Francesco Alberti, Corriere della Sera 30/4/2014, Franco Giubilei, La Stampa 30/4/2014, 30 aprile 2014
APPLAUSI AI POLIZIOTTI
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Sono lunghi, interminabili e in questo caso anche insopportabili cinque minuti di applausi. Una standing ovation. Delegati sindacali tutti in piedi. Per loro: i tre poliziotti (il quarto, una donna, non era presente in sala) condannati nel giugno del 2012 in via definitiva dalla Cassazione a 3 anni e 6 mesi (3 dei quali coperti da indulto) per la morte dell’allora diciottenne Federico Aldrovandi; tutti e 4 ritenuti colpevoli di eccesso colposo in omicidio colposo, formula un po’ fumosa che sta a significare che quel ragazzo, fermato per un controllo la notte del 25 settembre 2005 a Ferrara, morì di fatto sotto i colpi dei poliziotti, eccessivi, smodati o, come li ha definiti il procuratore generale della Cassazione, Gabriele Mazzotta, «schegge impazzite che hanno agito in una sorta di delirio». Applausi voluti, cercati. Un gesto «indegno» dirà il premier Matteo Renzi, «inaccettabile» il ministro degli Interni Alfano. E non in un’occasione qualsiasi, ma al congresso nazionale del Sap (sindacato autonomo di polizia), il secondo in Italia quanto a numero di iscritti, in corso di svolgimento al Grand Hotel di Rimini. Tre dei quattro agenti erano in aula: Paolo Forlani, Enzo Pontani e Luca Pollastri (assente Monica Segatto), gente che si è anche fatta un po’ di galera dopo la condanna definitiva e che ora, mantenuta la divisa, svolge compiti amministrativi lontano da Ferrara.
Difficile capire. Perfino Patrizia Moretti, che dalla notte in cui le uccisero il figlio ha condotto una battaglia prima solitaria e poi sempre più condivisa contro mille omertà e ipocrisie, ieri, informata dai giornalisti di quell’applauso riminese, quasi non voleva crederci: «Cosa significa? Va interpretato come un sostegno a chi ammazza un ragazzo in strada? È terrificante, mi si rivolta lo stomaco...». Poi, su Facebook, la domanda: «Ma Pansa era lì?». Già, Alessandro Pansa, il capo della polizia. Era a Rimini, ieri, ma ha lasciato il congresso del Sap circa tre ore prima di quello sciagurato applauso. E, dettaglio tutt’altro che trascurabile, dopo aver consegnato alla platea un messaggio che contrasta non poco con quanto poi avvenuto. Ai delegati Pansa ha infatti annunciato l’introduzione di nuove regole di ingaggio nella gestione dell’ordine pubblico, una sorta di decalogo per evitare abusi ed equivoci, in particolare episodi come quello del 12 aprile scorso a Roma quando un funzionario calpestò una ragazza che si trovava a terra. Pansa ha poi espresso «vicinanza e solidarietà» alla madre di Federico «non riconoscendosi in alcun modo in comportamenti gravemente offensivi nei confronti della famiglia Aldrovandi e della società civile che crede nell’operato delle donne e degli uomini della polizia».
Difficile spiegare. Quelli del Sap, travolti dalla polemica, hanno tentato di farlo in serata. L’incipit era anche promettente: «Intendiamo ristabilire la verità su questa storia». Il prosieguo un po’ meno: «Rispettiamo le sentenze, ma abbiamo voluto esprimere solidarietà a questi ragazzi e a tutti coloro che fanno questo lavoro». Sarà. Il Pd parla di «ovazione inaccettabile», Sel di «applauso agghiacciante». In serata alla madre di Federico arriva la telefonata di solidarietà di Matteo Renzi per «l’indegna vicenda». Di «gesto gravissimo e inaccettabile che offende la memoria di un ragazzo che non c’è più e rinnova il dolore della sua famiglia» parla il ministro Alfano. Che aggiunge: «Sono applausi che danneggiano la Polizia e il suo prestigio».
