Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  aprile 30 Mercoledì calendario

L’ALTALENA DEL LEADER FORZISTA

I berlusconiani più ferventi, e gli anti-berlusconiani più accaniti, coltivano lo stesso sogno: Silvio in galera. Gli uni e gli altri sperano che la sua bocca vomiti nuovi insulti ai giudici e al Capo dello Stato, in modo da costringere il Tribunale di sorveglianza a metterlo sotto chiave. Naturalmente le finalità sono opposte. Mentre si comprendono quelle degli odiatori, meno chiaro risulta come mai certi consiglieri del Cav lo preferiscano al gabbio. La risposta che si ottiene privatamente (in pubblico figurarsi se lo direbbero mai) è intrisa di cinismo: «Fino al giorno delle elezioni, non si parlerebbe d’altro. L’Italia sarebbe chiamata all’ennesimo referendum pro o contro Berlusconi, e la nostra rimonta sarebbe assicurata». Per cui taluni di questi amici lo fomentano, «picchia duro sulle toghe e contro il Colle, tanto non oseranno farti un bel nulla». E se per caso scattassero le manette? «Sarebbe il più grande regalo che potrebbero farti».
Fino a ieri mattina, il diretto interessato era sulla linea dei suoi strateghi. Deciso a esplorare senza troppi scrupoli il perimetro di libertà concesso dal Tribunale, specie per quanto concerne la facoltà di linguaggio. Tant’è vero che l’uomo a «Mattino 5» ha insistito contro Napolitano, reiterando le note tesi sui colpi di Stato, sulla giustizia ingiusta e sulla condanna «mostruosa». Però poi, intorno a mezzodì, gli ha preso una grande strizza. Persona super-attendibile, che con lui ha colloquiato, giura di averlo trovato allarmatissimo. Di più, profondamente scosso. Convinto che i carabinieri da un momento all’altro avrebbero bussato alla porta per trascinarlo a «San Vitùr». In quei momenti di nevrosi, pare che Berlusconi si sia mangiato le mani per l’incauta sfida all’inquilino del Quirinale. Le parole esatte contano poco, basta il concetto: adesso Napolitano scatenerà i magistrati e io passerò i guai...
Tutto questo accadeva molto prima che il vice-presidente del Csm Vietti avvertisse: «Chi pensa di far campagna elettorale utilizzando il Presidente della Repubblica scherza col fuoco». E pure prima che il Tribunale nel pomeriggio entrasse in azione, facendo sapere: certe uscite non saranno più tollerate. Impossibile scoprire chi abbia messo la pulce nell’orecchio di Berlusconi. Forse l’avvocato Ghedini, che di mattina si è precipitato ad Arcore. Oppure Gianni Letta, per il quale il Colle non ha segreti. Sia come sia, una cosa è certa: di giocarsi i servizi sociali con tutti i benefici annessi, il Condannato non ci pensa nemmeno. La prospettiva del martirio può far comodo ad altri, lui invece gradirebbe evitarla per una certa idea di decoro borghese.
Sarà un caso, ma nel video-collegamento serale con il Lingotto s’è ben guardato dal ripetere certe accuse. Ha preferito prendersela con Grillo, ai suoi occhi il «nuovo Hitler», e con il «punching-ball» prediletto (Alfano). Perfino la Merkel è sparita dai bersagli, segno che è scattata l’autocensura. Basterà a evitargli complicazioni? Domenica Berlusconi è atteso al Teatro Team di Bari, per una grossa manifestazione promossa da Fitto con tutti e cinque i capilista «azzurri». Il Cavaliere vorrebbe il bagno di folla, ma dopo tutto quanto è successo non è così sicuro che il Tribunale gli consentirà la trasferta. Per cautelarsi, gli organizzatori stanno allestendo un maxischermo: male che vada, si collegherà da casa.