scienziato dell’Università di Modena e Reggio Emilia che ha coordinato lo studio - viene rilasciato nella circolazione quando una cellula muore e di conseguenza si rompe. Questo Dna ha una forma particolare, diversa dal Dna presente nel nucleo, dato che i mitocondri sono organelli derivati dalla fusione di cellule batteriche con cellule nucleate, avvenuta miliardi di anni fa, e hanno mantenuto l’originale caratteristica genetica. Quando il sistema immunitario avverte la presenza di questo Dna, di derivazione “batterica”, innesca un’infiammazione che tende ad auto-mantenersi».
I ricercatori hanno così scoperto che le cellule deputate alle difese immunitarie contro gli agenti patogeni, quando vengono a contatto con il Dna mitocondriale, sono anche in grado di produrre le molecole che prima innescano e poi mantengono i processi infiammatori. Questi ultimi sono associati all’invecchiamento stesso e sono riconosciuti come la base della teoria dell’«inflammaging», ovvero dell’infiammazione come causa fondamentale delle modificazioni della funzionalità dell’organismo associate all’età. Secondo questa teoria, infatti, le alterazioni si manifestano sia a livello sistemico sia cellulare.
La capacità di controllare la produzione e il rilascio di Dna mitocondriale, da un lato, e i suoi effetti, dall’altro, sono quindi la chiave di lettura del come e perché si invecchia. «Queste osservazioni - commenta Cossarizza - aprono nuove prospettive sia all’interpretazione di molti fenomeni biologici legati all’invecchiamento sia allo sviluppo di nuove strategie (terapeutiche e comportamentali) per migliorare lo stato di salute della persona anziana».
Lo studio - che si è svolto nell’ambito del progetto europeo «Eu-Geha» ed è stato finanziato in parte anche dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Vignola - ha visto coinvolti, oltre ai gruppi modenesi-reggiani, anche un team dell’Università di Bologna e di Firenze insieme con il dipartimento di Patologia Clinica del Nuovo Ospedale S. Agostino-Estense di Baggiovara di Modena, il Cnr di Pisa e l’Istituto Superiore di Sanità di Roma.
«Non c’è dubbio che questa scoperta - sottolinea il rettore dell’Università di Modena e Reggio Emilia, Angelo O. Andrisano - stia dischiudendo le porte a nuove frontiere di ricerca e anche terapeutiche. Sapere di più del sistema immunitario e dei meccanismi fisiologici che conducono all’invecchiamento consentirà di far progredire le terapie destinate agli anziani».
è stato cercato in lungo e in largo da scienziati di tutto il mondo. e, invece, il mitico elisir di lunga vita, o quello che più gli si avvicina, è sempre stato vicinissimo a noi. Addirittura dentro le nostre cellule. In particolare nel Dna mitocondriale, che deriva appunto dai mitocondri, gli organelli deputati alla produzione di energia in ogni cellula dell’organismo.
A capirlo è stato un gruppo di ricercatori italiani in uno studio che potrebbe segnare una svolta per la qualità della vita della popolazione anziana. I risultati, che verranno pubblicati sullo «European Journal of Immunology», hanno permesso di comprendere il ruolo del Dna mitocondriale circolante come causa dell’infiammazione cronica che si associa al processo di invecchiamento.
Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori, in un arco di tempo dal 2006 al 2013, hanno prima raccolto il plasma e poi quantificato il Dna mitocondriale in esso presente di 831 soggetti sani di diverse nazionalità europee, di età compresa da uno a 104 anni, tra cui 429 individui appartenenti a «fratrie» (coppie di fratelli o sorelle) oltre i 90 anni. I dati raccolti hanno consentito di scoprire che con il processo di invecchiamento aumenta la quantità di Dna mitocondriale circolante nel plasma e, studiando le famiglie di persone molto anziane, che esiste anche un forte controllo genetico di questo livello.
«Il Dna mitocondriale - spiega Andrea Cossarizza, lo scienziato dell’Università di Modena e Reggio Emilia che ha coordinato lo studio - viene rilasciato nella circolazione quando una cellula muore e di conseguenza si rompe. Questo Dna ha una forma particolare, diversa dal Dna presente nel nucleo, dato che i mitocondri sono organelli derivati dalla fusione di cellule batteriche con cellule nucleate, avvenuta miliardi di anni fa, e hanno mantenuto l’originale caratteristica genetica. Quando il sistema immunitario avverte la presenza di questo Dna, di derivazione “batterica”, innesca un’infiammazione che tende ad auto-mantenersi».
I ricercatori hanno così scoperto che le cellule deputate alle difese immunitarie contro gli agenti patogeni, quando vengono a contatto con il Dna mitocondriale, sono anche in grado di produrre le molecole che prima innescano e poi mantengono i processi infiammatori. Questi ultimi sono associati all’invecchiamento stesso e sono riconosciuti come la base della teoria dell’«inflammaging», ovvero dell’infiammazione come causa fondamentale delle modificazioni della funzionalità dell’organismo associate all’età. Secondo questa teoria, infatti, le alterazioni si manifestano sia a livello sistemico sia cellulare.