«Sto con i poliziotti e con chi rischia la vita per difendere i cittadini» scrive su Facebook Matteo Salvini (Lega Nord). Non c’è pace per Federico e i suoi genitori. Un anno fa, a Ferrara, alcuni attivisti del Coisp, piccolo sindacato di polizia, espressero il loro sostegno ai 4 agenti sotto l’ufficio comunale dove lavora Patrizia Moretti. La risposta della città fu un corteo di 5 mila persone, in testa la mamma di Federico. E la nascita di un movimento, «Via la divisa», che chiede la radiazione dei 4 agenti.
Applausi ai poliziotti [Franco Giubilei, La Stampa 30/4/2014]
Verso sera si materializzano i poliziotti condannati per la morte di Federico Aldrovandi, il ragazzo ucciso durante un controllo nove anni fa a Ferrara, e i delegati del Sap riuniti a congresso si abbandonano a una lunga standing ovation: cinque minuti di applausi scroscianti per protestare contro una condanna ritenuta eccessiva salutano Paolo Forlani, Luca Pollastri ed Enzo Pontani, presenti nella sala del Grand Hotel di Rimini. Manca solo Monica Segatto, il quarto agente coinvolto nel pestaggio. Poche ore prima nella stessa sala aveva parlato il capo della polizia Alessandro Pansa, invocando un regolamento sulle regole d’ingaggio in materia d’ordine pubblico. Poi si alternano gli interventi e durante la sessione pomeridiana, appena si viene a sapere che i tre agenti del caso Aldrovandi sono lì, scatta il caloroso applauso dei colleghi. Durissima e addolorata la reazione della madre di Federico, Patrizia Moretti, che solo un anno fa era stata bersaglio di una manifestazione del Coisp, un altro sindacato di polizia, i cui militanti erano andati a sfilare sotto le finestre del suo ufficio a Ferrara: «Ho un senso di nausea, non riesco proprio a spiegarmi un comportamento del genere, ho rinunciato a chiedermelo da quando hanno ucciso mio figlio. Se applaudono dei condannati significa che ne condividono le azioni, e questo è quasi eversivo».
La solidarietà dei delegati Sap agli agenti condannati genera altre considerazioni: «Come possiamo fidarci di gente così, come possiamo mettere i nostri figli e noi stessi nelle loro mani?». Eppure, soprattutto dopo l’iniziativa del Coisp, da parte dello stesso Sap non erano mancate le dichiarazioni di vicinanza: «A parole mi avevano espresso la loro solidarietà, lo stesso Pansa mi ha telefonato, e poi adesso invece… Forse vogliono restare impuniti, ma se manifestano in questo modo vuol dire che sono sicuri di avere un grandissimo potere, e io credo che sia molto pericoloso e spaventoso per tutti». Cerca di riflettere Patrizia Moretti, ma l’emozione è forte: «Non siamo mica in guerra, la violenza dovrebbe essere lontanissima. Non hanno anche loro dei figli? Non si rendono conto? Un po’ di rispetto per la vita non ce l’hanno?». La sentenza definitiva della Cassazione per i quattro poliziotti risale al 21 giugno 2012: tre anni e sei mesi di reclusione per eccesso colposo in omicidio colposo, ridotti a sei mesi per effetto dell’indulto. Dopo la condanna, la madre di Federico ha continuato la sua campagna contro il reintegro degli agenti nella polizia.
In serata, insieme a una telefonata di solidarietà del premier Renzi alla signora Moretti che ha definito la vicenda «indegna», sono arrivate le reazioni politiche: per il coordinatore nazionale di Sel Fratoianni, sono «applausi agghiaccianti e inaccettabili», per il responsabile sicurezza del Pd Fiano «uno Stato di diritto sta in piedi solo se vengono rispettate le competenze di tutti i suoi corpi».