Alessandro Capponi, Corriere della Sera 30/4/2014; Ruotolo, La Stampa 30/4/2014, 30 aprile 2014
[2 articoli Meredith] MEREDITH, DUE COLTELLI SULLA SCENA DEL DELITTO «RAFFAELE LA FERÌ, POI AMANDA LA UCCISE» Un coltello ciascuno per uccidere Meredith, per «umiliarla», per non permetterle di denunciare l’aggressione
[2 articoli Meredith] MEREDITH, DUE COLTELLI SULLA SCENA DEL DELITTO «RAFFAELE LA FERÌ, POI AMANDA LA UCCISE» Un coltello ciascuno per uccidere Meredith, per «umiliarla», per non permetterle di denunciare l’aggressione. Un omicidio nato dai cattivi rapporti tra Amanda Knox e Meredith Kercher, scaturito da un litigio dovuto «alla presenza di Rudy in casa», ai turni per la pulizie, alle incomprensioni tra le due ragazze per stili di vita e abitudini agli antipodi, con Mez descritta come «puritana». Ad accusare Raffaele Sollecito ci sono un’orma del piede lasciata sul sangue, la testimonianza del clochard Antonio Curatolo, il Dna su una sigaretta, il gancetto del reggiseno tagliato. Se quanto stabilito dalla Seconda corte di Assise di appello di Firenze sarà confermato dalla Cassazione, Amanda Knox e Raffaele Sollecito saranno — definitivamente — gli assassini di Meredith Kercher. Il movente e le droghe Le motivazioni della sentenza (28 anni e mezzo all’americana, 25 all’italiano) demoliscono il secondo grado che nel 2011 li aveva assolti (perizia inclusa) e del primo grado del 2009 accolgono tutto o quasi, tranne il movente che non è il sesso di gruppo rifiutato dalla ragazza inglese ma «un coacervo di motivazioni», incluse quelle ipotizzate dal procuratore generale Alessandro Crini. Le difese insorgono. Per Giulia Bongiorno «ci sono dieci errori ogni pagina: neanche la Scientifica si era spinta a sostenere che tracce di Sollecito fossero sull’arma del delitto». Raffaele Sollecito, a questo punto, vuole «subito il ricorso in Cassazione». Per Francesco Maresca, avvocato della famiglia Kercher, «finalmente, come nel primo grado, il quadro è ancorato alla sentenza di condanna di Rudy». La sera del primo novembre 2007 Amanda e Raffaele «si erano raccolti in intimità, facendo anche uso di stupefacente» e con Guede intento a utilizzare «l’abitazione a suo piacimento». A quel punto «si ebbe una progressione di aggressività» e gli «eventi precipitarono». Mez «venne aggredita contestualmente da tutti e tre, per immobilizzarla e usarle violenza». Rudy aveva «le mani libere, che utilizzò per bloccare la vittima e compiere l’aggressione sessuale». Gli altri due avevano i coltelli. «L’arma che produsse la ferita a destra era impugnata da Sollecito», e «cagionò l’urlo straziante» raccontato dai testimoni, mentre il coltello da cucina era nelle mani di Amanda Knox, «per la violenza utilizzata risultò mortale». I testimoni sono attendibili: il clochard Antonio Curatolo, che vide i due ragazzi la sera dell’omicidio in una piazza, e l’anziana Nara Capezzali che riferì dell’urlo di Meredith. Anche Rudy Guede «quando affermava di aver collocato gli imputati sulla scena del crimine, non mentiva». Quella sera «furono Amanda e Raffaele a farlo entrare in casa». L’ora dell’omicidio Sono «di sicura consistenza per numero e significato» e permettono «una valutazione d’insieme», così come, del resto, aveva richiesto la Cassazione a inizio 2013. Dalla mancanza di attività sul computer di Sollecito alle chiavi di casa «nella disponibilità di Knox», dai soldi spariti dalla camera di Mez alle «orme sul sangue». Fino alle tracce sul coltello. Per i giudici fiorentini tutto avvenne «tra le 21 e la mezzanotte». Per Giulia Bongiorno: «Si dilata l’orario della morte di Mez per renderlo compatibile con la ricostruzione, ma gli errori sono molti: sostengono che esistono piedi di tipo maschile e femminile, confondono l’arrivo della polizia postale con quello dei carabinieri, e sul movente dicono tutto e il suo contrario, ma in un processo indiziario il movente è il collante...». *** Due coltelli per uccidere Meredith – Ruotolo, La Stampa 30/4/2014 Fu Amanda a infierire sulla povera Meredith con una coltellata mortale al collo. E anche Raffaele affondò un altro coltello nel corpo della studentessa inglese mentre Rudi l’ivoriano le bloccava un braccio e la violentava con l’altra mano. È mozzafiato la trama di quelle dannate sequenze noir che i giudici dell’Appello di