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 2014  aprile 29 Martedì calendario

“LA VERA FEDE DELLA CHIESA È NELLO SHOW ETERNO”

[Intervista a Roberto D’Agostino] –

Osservando dalla sua finestra il Vaticano, Roberto D’Agostino, il creatore del sito Dagospia, sente di doversi affidare alla preghiera: “Speriamo non mi venga una broncopolmonite”. La domenica della doppia santificazione, iniziata alle 7 di mattina con relativo spirito cristiano – “Sono uscito di casa e ho trovato orde di polacchi sdraiati per strada. Gli mancava solo il comodino. Ho chiesto più volte di passare e mi hanno sempre risposto di no. Allora ho forzato il blocco e gli sono passato sopra” – lo ha lasciato ancorato all’antica dissacrazione: “Pregate il signore, gli dicevo. State soffrendo, poi arrivate in Paradiso”. E uno e trino nelle sue convinzioni: “È stato un grande spettacolo, cromaticamente straordinario, molto ben organizzato e senza un solo momento di noia”. Tra sacro e profano: “Sotto di noi c’erano camerieri , caffè e tramezzini. Gente che scendeva, saliva, faceva colazione e andava in bagno”, in cima al palazzo della Prefettura: “Hanno messo qualche sedia bianca all’ultimo istante, lo chiamano overbooking”, anche D’Agostino ha avuto la sua apparizione. Guy Debord. La società dello spettacolo nella sua casa deputata: “Se oggi abbiamo arte, cinema, teatro, musica, Broadway e Hollywood dobbiamo dire grazie alla Chiesa che anche nell’uso dei paramenti non perde mai il senso dello show. Sa che la vera ideologia è lo spettacolo perché canonizza lo stile e lo trasforma in legge. C’è una regia. Un tempo da rispettare. Una liturgia. Un gioco di quinte. Entra uno, esce l’altro, accade sempre qualcosa e non accade mai per caso perché in Vaticano l’improvvisazione non regna. Quando sono partiti i sacerdoti vestiti di bianco con l’ombrellino siamo rimasti senza parole. Ai nostri autori di varietà tv, fare un salto a San Pietro avrebbe fatto bene”.
Non c’erano?
Al loro posto sostavano cronisti incapaci di riconoscere la regnante belga, del tutto inadeguati a raccontare come la rappresentazione in mondovisione, un evento che si poteva vedere anche in 3D, nascesse proprio dal cuore dell’iconografia cattolica. La storia di Cristo, l’unico divo a non conoscere declino, è colma di segni e simboli. Pensi all’Ultima Cena. Alla Via Crucis.
Si mangiava anche l’altro giorno. Il brunch somigliava al Cafonal?
Non è il brunch che somiglia al Cafonal, è l’assalto al brunch che fa il Cafonal. Roma è così. C’è sempre chi arriva con il gomito largo e il piatto come oggetto contundente riempito ben oltre l’orlo perché non si sa mai quando ricapiterà un’occasione del genere. Comunque il pranzo è finito presto e c’era armonia tra gli elementi più diversi. L’ultima su Renzi, la santificazione di due Papi molto amati e tra loro lontanissimi, l’emozione, l’assalto al buffet e l’Ostia avevano pari diritti di fronte a Dio. Quando arriva il momento della comunione, io cado nella gaffe. Mi autodenuncio: “Sono divorziato e ho mangiato una brioche. Come faccio a confondere il corpo di Cristo con un cornetto?”. Vedo sguardi di benevola commiserazione. “Da quanto tempo non frequenti Messa?”. Così scopro che digiuno e divorzio non sanciscono più l’esclusione. Potevo riunirmi anch’io. Poteva “comunicarsi” anche il divorziato. “Basta che preghi e puoi fare tutto”. C’è una lezione dietro.
Quale?
Che l’unica cosa che per la Chiesa conti è la conquista delle pecorelle smarrite. Essere riusciti a imporre la croce dall’Alaska alle tribù del Borneo è un dono sincretico e una manifestazione di enorme forza icastica. Aver spiegato a miliardi di persone che la croce significa sacrificio e la morte di un uomo per gli altri è un miracolo di architettura. Bergoglio conosce la comunicazione e per fare il Papa, come insegna l’addio di Ratzinger, talento specifico ed empatia con i fedeli, servono.
Qualcuno ha parlato di marketing della fede.
È un insopportabile riflesso moralistico. Voler conquistare è normale. La seduzione è lo spirito della nostra vita e si misura con l’affetto degli altri. Tutti vogliamo piacere. Io non voglio essere antipatico agli altri. Lo sono purtroppo, ma vorrei essere idolo delle folle, rockstar o comico. Bergoglio va incontro allo spirito originario. Perché la Chiesa è questo, mai escludere quando si può aggiungere.
Il precetto è stato Tavola della Legge della politica romana.
Altra derivazione ecclesiastica. L’importante è che il fedele creda e magari dia pure qualche obolo. Aggiungi una sedia, stringiti, crea proseliti. La politica però, eccettuato un ciuffo di renziani, era assente. Non c’era né Prima né Seconda Repubblica.
Ma c’era una sintesi delle due esperienze, Bruno Vespa.
Vespa, sì. Vespa è tutto. Ma l’evento superava i confini del raccordo anulare. Quella che a prima vista sembra una terrazza alla Scola o alla Sorrentino, diventa spot planetario per Roma.
Questa volta è stato ringraziato anche il sindaco Marino.
Solo perché il Papa non ha visto il delirio in cui versava la città.
Non a concedere il colloquio privato con Scalfari ai lettori del giornale da lui fondato.
Scalfari ci ha provato. Pensava che la via fosse libera, ma Bergoglio ha detto no. Ti faccio fare il libro e anche lo scoop, ma se pubblichi le parole del nostro incontro, oscuri la canonizzazione, togli luce alla riunione cristiana e superi un’entità che quando decide di decidere, sa comandare e farsi ascoltare. Bergoglio è intelligente. I gesuiti sono visti con sospetto. Li chiamano pretucci. Pretucci un cavolo.

Malcom Pagani, Il Fatto Quotidiano 29/4/2014