La capacità di controllare la produzione e il rilascio di Dna mitocondriale, da un lato, e i suoi effetti, dall’altro, sono quindi la chiave di lettura del come e perché si invecchia. «Queste osservazioni - commenta Cossarizza - aprono nuove prospettive sia all’interpretazione di molti fenomeni biologici legati all’invecchiamento sia allo sviluppo di nuove strategie (terapeutiche e comportamentali) per migliorare lo stato di salute della persona anziana».
Lo studio - che si è svolto nell’ambito del progetto europeo «Eu-Geha» ed è stato finanziato in parte anche dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Vignola - ha visto coinvolti, oltre ai gruppi modenesi-reggiani, anche un team dell’Università di Bologna e di Firenze insieme con il dipartimento di Patologia Clinica del Nuovo Ospedale S. Agostino-Estense di Baggiovara di Modena, il Cnr di Pisa e l’Istituto Superiore di Sanità di Roma.
«Non c’è dubbio che questa scoperta - sottolinea il rettore dell’Università di Modena e Reggio Emilia, Angelo O. Andrisano - stia dischiudendo le porte a nuove frontiere di ricerca e anche terapeutiche. Sapere di più del sistema immunitario e dei meccanismi fisiologici che conducono all’invecchiamento consentirà di far progredire le terapie destinate agli anziani».
è stato cercato in lungo e in largo da scienziati di tutto il mondo. e, invece, il mitico elisir di lunga vita, o quello che più gli si avvicina, è sempre stato vicinissimo a noi. Addirittura dentro le nostre cellule. In particolare nel Dna mitocondriale, che deriva appunto dai mitocondri, gli organelli deputati alla produzione di energia in ogni cellula dell’organismo.
A capirlo è stato un gruppo di ricercatori italiani in uno studio che potrebbe segnare una svolta per la qualità della vita della popolazione anziana. I risultati, che verranno pubblicati sullo «European Journal of Immunology», hanno permesso di comprendere il ruolo del Dna mitocondriale circolante come causa dell’infiammazione cronica che si associa al processo di invecchiamento.
Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori, in un arco di tempo dal 2006 al 2013, hanno prima raccolto il plasma e poi quantificato il Dna mitocondriale in esso presente di 831 soggetti sani di diverse nazionalità europee, di età compresa da uno a 104 anni, tra cui 429 individui appartenenti a «fratrie» (coppie di fratelli o sorelle) oltre i 90 anni. I dati raccolti hanno consentito di scoprire che con il processo di invecchiamento aumenta la quantità di Dna mitocondriale circolante nel plasma e, studiando le famiglie di persone molto anziane, che esiste anche un forte controllo genetico di questo livello.
«Il Dna mitocondriale - spiega Andrea Cossarizza, lo scienziato dell’Università di Modena e Reggio Emilia che ha coordinato lo studio - viene rilasciato nella circolazione quando una cellula muore e di conseguenza si rompe. Questo Dna ha una forma particolare, diversa dal Dna presente nel nucleo, dato che i mitocondri sono organelli derivati dalla fusione di cellule batteriche con cellule nucleate, avvenuta miliardi di anni fa, e hanno mantenuto l’originale caratteristica genetica. Quando il sistema immunitario avverte la presenza di questo Dna, di derivazione “batterica”, innesca un’infiammazione che tende ad auto-mantenersi».
I ricercatori hanno così scoperto che le cellule deputate alle difese immunitarie contro gli agenti patogeni, quando vengono a contatto con il Dna mitocondriale, sono anche in grado di produrre le molecole che prima innescano e poi mantengono i processi infiammatori. Questi ultimi sono associati all’invecchiamento stesso e sono riconosciuti come la base della teoria dell’«inflammaging», ovvero dell’infiammazione come causa fondamentale delle modificazioni della funzionalità dell’organismo associate all’età. Secondo questa teoria, infatti, le alterazioni si manifestano sia a livello sistemico sia cellulare.
La capacità di controllare la produzione e il rilascio di Dna mitocondriale, da un lato, e i suoi effetti, dall’altro, sono quindi la chiave di lettura del come e perché si invecchia. «Queste osservazioni - commenta Cossarizza - aprono nuove prospettive sia all’interpretazione di molti fenomeni biologici legati all’invecchiamento sia allo sviluppo di nuove strategie (terapeutiche e comportamentali) per migliorare lo stato di salute della persona anziana».
Lo studio - che si è svolto nell’ambito del progetto europeo «Eu-Geha» ed è stato finanziato in parte anche dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Vignola - ha visto coinvolti, oltre ai gruppi modenesi-reggiani, anche un team dell’Università di Bologna e di Firenze insieme con il dipartimento di Patologia Clinica del Nuovo Ospedale S. Agostino-Estense di Baggiovara di Modena, il Cnr di Pisa e l’Istituto Superiore di Sanità di Roma.
«Non c’è dubbio che questa scoperta - sottolinea il rettore dell’Università di Modena e Reggio Emilia, Angelo O. Andrisano - stia dischiudendo le porte a nuove frontiere di ricerca e anche terapeutiche. Sapere di più del sistema immunitario e dei meccanismi fisiologici che conducono all’invecchiamento consentirà di far progredire le terapie destinate agli anziani».