Firenze ci propongono nelle motivazioni della sentenza che ha condannato Amanda Knox a 28 anni e mezzo di reclusione e Raffaele Sollecito a 25 anni. La scena del delitto, gli indizi, le testimonianze, il movente. Sei anni e passa dopo quella notte, tra il primo e il due novembre del 2007 a Perugia, nella villetta di via Della Pergola 7, è come se d’incanto tutti gli elementi fossero tornati al loro posto. Povera Meredith Kercher. «La sera in cui avvenne l’omicidio, Amanda Marie Knox fece entrare nell’appartamento Rudi Guede, che la vittima conosceva, ma con il quale non risultava avesse mai intrattenuto rapporti che non fossero del tutto formali. Tra Amanda e Meredith non vi era simpatia reciproca, ma anzi la ragazza inglese nutriva molte riserve sul comportamento della coinquilina». Particolari, possibili indizi di montante collera tra le due ragazze, come la scomparsa di trecento euro - la quota dell’affitto mensile - dalla stanza di Meredith. «Ad un’ora successiva alle 22 della sera, poteva essersi creata una situazione nella quale Amanda e Raffaele - scrivono i giudici fiorentini - si erano raccolti in intimità, facendo anche uso di stupefacente, Meredith Kercher era nella sua camera e Rudi Guede utilizzava l’abitazione a proprio piacimento». Ma a un certo punto la situazione precipita: «Meredith avrebbe addebitato ad Amanda di aver fatto entrare nella abitazione Rudi, il quale aveva effettuato un uso “inurbano” del bagno dell’abitazione (non tirò lo sciacquone del water, ndr)». Scrivono i giudici dell’Appello che «si ebbe una progressione di aggressività, all’interno della quale può collocarsi la condotta di violenza sessuale». Precisano le motivazioni: «Condotta di violenza sessuale che corrispose, per quanto riguarda Rudi, alla soddisfazione di un proprio istinto sessuale maturato in tale contesto, mentre, per quanto attiene ad Amanda e Raffaele, in una volontà di prevaricazione e di umiliazione nei confronti della ragazza inglese». Nelle 337 pagine di motivazioni, i giudici ricostruiscono le diverse fasi del processo per l’omicidio di Meredith. Analizzando criticamente l’insieme delle prove, gli indizi, la sentenza di secondo grado che assolse gli imputati ribaltando il giudizio di condanna di primo grado. E riproponendo i paletti molto rigidi imposti dalla Cassazione, nei fatti i giudici fiorentini hanno sposato l’impostazione dei colleghi perugini di primo grado. Certo, ci sono anche degli errori, come le tracce del dna misto attribuite a Meredith e a Raffaele sul coltello da cucina di casa Sollecito. Un errore, appunto, che non cambia la sostanza delle motivazioni, la loro coerenza, l’impalcatura solida. «Gli elementi indiziari portano a ritenere che la ragazza venne aggredita contestualmente da tutti e tre gli aggressori e per una serie di ragioni. Il dna di Rudi Guede rinvenuto sul polsino della manica della felpa indossata da Meredith la sera dell’omicidio e all’interno della vagina della vittima, portano a ritenere che Rudi, nelle fasi dell’aggressione, non impugnasse alcun coltello, ma avesse anzi le mani libere che utilizzò per compiere l’aggressione sessuale e per contribuire a tenere immobilizzata la ragazza». E, dunque i giudici sono convinti che Amanda e Raffaele affondarono due coltelli nel corpo di Meredith. «Ritiene la Corte che l’arma che produsse la ferita nella parte destra del collo fosse impugnata da Raffaele Sollecito. Il suo dna venne rinvenuto infatti sul gancetto di chiusura del reggiseno di Meredith (la Corte liquida la tesi delle difese sulla contaminazione della scena del crimine, ndr). Ritiene la Corte che l’altra lama, quella che produsse la ferita estesa sulla parte sinistra del collo da cui fuoriuscì la gran parte della sostanza ematica che provocò la morte di Meredith, sia stata impugnata da Amanda Marie Knox». Ma Amanda dagli Usa torna a proclamarsi innocente. «Il nuovo documento non poteva e non può cambiare le prove forensi. Gli esperti sono d’accordo sul fatto che il mio dna non è stato trovato sul luogo del delitto mentre quello dell’assassino Guede sì». «Le prove forensi - continua la Konox - smentiscono che il coltello della cucina sia l’arma del delitto. Ora mi concentrerò nella preparazione del ricorso alla Corte di Cassazione convinta che i giudici alla fine riconosceranno la mia innocenza».