Marco Zatterin, La Stampa 30/4/2014, 30 aprile 2014
OGGI IL SUDAFRICA DISCRIMINA I BIANCHI
Il Sudafrica di oggi è ancora più ineguale di quello del 1994». A vent’anni dalle prime elezioni democratiche del Paese, questo il bilancio di F.W. De Klerk, l’uomo che, insieme a Nelson Mandela, ha messo la parola fine al regime dell’apartheid. L’ex presidente sudafricano, oggi 78enne, dagli uffici della Fondazione a lui intitolata, racconta com’è cambiata la «Nazione Arcobaleno». Cominciando dalle critiche al partito al governo, l’Anc (Africa National Congress), accusato di mettere in atto «aggressive politiche di discriminazione razziale». Un attacco che pesa come un macigno, in un Paese, che ha visto la sua storia martoriata dai conflitti etnici.
In che modo il governo sta discriminando la popolazione sudafricana?
«La decisione di favorire i neri nelle istituzioni pubbliche, così come nell’economia, ci sta portando ad una situazione in cui si viene scelti per il colore della pelle e non per le reali competenze dei singoli. Siamo vicini al punto in cui non ci potremmo più definire una democrazia non razzista. La strumentalizzazione delle cariche pubbliche per promuovere obiettivi di partito e gli attacchi retorici stanno indubbiamente portando ad un deterioramento delle relazioni tra le varie minoranze».
Qual è il bilancio a 20 anni dalle prime elezioni democratiche del Paese?
«L’economia è tre volte quella del ’94, sono state costruite case per il 25% della popolazione, e garantiti servizi base come elettricità e sanità per milioni di sudafricani. Tuttavia siamo una società ancora più ineguale del 1994. Innanzitutto per il fallimento della scuola che non fornisce un’educazione di livello all’85% dei nostri bambini. A questo si aggiunge l’inaccettabile tasso di disoccupazione. Solo il 43% dei sudafricani tra 15 e 64 anni ha un lavoro. Inoltre le tanto acclamate politiche d’uguaglianza hanno sì permesso al 20% della popolazione nera di entrare a far parte della classe media, ma per il 50% degli estremamente poveri è stato fatto poco o niente».
Conoscendo così bene Mandela crede che sarebbe soddisfatto di come il suo partito, l’Anc, sta governando il Paese?
«Sono sicuro sarebbe profondamente dispiaciuto dalla rampante corruzione all’interno dell’Anc e dall’apparente assenza di punizioni da parte del partito stesso nei confronti dei responsabili. Credo sarebbe infastidito anche dal crescente tono razzista dell’African National Congress e dall’effetto negativo che questo atteggiamento aggressivo sta avendo sulla riconciliazione nazionale. Fino al 2007 il partito ha governato abbastanza bene. Da quel momento in poi, a seguito di una svolta radicale, i risultati, ad eccezione della lotta contro l’Aids, sono venuti meno, soprattutto in campo economico e nelle politiche lavorative».
Il 7 maggio ci saranno le elezioni. Il presidente Jacob Zuma è stato più volte fischiato durante la sua campagna elettorale. Crede che il Paese sia pronto ad un cambio di leadership dopo 20 anni di governo dell’Anc?
«Credo che l’Anc perderà molti voti, ma i tempi non sono maturi per un cambio di leadership. Tuttavia non sarei sorpreso se, a breve, le divisioni e le incomprensioni tra le varie anime del partito portassero ad una scissione interna. Sarebbe un positivo passo avanti e aprirebbe le strade ad una coalizione centrista».
Recentemente Zuma è stato accusato di essersi appropriato indebitamente di denaro pubblico (18 milioni di euro circa, ndr) con la scusa di dover incrementare la sicurezza nella sua casa di campagna. Lei si sarebbe dimesso?
«Faccio ancora parte di quella classe politica secondo cui, se sei colpevole di un grosso scandalo, bisognerebbe dimettersi. Non mi sorprenderebbe se dopo le elezioni, Zuma, si accontentasse di una funzione cerimoniale e lasciasse il timone del Paese al suo vice, esattamente come fece Mandela per la gran parte del mandato».
Lei è stato l’ultimo Presidente bianco del Sudafrica, crede che un giorno il Paese tornerà ad averne uno?
«Attendo il giorno che il colore del Presidente del Paese non sarà più un elemento determinante. Se gli Stati Uniti sono riusciti a sviluppare una maturità politica che li ha portati ad eleggere un presidente nero, non vedo perché un giorno un sudafricano bianco non possa essere eletto di nuovo Presidente».